Se l’ospitalità romagnola è un abbraccio, che ne sarà ai tempi del Coronavirus? È la domanda che circola insistente fra gli albergatori della Riviera. E non è una domanda retorica. L’attenzione comincia ad essere puntata su quella che è stata battezzata la “Fase 2”, cioè le attività che progressivamente riaprono con il virus che resta in circolazione e che obbliga a mantenere qualche forma di protezione. La prima domanda è sulla data di inizio della Fase 2. Dalle ultime dichiarazioni del capo della Protezione Civile, Angelo Borrelli, si era capito che il lockdown potrebbe durare fino a metà maggio. Poi le dichiarazioni sono state smentite, andando ad alimentare il clima di incertezza che vivono gli operatori.
“La prima questione che gli hotel della Riviera dovranno dirimere – osserva Mauro Santinato di Teamwork – è se aprire o restare chiusi. Se la riapertura degli hotel ai turisti sarà consentita solo con il rispetto di alcune prescrizioni, quante imprese alberghiere saranno in grado di avere una gestione sostenibile? Tengo d’occhio la situazione in Cina: se anche da noi sarà chiesto di misurare la temperatura ad un cliente che entra nel ristorante, significa che il gestore dovrà pagare un dipendente solo per questo nuovo lavoro”.
Il 16 aprile Temawork terrà un webinar con la partecipazione di una ventina di esperti per immaginare il futuro degli hotel dopo il Coronavirus. Nessuno sa al momento quali saranno le prescrizioni, ma gli aspetti dell’hotellerie nostrana che potrebbero essere rivisti sono tanti e tutti gli albergatori stanno provando a immaginarseli: la sala da pranzo con i tavoli vicini uno all’altro, il buffet, la pulizia delle camere, la gestione degli spazi comuni. Magari anche l’uso delle mascherine per il personale e per i clienti? “Purtroppo – dice abbastanza sconsolata Patrizia Rinaldis, presidente di Federalberghi di Rimini – nessuno è in grado di fornire risposte certe. Le autorità sono al momento giustamente preoccupate di contenere il contagio ma gli aspetti economici della crisi sono fermi al palo. Mentre bisognerebbe procedere parallelamente nell’uno e nell’altro verso. Abbiamo bisogno di sapere in anticipo quali sono le regole a cui sottostare nel momento in cui potremo riaprire le nostre attività. Dobbiamo ridurre il numero delle persone ospitate? Dobbiamo eliminare i buffet? Dovremo limitarci a fare pernottamento e prima colazione? Senza l’indicazione di regole precise è impossibile fare qualsiasi programmazione”. E la programmazione non riguarda solo i gestori di alberghi, ma tutta la filiera legata al turismo che in una città come Rimini vuole dire più della metà dell’economia. C’è poi un altro aspetto, ancora più problematico, che impensierisce gli albergatori. Cosa succederà se un cliente si dovesse ammalare durante il soggiorno? Sarà chiuso l’albergo, come quando viene riscontrata una carenza igienica? E con quali conseguenze sul piano dell’immagine?
Se lo chiede anche Marina Pasquini, titolare dell’Hotel Belvedere di Riccione, numero uno nelle classifiche di Tripadvisor. Sulla questione di fondo, aprire o tenere chiuso, Pasquini è arrivata già alle conclusioni. “Dipende dalla natura delle prescrizioni che verranno decise. Se dovesse essere eliminata ogni forma di socialità, che cosa ci resterei a fare io che da anni presento la mia ospitalità come un abbraccio? Nella proposta del mio hotel sono fondamentali i momenti di festa legati al cibo, dal buffet all’aperitivo in piscina, dal barbecue in campagna agli street food party. Ospito i ciclisti, per loro è fondamentale fare vita di gruppo, se non la possono fare viene a meno la ragione del loro soggiorno. Se tutte queste forme di socialità non possono più accadere, divento un letto con belle lenzuola. Non è il mio mestiere, preferisco restare chiusa”. Pasquini è molto decisa, ritiene che il suo albergo possa restare aperto solo quando ci sarà il vaccino o comunque quando ci si potrà muovere liberamente. “Potrei avere – aggiunge – tante idee per tenere comunque aperto ma non è ciò che la clientela si aspetta da me. Al Belvedere vengono perché sanno di trovare un certo clima, certi servizi, una certa vacanza. Se mi riducessi a vendere le camere, i miei clienti mi abbandonerebbero”. La titolare del Belvedere fa l’esempio delle navi da crociera, che in questo momento sono bloccate: “Io sono come una nave da crociera, quando un cliente entra in albergo sa che ad ogni momento succede qualcosa”. Anche Pasquini è in attesa di sapere quali saranno le prescrizione ma avverte: “Spero che tutti saremo convocati a un tavolo, insieme all’Asl e alle autorità, in modo da poter fare presente quali sono le nostre esigenze. Se ci saranno le condizioni per aprire, aprirò, altrimenti aspetto”. Ed anche ai clienti che scrivono per prenotare ad agosto, risponde che ancora non sa se sarà aperta.
E sulla spiaggia? “Se dovremo distanziare maggiormente gli ombrelloni, non c’è problema. – assicura Mauro Vanni, presidente della cooperativa bagnini – Già adesso la distanza è garantita, ma il prevedibile calo di presenze ci consentirà di aprire meno ombrelloni. I nostri esercizi sono all’aria aperta e quindi in qualche modo saremo avvantaggiati rispetto ai locali al chiuso nel garantire le norme di sicurezza”. Vedremo bagnini e turisti con la mascherina? “Eh no, se ci sarà l’obbligo della mascherina il turismo non ripartirà. La gente non si sposta se poi deve vivere in un ambiente che gli ricorda il pericolo del contagio”.