(Rimini) "Una poetica nello stesso tempo di suprema eleganza e di vicinanza alle realtà più sofferte nel mondo, postmoderna per la capacità di accogliere stimoli culturali da ogni dove, raffinate letture e cronaca, ma senza arrendersi all'impotenza della confusione, alla perdita di direzione. Così i magnifici Motus, Enrico Casagrande e Daniela Nicolò e i loro compagni di viaggio, di avventure complesse, rinnovando motivazioni e visioni, avvertendo ogni volta l'urgenza di intervenire costruendo opere indimenticabili". Con queste motivazioni pochi giorni fa l'Associazione Nazionale dei Critici di Teatro ha assegnato il premio della Critica 2021 ai Motus, la storica e pluripremiata compagnia riminese che mercoledì 1 dicembre (ore 21) calcherà per la prima volta il palcoscenico del Teatro Galli, presentando l'ultimo lavoro, Tutto Brucia, titolo che evoca le parole di Cassandra nella riscrittura de Le troiane di Jean Paul Sarte.
Tutto Brucia scava nella tragedia antica per farla risuonare nel presente, fruga nelle pieghe della contemporaneità mettendo al centro i corpi delle donne troiane vinte, in attesa di essere vendute come schiave alle spalle di una città distrutta. La scena immaginata da Euripide è Troia ma oggi potrebbe essere la Siria, la Libia o l'Afghanistan. Sul palco uno spazio vuoto coperto di cenere fra i resti spogli di esseri carbonizzati. Al centro i corpi delle attrici, le loro voci nel vuoto.
Il tema del lutto e dell'impossibilità di celebrare degnamente i corpi, al centro delle Troiane, si innesta fra letture/visioni parallele legate alla idea di "fine di un mondo" determinato dal collasso climatico, economico, infrastrutturale. In scena Silvia Calderoni, musa ispiratrice da ormai 15 anni della compagnia, affiancata dalla giovane danzatrice Stefania Tansini. Ad accompagnare le due interpreti la voce ruvida, potente e drammatica di Francesca Morello aka R.Y.F, musicista scelta dai Motus attraverso la call a cui hanno aderito più di 1000 performer.
Tutto Brucia mette al centro l'idea di perdita, non solo connessa alla morte, ma anche la perdita di un luogo, di una comunità, legata all'esperienza della diaspora, della migrazione, dell'esilio.
"Da tempo avevamo desiderio di continuare lo scavo, dopo il viaggio dentro l'Antigone, fra le più scomode figure femminili del tragico che ancora oggi riverberano – afferma la compagnia – La parola di Ecuba è lamento, parola che seppellisce i morti; la parola di Cassandra rompe la stasi e dà fuoco al futuro". Quali sono i corpi da piangere e quali no? Quali forme abbiamo a disposizione per esprimere il lutto, il dolore della perdita o la separazione dal proprio luogo d'origine, come avviene per le comunità diasporiche? Si chiede Judith Butler in un saggio sul lutto collettivo. Durante la pandemia, le cerimonie per i morti sono state sospese, e i corpi sono stati sepolti d'ufficio, di nascosto, in silenzio, senza saluto. Lo stesso accade per i corpi migranti morti in mare, per i clandestini o per le prostitute giustiziate dal sistema della tratta. Quali vite contano, dunque? Cosa rende una vita degna di lutto?
Quella di Rimini è la prima rappresentazione in regione di Tutto Brucia, che ha debuttato al Teatro India di Roma a settembre, per poi essere rappresentato a novembre alla Triennale di Milano e al Festival delle colline torinesi. Nel 2022 lo spettacolo sarà proposto anche all'estero.