La Karis di Rimini e la "buona scuola" di Renzi
Al Presidente del Consiglio Matteo Renzi piace andare dove si investe (come ha detto per giustificare l’assenza da Cernobbio)? Sabato mattina, allora, avrebbe dovuto essere a Rimini, al 105 Stadium, all’inaugurazione dell’anno scolastico della Karis Foundation. Avrebbe così scoperto una realtà dove da quarant’anni si pratica un investimento particolare: quello in educazione.
Al premier che vuole realizzare in Italia una “buona scuola” ed ha avviato una consultazione generale sulle linee guida del suo progetto, sarebbe senz’altro piaciuto ascoltare la presidente della Karis Foundation, Lucia Zanotti, proporre queste considerazioni: “In questi 40 anni quest’opera opera educativa ha contribuito a fare crescere migliaia di ragazzi: donne e uomini liberi, responsabili e creativi rispetto alle sfide del mondo. Credo che oggi a ciascuno di noi, alunni, insegnanti, genitori ed amici, sia rivolta la stessa appassionante sfida: collaborare da protagonisti a questa opera. L’educazione infatti non è una questione che riguarda sola la scuola e gli addetti ai lavori, ma riguarda ciascuno di noi, ad ogni età, perché attraverso l’educazione si costruisce la persona e quindi la società”.
La realtà scolastica di Karis Foundation ha origine nel 1974, grazie alla passione educativa di un gruppo di genitori che decisero di prendersi la responsabilità educativa dei loro figli. I numeri: 6 scuole dell'Infanzia (4 a Rimini, 2 a Riccione), 2 scuole elementari (1 a Rimini e 1 Riccione), 1 scuola Media, 1 liceo scientifico, 1 liceo classico. 1526 studenti frequentanti, 159 insegnanti, 30 dipendenti non docenti.
È una realtà che è nata e cresciuta grazie all’investimento – cioè enormi sacrifici – che centinaia di famiglie, anno dopo anno, hanno compiuto per garantire ai propri figli una scuola di qualità, corrispondente al desiderio di bene che esse hanno per il destino dei loro figli. Con pochi o nulli aiuti da parte delle istituzioni, hanno realizzato un luogo utile per l’intera comunità riminese, come hanno riconosciuto gli imprenditori Giuseppe Gemmani e Vittorio Tadei quando hanno donato in comodato l’ex colonia Comasca di Bellariva.
A Rimini, dunque, in questi anni si è investito molto in educazione: quella prospettiva che il premier Renzi indica come necessaria per l’intero Paese qui la si è praticata dal basso, sfidando difficoltà e bilanci perennemente in rosso. Venendo a Rimini avrebbe capito che è solo una “favoletta” per statalisti accecati dal pregiudizio e dall’ideologia la diceria secondo cui le scuole cosiddette private sarebbero ricche per famiglie altrettanto facoltose. Avrebbe toccato con mano che ci sono genitori disposti a rinunciare a tanti “benefit” della vita moderna pur di garantire ai loro figli un’esperienza educativa e formativa che valorizzi e incrementi la loro umanità e li attrezzi ad affrontare le sfide della società. Avrebbe scoperto che ci sono insegnanti mossi da una forte passione educativa, che non viene meno se gli stipendi – per esigenze di bilancio - non sono all’altezza del loro impegno più che generoso (cioè del merito).
Forse, dopo aver visto e ascoltato tutto questo, sarebbe corso a ritoccare il suo documento sulla “buona scuola” sul quale ha chiamato a consultazione il popolo italiano. Chi infatti ha sfogliato il libro bianco di Renzi, pagina dopo pagina, avrà invano cercato anche un minimo riferimento alla libertà di educazione e alla libertà di scelta delle famiglie. Nemmeno una riga, nemmeno un inciso: la questione appare totalmente assente. È una lacuna grave perché significa che non si è colto il nesso forte che c’è fra un sistema che riconosce la libertà di educazione e la qualità della scuola. Significa che non si è capito che per avere una “buona scuola” per tutti, è necessario valorizzare chi quella “buona scuola” pratica da anni, senza alcun reale riconoscimento (cioè economico) da parte delle istituzioni pubbliche.
Riconoscere la libertà di scelta delle famiglie anche con un sostegno economico non vuole dire solo mettere fine ad un’odiosa ingiustizia che costringe molti genitori a pagare la scuola due volte (con le tasse allo Stato e con la retta alle scuole), ma realizzare un sistema virtuoso di con-correnza (nel senso etimologico della parla, corre insieme) che porti gli istituti – statali e paritari – a migliorare la propria offerta formativa per conquistarsi la scelta delle famiglie. Studi e ricerche hanno dimostrato che se tutti gli alunni delle scuole paritarie fossero costretti a iscriversi in scuole statali, per le casse pubbliche l’esborso sarebbe di gran lunga superiore al costo di un ragionevole buono scuola per le famiglie.
I quarant’anni della Karis Foundation sono lì a dimostrare con i fatti che ci sarà sempre gente pronta a investire in educazione. Ma ora che la crisi assottiglia i bilanci delle famiglie e una scelta di libertà diventa sempre più difficile, la fine della storica ingiustizia italiana sarebbe davvero un grande passo verso una “buona scuola”.
Valerio Lessi