(Rimini) “Se alla lettura del decreto Cura Italia ci siamo sentiti traditi, guardando il decreto Liquidità possiamo dire di ritenerci presi in giro”. L’intervento è di Gianni Indino, presidente della Confcomemrcio della provincia di Rimini. “Non sono queste le misure di sostegno giuste per le micro e piccole imprese – spiega Indino - per i commercianti, per chi gestisce i pubblici esercizi, per gli artigiani e gli altri i piccoli imprenditori. Non è chiedendo alle imprese di indebitarsi che si risolve questa grave crisi economica in cui già ci troviamo. Evidentemente tra tutti gli esperti messi al tavolo dal governo ne manca qualcuno che riesca a spiegare al legislatore che se non si provvede in tempi rapidissimi a sostenere le imprese attraverso indennizzi reali e non chiedendo a chi non ha liquidità di trovarla facendo debiti, chiusure e fallimenti saranno innumerevoli”.
“Ci è stato imposto di abbassare le serrande e di stare a casa. Bene, lo abbiamo fatto senza fiatare, per contribuire a tutelare la salute di tutta la comunità. Sono migliaia e migliaia le imprese in provincia di Rimini chiuse per decreto. Ad esempio 773 negozi di abbigliamento, 203 di calzature, 3.154 pubblici esercizi e 2.316 strutture ricettive ora stanno a casa. E dopo, molti di loro staranno a casa ancora perché non avranno più la forza, non certo morale, ma economica, per riaprire le botteghe, i locali, gli studi, gli alberghi, le discoteche... Il grido di allarme lo ascoltiamo tante volte al giorno, con voci diverse ma con un’unica paura: non riuscire più a riaprire la propria attività. Vogliamo ripartire, ma attenendoci scrupolosamente alle disposizioni delle istituzioni e dei sanitari. Per questo chiediamo che venga stilato il prima possibile un protocollo con le indicazioni, i dispositivi medici, la sanificazione e tutto ciò che servirà alle aziende per tenere la malattia distante da lavoratori e clienti”.
“Purtroppo però anche il DL Liquidità, su cui avevamo riposto grandi speranze, non ci consente di rassicurare gli imprenditori che lo Stato gli sia vicino e li supporti verso questa riapertura. Per le piccole imprese che rappresentiamo questi interventi non sono né sufficienti, né mirati. Le nostre imprese sono in un buco nero, senza la possibilità di lavorare e, anziché spinte verso il futuro, sono risucchiate nel baratro da sostegni che non solo tali, perché spostare le scadenze in avanti di un paio di mesi o dare garanzie statali per finanziamenti che aprono un debito da saldare ben presto, sono misure utili solamente a decretarne la definitiva chiusura”.
“Se gli esperti non sono riusciti a spiegarlo al governo, cercherò di farlo io da Rimini: alle micro e piccole imprese, quelle che sostengono l’economia del Paese, servono indennizzi per i mancati introiti e sostegni a fondo perduto, non certo aggiunte di altri debiti a quelli che per la maggior parte hanno già in piedi dopo la tremenda crisi iniziata nel 2008 e mai di fatto terminata. Le imprese sono già abbastanza esposte: lo Stato non può e non deve chiedere loro altri sacrifici, pena vederle chiudere una dopo l’altra. Saranno spazzati via soprattutto i piccoli, esattamente quelli che danno vivacità alle nostre città e al nostro turismo, alla nostra vita sociale. E’ mai possibile che tutti ormai si sciacquino la bocca parlando dell’importanza del turismo e poi quando si entra nello specifico, i provvedimenti prendano altre vie? Industria, agricoltura, export… e per le imprese che concorrono all’offerta turistica restano solo le briciole. Gli irrisori 600 euro di indennità agli autonomi non sono ancora diventati 800, lo slittamento delle utenze non è mai avvenuto: speriamo che il DL Aprile non diventi la terza presa in giro in un mese”.
“Sul piano locale, le amministrazioni si stanno adoperando per fare quel passo in più fondamentale per tutti noi: le imposte relative a questo periodo vanno cancellate, non spostate in avanti. Ci auguriamo che tutti i sindaci del territorio ne prendano atto e vadano in questa direzione. Senza dimenticare il capitolo burocrazia, a tutti i livelli, a cominciare da scontrino elettronica e relativa lotteria. Non vorremmo che, iniziando una faticosa ripartenza, ci ritrovassimo nel giro di qualche settimana a dover discutere per 3 cm di tenda e 4 cm di gazebo. Per rilanciarci bisogna dare un taglio alla burocrazia, che non significa mandare all’aria le regole, ma avere buon senso nell’applicarle senza farsi imbavagliare da lacci e lacciuoli burocratici spesso contradditori tra loro”.
“Insomma, non ci siamo. Anche il DL Liquidità non è al passo con le esigenze reali: avevamo grande speranza di trovare appigli per una ripartenza, ma anche questa volta non solo non vediamo spiragli, ma ci sentiamo oltremodo presi in giro, per usare un eufemismo. Ora usiamo questo tempo per attrezzarci all’inizio della stagione, quando ripartirà. Abbiamo bisogno di sostegno e di certezze: regalateci un orizzonte, un sogno, un obiettivo su cui ricostruire il presente e il futuro”.