(Rimini) Rimini è tra le prime venti province italiane per l’incidenza nell’economia locale del numero di occupati del Sistema Produttivo Culturale e Creativo. Il dato emerge dal decimo rapporto “Io sono cultura, progetto di ricerca annuale che analizza la filiera culturale e creativa e l'industria manifatturiera influenzata dalla cultura, promosso da Fondazione Symbola. Secondo il rapporto che fa riferimento al 2019 e quindi prima della pandemia, Rimini è tra le venti province dove più alta è l’incidenza percentuale dell’occupazione in campo culturale e creativo (6%), che coniuga cioè cultura, bellezza e manifattura. Una ‘classifica’ guidata da Milano (10%) e che vede Rimini insieme a realtà consolidate come Venezia, Firenze, Bologna, Torino e altri capoluoghi più piccoli ma dalla spiccata vocazione manifatturiera (le cosiddette industrie creative driven), tutte quelle realtà che sviluppano servizi e prodotti per la cultura.
“Lo spettacolo, le arti e la cultura sono fra i settori che contribuiscono strategicamente non poco all’economia del nostro territorio, non tutti sanno che Rimini è ai primi posti fra le province italiane per spesa turistica attivata dal sistema produttivo culturale e creativo – commenta l’assessore alla Cultura del Comune di Rimini Giampiero Piscaglia - Inoltre ricordo come la ricerca del Sole 24 ore del 2019 abbia incoronato Rimini per attrattività e offerta culturale. Dati, statistiche, rilevazioni, che consentono di fare una fotografia nitida di quanto incide il comparto culturale sull’economia locale e sostengono indirettamente la stessa candidatura di Rimini Capitale della Cultura 2024: qui ci sono gli spazi, i monumenti, le opere, i paesaggi ma anche le competenze e la creatività per tagliare quel traguardo. Questi numeri però non raccontano le storie di tutte le donne e gli uomini che operano nel settore dai ragazzi alle prime armi fino alle grandi professionalità costruite sul campo grazie ad anni di gavetta e di esperienza, che da oltre un anno sono alle prese con la più grave crisi mai affrontata. Negli anni ho avuto la fortuna di incrociare lungo il percorso innumerevoli maestranze nei vari settori, tra tecnici, macchinisti, maschere, guide museali, e via dicendo. Questo vale anche per musicisti, danzatori, attori, artisti visivi, scuole di danza. Lavoratori e famiglie che vivono di cultura e che fremono per ripartire e che sono l’ossatura di un intero sistema di cui anche la nostra economia locale ha necessità. Oggi abbiamo una data, il 26 aprile, giorno in cui nelle regioni in zona gialla si potrà finalmente tornare ad aprire, in piena sicurezza, gli spazi culturali. Sarà una ripartenza graduale, forzatamente limitata alla luce di un’emergenza pandemica ancora lontana dall’essere superato, ma finalmente il settore può ricominciare a lavorare. Rimettere in circolo la cultura e lo spettacolo significa anche produrre economia”.
Secondo il rapporto, nel 2019 il Sistema Produttivo Culturale e Creativo italiano era in crescita e dava lavoro a più di un milione e mezzo di persone, vale a dire il 5,9% dei lavoratori (+1,4% rispetto al 2018). Altra foto quella dell’indagine condotta nel 2020, in cui il 44% degli operatori della filiera stima perdite di ricavi superiori al 15% del proprio bilancio, il 15% prospetta perdite che superano il 50%. A soffrire di più sono le imprese dei settori performing arts e arti visive, quelle operanti nella conservazione e valorizzazione del patrimonio storico e artistico e molte delle imprese che rappresentano l’indotto culturale come ad esempio parte della nostra industria turistica.