(Rimini) La lezione di Vito Mancuso sul ‘carpe diem’ oraziano, letteralmente ‘cogli il giorno’, ha preso le mosse dalla ricerca della felicità insita nella filosofia epicurea per confutare la tesi che l'unica gioia possibile sia quella del saggio che vive appartato, che aspira all'imperturbabilità attraverso la serenità del corpo. Tendere alla sola conservazione della vita biologica evitando speranze e preoccupazioni non è vivere ma sopravvivere. Ad un pubblico numerosissimo ed attento, il noto teologo ha chiarito quello che per lui è lo scopo che dà sapore alla vita, ovvero “aspirare alla letizia dello spirito, che si raggiunge inscrivendo il valore della propria esistenza aldilà del benessere individuale per dedicarsi alla costruzione di un bene e di una giustizia ideali che vadano a beneficio della vita stessa, intesa come vita di tutti”. Questo per Mancuso è il ‘farmaco’ che dà gusto e significato all'esistenza vincendo la paura della nostra finitudine.