(Rimini) Sono proseguite nella mattinata questa mattina le riunioni del Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica, già avviate nella giornata di ieri, a seguito della circolare 8 marzo 2020 con la quale il Ministro dell’Interno ha fornito ai Prefetti le prime indicazioni su alcune disposizioni del Decreto del presidnete del consiglio dei ministri, emanato nella notte tra sabato e domenica, relativo alle misure urgenti per il contenimento e la gestione dell’evoluzione epidemiologica da Covid19. Il Prefetto della Provincia di Rimini Alessandra Camporota ha, inoltre, partecipato sempre questa mattina al tavolo tecnico della Questura, con la partecipazione delle Forze dell’Ordine, comprese le specialità, e delle Polizie locali, al fine di definire il piano coordinato di controllo del territorio in relazione alle operazioni di verifica, già attivate sin dalla giornata di ieri.
In particolare, sono state condivise le modalità attuative dei controlli sul rispetto delle prescrizioni governative su tutta la rete viaria, ferroviaria, aeroportuale e marittima della provincia, nonché all’interno degli esercizi commerciali.
In merito all’attività di controllo il Prefetto ha sottolineato “la particolare attenzione che dovrà essere rivolta alla garanzia dell’erogazione dei servizi pubblici essenziali, fatto salvo quanto previsto relativamente all’istruzione, attività già sospesa dal Dpcm”.
Nel corso delle due riunioni il prefetto Camporota ha illustrato il contenuto della menzionata circolare ministeriale, soffermandosi, in particolare, sui chiarimenti concernenti i profili essenziali della applicazione del Dpcm, muovendo dal quadro delle competenze già previste dalla normativa vigente per l’esercizio in via ordinaria e ribadite anche nella situazione sanitaria attuale al fine di contenere la diffusione del virus.
Come è specificato nella circolare ministeriale, l’art. 1 del nuovo D.P.C.M. delinea un’area unica, comprendente il territorio della Regione Lombardia e di altre 14 Province (cinque dell’Emilia-Romagna, cinque del Piemonte, tre del Veneto e una delle Marche).
A tale area – che sostituisce le “zone rosse” attivate sulla base dei decreti del 1° e del 4 marzo – è rivolta l’applicazione di misure rafforzate dirette al contenimento dell’infezione, tenendo conto della dinamica epidemiologica sviluppatasi negli ultimi giorni.
La circolare, inoltre, chiarisce la disposizione dell’art. 1, c. 1, lett. a), che, nei suddetti ambiti territoriali, “prescrive di evitare ogni spostamento delle persone fisiche in entrata e in uscita dai territori in questione, nonché all’interno dei medesimi, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità, ovvero spostamenti per motivi di salute”.
Al riguardo, il Dpcm “non prevede una autorizzazione preventiva agli spostamenti, in considerazione sia dell’ampia estensione geografica delle aree interessate, sia dell’elevato numero dei potenziali destinatari delle misure in esame. Per gli spostamenti nel territorio, considerato particolare rilevanza è attribuita dalla citata circolare agli elementi documentali comprovanti l’effettiva sussistenza di esigenze lavorative, anche non indifferibili, a condizione naturalmente che l’attività lavorativa o professionale dell’interessato non rientri tra quelle sospese ai sensi delle vigenti disposizioni (come, ad es., i servizi educativi per l’infanzia e le attività didattiche di cui all’art. 1, c. 1, lett. h) del D.P.C.M.), ovvero di situazioni di necessità individuate in quei casi in cui lo spostamento è finalizzato allo svolgimento di un’attività indispensabile per tutelare un diritto primario non altrimenti efficacemente tutelabile. Inoltre, i motivi di salute che giustifichino gli spostamenti in sostanza sono ravvisabili in quelle ipotesi in cui l’interessato deve spostarsi per sottoporsi a terapie o cure mediche non effettuabili nel Comune di residenza o di domicilio”. Viene precisato, al riguardo, che “l’onere di dimostrare la sussistenza delle situazioni che consentono la possibilità di spostamento incombe sull’interessato”.
In un’ottica di responsabilizzazione dei singoli cittadini che compongono la comunità, tale onere dimostrativo potrà essere assolto producendo un’autodichiarazione ai sensi degli artt. 46 e 47 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, che potrà essere resa anche seduta stante attraverso la compilazione dei moduli appositamente predisposti dal Dipartimento di Pubblica Sicurezza e in dotazione agli operatori delle Forze di polizia e della Forza pubblica.
In ogni caso “la veridicità delle autodichiarazioni potrà essere verificata successivamente ed in caso di esito negativo esse soggetta a responsabilità penale.
Peraltro, è necessario porre la dovuta attenzione sulle più gravi conseguenze, sul piano penale, di un comportamento, anche solo colposo, non conforme alle disposizioni del D.P.C.M. che possono portare ad accertare reati, come quelli sanzionati dall’art. 452 c.p. (delitti colposi contro la salute pubblica)”.
Fermo restando l’insieme delle competenze territoriali attribuite alle Istituzioni, il Prefetto ha sottolineato come sia “indispensabile, innanzitutto, il prezioso contributo dei singoli cittadini, al fine di garantire concretamente l’efficacia delle prescrizioni del provvedimento governativo che non può essere affidata solo ai controlli ed alle sanzioni”.
Occorre, dunque, ora più che mai, ha affermato il Prefetto, “una “unità di intenti”, richiamando un’esortazione del Presidente della Repubblica, di tutti i soggetti a vario titolo impegnati nel mantenimento della stabilità e della coesione della collettività in un momento delicato come quello attuale che richiede ai cittadini uno sforzo maggiore in termini di fermezza, di senso di responsabilità e di lucida collaborazione nell’affrontare una sfida che non è solo delle Autorità ma è della intera collettività”.