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19 02 2015 | Rimini | Falso in bilancio, indagati 26 ex amministratori della Carim

Giovedì, 19 Febbraio 2015

rossoRimini | Falso in bilancio, indagati 26 ex amministratori della Carim

 

La Guardia di Finanza di Rimini ha notificato oggi l’avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti della Cassa di risparmio Di Rimini – Banca Carim a 26 persone ritenute responsabili a vario titolo per associazione per delinquere finalizzata al falso in bilancio e altri reati societari per gli anni 2009 e 2010, su mandato del sotituto procuratore Luca Bertuzzi della Procura della Repubblica. Nei guai gli ex amministratori della Banca e, per il solo reato di indebita restituzione dei conferimenti, anche i due commissari straordinari di Bankitalia che hanno guidato l’istituto tra il 2010 e il 2012.
Gli accertamenti condotti dai militari del Nucleo di polizia tributaria di Rimini hanno consentito di far emergere che “vi era un sodalizio criminale composto dai vertici dell’istituto, in carica nel periodo dal 2009 fino al commissariamento disposto dalla Banca d’Italia nel 2010, che, a seguito di elargizione di mutui e di finanziamenti non assistiti da adeguate garanzie, ometteva dolosamente di evidenziare nei bilanci della Carim le perdite già maturate da tempo tramite stime e valutazioni palesemente non corrispondenti alla reale situazione del credito”.
Secondo le ipotesi degli inquirenti “gli indagati, membri pro tempore del CdA e del Collegio Sindacale hanno partecipato attivamente e sistematicamente al processo di concessione e/o revisione delle linee di credito concesse dalla Banca Carim Spa a favore di soggetti o gruppi societari da tempo insolventi”.
A causa poi della “crisi economica che ha investito il mercato mondiale generando un’ondata di fallimenti di imprese operanti nei settori più disparati” gli affidatari non hanno potuto “onorare i propri debiti”, situazione che “avrebbe invece correttamente richiesto una svalutazione dei crediti vantati dalla Banca Carim, seppur con diretti riflessi negativi sul risultato d’esercizio”.
Tracce di “valutazioni alterate, sproporzionate ed arbitrarie, appostate dagli organi dell’istituto di credito”, sono state individuate dagli inquirenti sia nella redazione del bilancio al 31 dicembre 2009 che nella relazione semestrale al 30 giugno 2010. “La corretta redazione dei bilanci avrebbe infatti comportato una modifica del risultato di esercizio 2009, trasformando l’utile d’esercizio (indicato in 31.329.339 euro) in una perdita pari a 4.360.393 euro e un peggioramento della perdita indicata nella semestrale 2010 da 32.532.000 euro a 61.669.833 euro. Tali fatti hanno integrato il reato di false comunicazioni sociali per gli anni 2009 e 2010”.
Dopo la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale del provvedimento di commissariamento emanato dalla Banca d’Italia, “alcuni azionisti, apprendendo della sottocapitalizzazione della Banca hanno venduto le azioni di Banca Carim di cui erano proprietari prevedendo una diminuzione del loro valore all’epoca fissato in 21 euro circa. Al fine di evitare che il prezzo delle azioni diminuisse eccessivamente, Carim ha proceduto all’acquisto di azioni proprie ad un prezzo maggiorato posto che l’offerta non incontrava più la domanda”.
E’ qui che gli inquirenti hanno “rilevato un utilizzo fraudolento del sistema di prenotazione per la cessione e l’assegnazione di azioni Banca Carim che, come da autorizzazione della Consob doveva fungere da mero punto di incontro tra la domanda e l’offerta del mercato azionario senza interferenza da parte dell’Istituto medesimo. L’acquisto, infatti, sarebbe stato possibile solo nelle forme previste dal Codice civile”.
E’ stato quindi illegittimo l’“acquisto da parte di Banca Carim di azioni proprie ad un prezzo sovradimensionato rispetto a quello che sarebbe stato determinato senza la falsa rappresentazione della situazione finanziaria e patrimoniale della banca in precedenza descritta, con una conseguente indebita restituzione di conferimenti nei confronti di alcuni soci (quelli che avevano venduto le proprie azione all’Istituto stesso) per un importo complessivo quantificato in circa 10.342.00,00 euro configurando così l’ipotesi di reato di indebita restituzione di conferimenti”.

 

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