(Rimini) Guide d’eccezione domani per la visita guidata all’esposizione ‘Disegni dei nuovi mondi dal fondo Des Vergers’ con alcuni dei pezzi più interessanti lasciati in eredità dall’archeologo francese. A condurre l’itinerario saranno infatti Rosita Copioli e Paola Delbianco, curatrici della mostra nell’ambito della Biennale del disegno. Appuntamento domani alle 17,30 al museo Tonini di Rimini.
“Di famiglia normanna - spiegano Rosita Copioli e Paola Delbianco - trapiantata in Borgogna, il marchese Adolphe Noël des Vergers (Parigi 1804 - Nizza 1867) fu arabista, antichista, archeologo, studioso eclettico. Entrato nella Societé de Géographie nel 1830, ne fu segretario dal 1837, e partecipò a molte missioni del Governo francese: la raccolta dei documenti arabi e normanni in Meridione e Sicilia (1833-1847), quella delle epigrafi latine (dal 1843) che confluì nel Corpus Inscriptionum Latinarum (in Italia, in paesi europei ed extra-europei come l’Algeria), la pubblicazione delle opere (1860-1867) di Bartolomeo Borghesi (1781-1860), sostenuta da Napoleone III. Con il suocero Ambroise Firmin Didot (1790-1876), fra i più importanti editori dell’epoca, erudito e collezionista, des Vergers collaborò in ogni progetto, anche in società di scavo”.
A Rimini Des Vergers arrivò insieme alla moglie Emma nel 1842 e “acquistò dai Belmonti la villa di San Lorenzo in Correggiano, che divenne la base per le sue imprese italiane e che oggi ospita il Fondo des Vergers, composto di oggetti di scavo, delle carte di studio e della biblioteca, donato nel 1934 alla Biblioteca Gambalunga per volontà della figlia Hélène de Toulongeon.
Si tratta di un tesoro “di importanza assoluta per studiare l’intero mondo di interessi e di scoperte ottocentesche nel secolo delle grandi avventure della scienza, dell’archeologia, del collezionismo. Per la prima volta ne esponiamo due profili dei multiformi interessi: l’uno geografico, l’altro archeologico, che delineano il carattere universale del mondo di Adolphe Noël des Vergers".
Nel Fondo si trovando dunque i disegni dei nuovi mondi, “le mappe dilatate delle spedizioni oceaniche alla ricerca della Terra Australis, i loro libri avventurosi, guidano ai 304 finissimi disegni che servirono per le incisioni dei tre volumi dell’Océanie, di Grégoire Louis Domeny de Rienzi pubblicati da Firmin-Didot (1836-1837), nella collana «Univers pittoresque», cui des Vergers collaborò con propri titoli (Abyssinie, Arabie). Eseguiti in gran parte da Victor Felix Marie Danvin, oltre che dallo stesso De Rienzi e da Madame Danvin (incisi poi da varie mani, tra cui quelle di un dodicenne Puvis de Chavannes, forse), i bellissimi disegni dell’Océanie sono felici rielaborazioni da numerose spedizioni precedenti”.
In primis, “dagli 866 disegni di Louis-Auguste de Sainson, pittore di bordo sulla corvetta Astrolabe nella spedizione in Oceania di Jules Dumont d’Urville (1826-1829). Ma un fiume di immagini scorre da molte altre spedizioni, tra cui quelle settecentesche di James Cook, di Jean-François de Galoup de La Pérouse (Voyage autour du monde ... rédigé par M. L. A. Milet-Mureau, 1797) fino a quelle ottocentesche di Nicolas Baudin, Charles Alexandre Lesueur, François Péron (Voyage de découvertes aux terres Australes, 1807), e del Barone di Bouganville (Album pittoresque de la frégate La Thetis et de la corvette l’Espérance, 1828)”.
Le immagini “di raffronto dei disegni dell’Océanie (di cui vengono esposti 54 esemplari) provengono dagli Atlanti originari conservati nella Biblioteca della Società Geografica Italiana; i libri di viaggio dalla Biblioteca del Fondo des Vergers della Gambalunghiana e da una collezione privata”, sottolineano le curatrici.
