(Rimini) Colpito anche lui dalle dure immagini delle guerra sanitaria che si combatte contro la diffusione del coronavirus, il sindaco di Rimini Andrea Gnassi propone una poesia di Sergio Zavoli e chiede di onorare le vittime.
"Onoriamo i nostri morti, perché - scrive Gnassi - poi un giorno dovremo dare un nome, e non solo un numero, ai morti di queste settimane. Da oggi magari, a partire da oggi. Ci sono città più colpite della nostra. L'immagine dei camion dell'esercito di notte che porta via bare e salme da cremare. Anche noi, con un gesto minimo e dovuto di fratellanza, ospitiamo quelle salme. Ma non dobbiamo perdere l’orizzonte”, avvisa Gnassi. “E un orizzonte è fatto di una comunità che si rinsalda, si ritrova. Una comunità è nomi e cognomi. Anche quando si muore. Che poi sono anche amici, parenti, gente che nella tua città sapevi chi era. Maria, Antonio, Marta, Giuseppe. Non basta numero contagiati, numero terapia intensiva, numero decessi. Il conteggio quotidiano delle vittime, a cui sono appese anche le Istituzioni per le loro decisioni e che ci chiama alla più alta delle responsabilità nei comportamenti individuali, non cancella il nostro bisogno di conoscere le storie di quelle persone. E di ricordarle e onorarle quando finalmente tornerà il tempo”.
“Ho riletto ancora ,in questi giorni duri Sergio Zavoli, e ancora quella poesia che ti spacca l'anima riferita ai tempi della guerra appena finita in una rimini, colpita a morte . Chi immaginava mai di viverla quella poesia ? ‘La vita ritornava/con la recisa nudità dei segni/sparsi ovunque,/le case non avevano più le loro tinte/tutto pareva conservasse/l'odore dei luoghi abbandonati,/come l'ultima brace spenta nei camini/. Sul muraglione della ferrovia/vedemmo il primo manifesto: Gasperoni Elvira,/diplomata ostetrica, una prece,/si tornava a morire uno alla volta,/riapparivano i nomi del tempo dissepolto’”.
“Il ritorno alla vita dopo la tragedia della guerra diventa evidente nella quotidianità, quando sui muri tornano ad apparire i manifesti funebri con un nome e non più solo numeri anonimi. Gasperoni Elvira. Potere piangere i nostri morti, con nomi e cognomi , senza numeri è il primo passo per ritrovare il senso di una comunità. Per non far sentire soli parenti. famigliari e amici, oggi vogliamo dedicare un pensiero di grande bene e di vicinanza , di un intera città. Va fatto con volontà e cuore . A loro e al loro dolore che non ha potuto trovare neanche il conforto di un abbraccio o di un funerale, la città tutta oggi si stringe . E da oggi e ancora di più lotterà per ritrovare l’orizzonte".