(Rimini) “Se da una parte questo nuovo Dpcm scongiura quel coprifuoco notturno che per giorni ha aleggiato sulle teste degli italiani facendo perdere ulteriore fiducia, e abbattendo i consumi, e non possiamo essere soddisfatti per la ratio con cui è stato composto. Confermando la chiusura dei locali pubblici alle 24 non si fa altro che chiudere luoghi sicuri, in grado di ottemperare alle disposizioni e di controllare distanziamento e uso dei dispositivi di protezione dei propri avventori. Abbiamo dimostrato di riuscire a rispettare le norme e chi non lo ha fatto è giusto che paghi. Ma non possono pagare tutti”, spiega il presidente di Confcommercio della provincia di Rimini, Gianni Indino.
“Ci fanno chiudere tutti i locali a mezzanotte: dove andrà dopo la gente, i giovani in particolare? Ovviamente in giro, come facevano ieri, come fanno oggi e come faranno domani, magari con qualche bottiglia acquistata nei market. Insieme alle nostre difficoltà, capiamo quindi anche quelle palesate dai sindaci, che si troveranno a dover rincorrere le persone chiudendo prima una piazza, poi un parco, il giorno dopo una via cittadina dove giocoforza la gente si sarà spostata. Per questo da parte nostra c’è massima disponibilità nei confronti delle amministrazioni locali del territorio per ragionare insieme e cercare soluzioni opportune e condivise, come già sta avvenendo in queste ore”.
Questo provvedimento “ci sembra una nuova assurdità, che fa il paio con la novità dei 6 posti a sedere per ogni tavolata e il cartello obbligatorio con il numero massimo degli avventori dentro al locale. Misure che abbassano ancora una volta la capacità di reddito di molte imprese e allo stesso tempo aggiungono burocrazia. Qual è il numero esatto dei posti disponibili? Difficile dirlo: difficile dare seguito a misure cavillose al limite dell’inapplicabilità. Come difficile sarà quantificare il danno di un nuovo ricorso massiccio allo smart working che per i pubblici esercizi, ora costretti a chiudere in orario notturno, significa la perdita del fatturato che deriva delle pause pranzo che i più faranno in casa propria. Il nuovo blocco delle attività congressuali poi, può affossare definitivamente anche quel comparto che faticosamente stava ripartendo con tutti i protocolli del caso”.
La situazione che stiamo vivendo “impone serie riflessioni. Vale la pena accanirsi sulle attività, soprattutto quando si lascia tutto invariato per il settore del trasporto pubblico, su bus e treni che vedono assieparsi sopra gli stessi ragazzi che a mezzanotte però non si possono sedere a bere una birra al tavolo di un pub, seppur distanziati? I pubblici esercizi non possono ancora una volta accollarsi tutto il peso della pandemia ottenendo in cambio dallo Stato poco o niente. L’ultimo Dpcm avrà un effetto devastante su bar, catering e soprattutto su pub e sulle imprese dell’intrattenimento. Parliamo di una mazzata sui fatturati dei pubblici esercizi da 470 milioni ogni mese a livello nazionale. Se questo governo fosse in grado di stanziare adeguati ristori alle attività economiche a copertura dei mancati incassi per consentire loro di rimanere in vita sino alla reale ripartenza, si potrebbe ragionare anche su misure più rigide per lassi di tempo contenuti. Ma così non è: è già stato ampiamente dimostrato nei mesi scorsi. Così, ogni restrizione alle attività diventa un colpo mortale per le imprese e per tutto il Paese”.