Des Verger, poi, ebbe interessi archeologici anche per l’Etruria e il Lazio, “iniziati dal 1838 con l’attenzione per gli scavi sul monte Falterona, intensi in campo epigrafico dal 1843, si concentrarono in Etruria dagli inizi del 1850 al 1857 attraverso la società con Alessandro François (1796-1857) cui nel 1852 si aggiunse Didot, per i siti di Beloria, S. Vincenzino di Cecina, Chiusi, Chianciano, Volterra, Orbetello, Vulci. Ma continuarono fino al 1862-1864, quando sfociarono nella monumentale opera ‘L’Étrurie et les Étrusques ou dix ans de fouilles dans les Maremmes toscanes’".
Passando al Lazio, “se nel 1848 a Roma Des Vergers riconobbe i soggetti del X canto dell’Odissea negli affreschi di via Graziosa sull’Esquilino (ora al Vaticano), dagli anni Cinquanta nel Lazio si rivolse agli studi delle necropoli di Ardea e Cerveteri, e condivise le ricerche archeologico-topografiche dell’ingegnere Pietro Rosa (1810-1891) per la villa di Orazio in Sabina (1854-55), il tempio di Diana a Nemi, la Villa dei Cesari ad Albano, la via Appia. Contemporaneamente si occupò della collezione di terrecotte (statue, sarcofagi, vasi, bassorilievi) e gioielli del barone Giovanni Pietro Campana (1808-1880), che in parte fu acquistata da Napoleone III per il Louvre”.
In esposizione anche quattro vasi greci del VI e V sec., “schermi a tutto tondo per le silhouettes dei racconti mitici: da Vulci un’anfora a figure nere, della cerchia del pittore di Antimenes con le lotte di Eracle con Tritone per il giardino delle Esperidi e un’altra con il cinghiale di Erimanto per il re Euristeo; da Chiusi o Chianciano un cratere a figure rosse del terzo quarto del V sec. con libagione; un’Idria a figure nere con l’apoteosi di Eracle, vicina al pittore di Mastos dell’ultimo ventennio del sec. VI a. C.; una grande Idria di bucchero chiusino che è un pastiche ottocentesco, sette frammenti di sarcofagi marmorei con eroti, nove epigrafi funerarie (8 latine di provenienza romana e una greca), due urne etrusche del II sec. a. C. da Chianciano (1853) con bassorilievi della lotta di Eteocle e Polinice sono affiancati dai disegni a matita di lucidi dei vasi, dalle riproduzioni delle pitture parietali da Vulci di Nicola Ortis (1830-1896), dai finissimi tratti di Augustin François Lemaître (1797-1870) per i gioielli etruschi della collezione des Vergers, venduti al Louvre, dai disegni acquarellati delle tombe, dei luoghi, dei vasi, dei bronzi che servirono alle planches de L’Étrurie et les Étrusques, stampate a Parigi dall’incisore, litografo e stampatore fotografico Rose-Joseph Lemercier (1803-1887)”.
Scopritore con Alessandro François della tomba di Vulci che da quest’ultimo prende il nome, “des Vergers acquistò per conto del suocero lucidi e copie a grandezza naturale delle pitture parietali eseguiti da Carlo Ruspi (1898-1863), il migliore dei pittori d’archeologia, per il Museo Gregoriano Etrusco, e li adoperò per i fregi della propria biblioteca di Rimini”.
Tra le carte geografiche e topografiche, quelle che “puntualizzano scavi e reperti archeologici: Étrurie Circumpadane; Carte archéologique de l’Étrurie centrale di Alexandre Aimé Vuillemin (1812-1886); Rome sous Aurélien di Jean-Arnould Léveil (1806-1866); la Pianta e il tempio di Diana Nemorense, i Laghi di Albano e di Nemi, la Sezione dal Lago d’Albano alla via Appia di Pietro Rosa”.