09 10 2012 | Rimini | Fusione Hera Acegas, Gnassi: delusi da chi confonde lo 'strumento' con il 'fine'

Martedì, 09 Ottobre 2012

rosso

Fusione Hera Acegas, Gnassi: delusi da chi confonde lo 'strumento' con il 'fine'


Punto primo: non è la giunta di Rimini che non vuole discutere della fusione di Hera e Acegas in consiglio. “E’ una questione di iter e fino a quando la delibera non sarà votata in commissione (il rinvio è stato chiesto dal gruppo Sel-FareComune, ndr) non potrà essere sottoposta al parere del consiglio”. Detto questo, anche il sindaco Andrea Gnassi entra nel merito della questione.


“Personalmente non mi sorprendono le difficoltà che sta incontrando il progetto di fusione Hera-AcegasAps”, dice. “Sono dovute – secondo il sindaco – alla delusione per la fiducia che era stata riposta all’epoca della costituzione di Hera nella capacità di una azienda di essere al contempo grande, solida ma comunque ‘domestica’”. E non è un caso se “fin dai primi giorni del mio mandato ho sempre posto ad Hera, sia direttamente che all’interno del patto di sindacato che lega i soci pubblici, la necessità che l’azienda recuperasse lo spessore territoriale che, insieme al vincolo di maggioranza pubblica, è (forse oramai tocca dire era), uno degli elementi qualificanti la scelta dei vari enti di superare le aziende locali”.


A questo punto il sindaco ricorda la presentazione del bilancio 2011 della partecipata. “Già in quel primo confronto conclusi, appunto, invitando Hera a porre la stessa attenzione che poneva per ‘piazza affari’ alle esigenze dei territori, ma anche al clima di crisi che già si cominciava a respirare. Da lì è cominciato un rapporto dialettico, a tratti anche polemico, che ha avuto il suo culmine in due richieste: investimenti sul sistema fognario di Rimini (e questo è noto a tutti); e, con i Sindaci di Forlì e Cesena, la riduzione dei compensi del top managemant del Gruppo. Due questioni che, se assecondate, avrebbero consentito di recuperare le critiche che man mano si sono fatte invece più stringenti”. Così non è stato e da qui è nato un senso ‘comune’ di malcontento romagnolo. E non vale spiegare che dal punto di vista industriale la fusione è un’operazione che ha senso, “non è sufficiente”.


“L’idea alla base della costituzione di Hera spa – spiega Gnassi – era quella che le fortune dell’azienda dovessero essere le fortune di un territorio. Se le fortune di territorio e azienda si dividono è il disegno originario che viene messo in crisi. Anche qui, forse, siamo in presenza della contraddizione tra un’azienda che nasce come ‘strumento’ e chi la vede come un ‘fine’”.


Ad essersi perso in tutta questa storia è “il significato della maggioranza pubblica e dello stesso ruolo del patto di sindacato dove, evidentemente, l’essere tutti enti pubblici forse non è più sufficiente per dire che c’è un medesimo sentire. Non è un mistero che le posizioni diverse degli enti soci sono correlate al diverso peso azionario e quindi alle diverse ‘contropartite’ in termine di utili ed investimenti. Se la nostra minima quota azionaria non ci colloca tra i ‘decisori’ e se si vuole però comunque ragionare come sistema, la nostra specificità territoriale (dal sistema fognario in relazione alla balneazione all’efficienza e decoro del sistema di gestione dei rifiuti) non può essere pesata con il bilancino delle azioni né da Hera né dal patto”.