Riordino province, Di Lorenzo: “Il decreto penalizza i grandi comuni"

Martedì, 25 Settembre 2012

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Province, Di Lorenzo: “Il decreto penalizza i grandi comuni a vantaggio dei piccoli”


Si continua a parlare di riordino istituzionale, la legge dalla quale ci si sarebbe aspettati 12 miliardi di tagli e che invece, così come è concepita, ne produrrà soltanto 300 milioni: un 40esimo rispetto a quanto promesso, 200milioni in indennità e 100milioni per il funzionamento. Tuttavia le questioni aperte sul decreto non sono appena queste.


Mi domando se, nei termini posti dalla legge, sia davvero possibile il riordino delle province”. Il dubbio viene al consigliere provinciale del Pdl Claudio Di Lorenzo che stuzzicato da una norma in particolare è andato a farsi due conti. Ogni nuova provincia avrà 10 consiglieri. Questo significa che anche per il provincione romagnolo, dato da Forlì-Cesena, Rimini e Ravenna, i consiglieri comunali si riuniranno per esprimere 10 nomi su base di liste concorrenti certificate.


Guardando alla provincia di Rimini e facendo un po’ di conti, a legislazione vigente, viene fuori che per Rimini voteranno 288 consiglieri comunali più 27 sindaci per un totale di 315 votanti. Dentro questo collegio elettorale il peso della città di Rimini sarà di 33 consiglieri, il 10 per cento, in rappresentanza del 44 per cento della popolazione della provincia (150mila persone).


Se invece si guarda ai 7 comuni della Valmarecchia, si verifica che per un totale di 18 mila abitanti, ovvero il 5 per cento della popolazione del riminese, questi potranno esprimere 55 voti, ovvero il 17 per cento del totale.


“La pecca del decreto è quindi che penalizza i grandi comuni e avvantaggia fortemente quelli piccoli. Si viene a creare un serio problema di rappresentanza territoriale in contraddizione con lo spirito dichiarato dalla legge”.


Lo stesso si può verificare per la Valconca i cui comuni esprimeranno 63 voti, il 20 per cento del totale, rispetto a 24mila abitanti che sono il 7 per cento del totale.


Il rischio che l’elezione di secondo grado così normata venga reputata contro la legge c’è e i ricorsi già ci sono”, ricorda Di Lorenzo.


Tra i problemi che potrebbero generarsi a riforma attiva ce ne è anche un altro. “Ci saranno un presidente e una assemblea ma niente giunta. Il potere esecutivo sarà in mano ai dirigenti, un organismo tecnico senza mediazione politica, e non è detto questo sia un vantaggio per i sindaci”, conclude Di Lorenzo.

Filomena Armentano 

Ultima modifica il Martedì, 25 Settembre 2012 17:05