(Rimini) Dirty cleaning, ovvero sanificazione sporca, magari in odore di camorra. Così la guardia di finanza ha nominato l’operazione scattata oggi con le notifiche degli arresti per quattro persone indagate per intestazione fittizia e diverse perquisizioni nelle province di Pesaro, Rimini e Trento. Sotto seuqtestro è finita un’azienda operante tra Rimini e Pesaro nel settore delle sanificazioni anti – covid 19.
“La ditta a seguito delle indagini delle fiamme gialle, pur se intestata ad altra persona, di fatto è risultata gestita da E.S., originario di Napoli, pregiudicato, già coinvolto nel 2014 nell’operazione anti-droga denominata “Drugstore” condotta dagli stessi finanzieri riminesi”, spiegano i finanzieri. “Attesa la pericolosità sociale manifestata, nel 2016 E.S. è stato anche attinto dalla misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale ed è fratello di altro pregiudicato, quest’ultimo ritenuto affiliato al Clan Camorristico dei “DI LAURO”, operante nella zona settentrionale del capoluogo campano; quest’ultimo è stato condannato definitivamente nel 2010 per associazione per delinquere di stampo mafioso e più recentemente, nel 2017, per aver partecipato ad un raid punitivo di camorra”.
Il provvedimento di sequestro preventivo eseguito oggi, quindi, “costituisce l’epilogo di articolate indagini economico-patrimoniali condotte dalle fiamme gialle del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Rimini, sotto la direzione della Procura della Repubblica di Rimini nella persona del Sostituto Procuratore Paola Bonetti, finalizzate al contrasto delle intestazioni fittizie di beni e dei tentativi d’infiltrazione della criminalità nell’economia legale della Provincia”.
L’attività di indagine ha infatti permesso di accertare che “il pregiudicato E.S., al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali, nel mese di aprile scorso, in piena emergenza “Covid-19”, è divenuto socio occulto di una ditta individuale operante nel settore delle sanificazioni delle autovetture, degli esercizi commerciali e degli hotel ubicati in questa provincia ed in quella limitrofa di Pesaro e Urbino, partecipando agli utili ed utilizzando le autorizzazioni rilasciate alla stessa. Egli così operando rilasciava certificazioni e fatture, grazie alla ditta individuale intestata fittiziamente a terzi”. Lo schema imprenditoriale occulto, ricostruito nel corso delle indagini, è risultato particolarmente redditizio per il pregiudicato, “tant’è che questi, nel corso di alcune intercettazioni telefoniche, compiacendosi per il suo fiorente giro d’affari, ha definito il Coronavirus un buon affare”.