…”Si sentiva infreddolito ed esausto, oppresso da un vago terrore. Che cos’era? Non lo sapeva bene. Forse era la crescente incapacità di sopportare la sensazione sempre più acuta della frammentarietà delle cose. Nulla pareva veramente appartenere a null’altro. Persino tra lui e Karen le cose erano tenui e fragili. Ai suoi occhi il mondo era un fluttuare e un turbinare di frammenti e schegge. Particelle. Frammenti di luce fredda e morta. I suoi zii, Keter e Malkuson, il vecchio della sinagoga, i compagni di classe, il prefetto degli studenti, Arthur: li conosceva veramente? E chi di loro conosceva lui? Scegliere. Scegliere che cosa? Perché scegliere? Gli eventi avevano un inizio ma non una fine. Nulla pareva avere una struttura solida. Lui stesso fluttuava, andava alla deriva, era in balia del vento. Non sapeva neppure contro cosa o chi indirizzare l’ira che a volte provava. All’orizzonte balenava sempre una verità elusiva e seducente. Sempre all’orizzonte. Ma qui e ora tutto sembrava casuale e terrificante, squarciato, un groviglio di linee tronche. Perché tanta tristezza, Gershon? Perché tanta tristezza?” Chaim Potok, Il Libro delle luci |