(Rimini) "Ho ricevuto una telefonata ieri, da un amico infermiere, una delle voci dirette dal 'fronte' della guerra al coronavirus". Il racconto è del vicesindaco Gloria Lisi. "Una voce determinata ma stanca, perché a dodici mesi dall'esplosione di questa drammatica pandemia, sembra che la pellicola sia stata riavvolta, siamo di nuovo al primo tempo di un film che speravamo si avviasse ai titoli di coda. Eppure i quasi quattrocento casi registrati anche ieri nel nostro territorio rendono chiara l'idea di come Rimini stia attraversando forse la fase più difficile e delicata dopo la prima ondata. C'è però un aspetto positivo: il drastico calo di casi tra il personale sanitario, a conferma che la soluzione c'è, ed è il vaccino. Ed aumenta la frustrazione a sapere che mentre il virus continua a correre, al contrario la campagna vaccinale non è ancora decollata, tanto a livello nazionale quanto nel nostro territorio. Attendiamo uno sprint con la riorganizzazione del piano di vaccinazioni annunciato dal Governo per la 'campagna di massa' di aprile, ma nel frattempo dobbiamo pensare anche ad un cambio di passo, radicale, per Rimini".
Guardando ai fatti, "a inizio pandemia siamo state tra le prime 'zone rosse' in Italia e oggi, ci risiamo; ieri l'Ausl ha comunicato 380 nuovi contagi, preceduta in regione solo da Bologna e Modena, quasi dieci volte i casi registrati a Piacenza, 39; infine, le statistiche ci dicono che l'aspettativa di vita dei riminesi è calata di due anni rispetto al 2019. Basterebbe questa fotografia per capire che anche e soprattutto a Rimini non c'è tempo da perdere, eppure quotidianamente dobbiamo fare i conti con ritardi e disguidi che frenano le già limitate capacità di immunizzazione. Un esempio su tutti: venerdì scorso è partita la campagna vaccinale per il personale del carcere. Contrariamente a ciò che è previsto dalle disposizioni ministeriali, il personale amministrativo carcerario di Rimini è stato escluso da questa fase, situazione che non si è verificata invece a Forlì, a Ravenna e in generale nel resto dell'Emilia Romagna. In pratica solo a Rimini, in zona rossa, il personale amministrativo del carcere non è stato vaccinato. Una situazione che allarma gli operatori, ben consapevoli di cosa significherebbe l'esplosione di un focolaio all'interno della struttura penitenziaria e che è sentinella di qualcosa che non funziona perfettamente nell'ingranaggio e che va corretto. Potrei fare altri esempi: penso ai farmacisti titolari o dipendenti di parafarmacie o ai rallentamenti che sono stati riscontrati nella procedura di vaccinazione del personale di strutture sanitarie private che, soprattutto nella prima fase della pandemia, hanno dato un contributo chiave per la tenuta del sistema sanitario".
C'è quindi "una palese contraddizione tra la dilatazione dei tempi che registriamo a Rimini e quanto invece detterebbe la logica: intervenire in maniera più rapida e più capillare laddove il virus colpisce con maggiore violenza. Una linea peraltro trapelata anche dal Governo, che oltre a ribadire la priorità per le fasce più deboli, parla di riservare una quota del 2% di dosi di vaccino per le aree che più sono state esposte alla pandemia. Inoltre, non è solo la situazione attuale a richiedere la massima attenzione e priorità, ma è anche il, futuro imminente, la prossima stagione turistica. La chiave di volta per la prossima stagione estiva è racchiusa in una parola: sicurezza. Mentre in Sardegna si parla di viaggi Covid-free, a Rimini rischiamo di arrivare all'estate di rincorsa, con tutte le conseguenze che ben sappiamo per tutta la filiera di piccole e medie imprese che alimentano il settore".