(Rimini) Sul tema della violenza sulle donne e dei femminicidi si terrà un consiglio comunale temtico, proposto dalla consigliera della minoranza Gloria Lisi, che ne dà notizia. "Di fronte a un altro femminicidio poniamoci delle domande". La consigliera comunale Gloria Lisi interviene in merito all'ultimo fatto di sangue registrato a Rimini. Le domande sono tante. "Cosa dobbiamo, cosa possiamo fare per avere un impatto sulla cultura della violenza contro le donne e cercare di prevenire la morte di altre donne? Di fronte a titoli e articoli della stampa locale e nazionale che riportano le parole e le motivazioni dell'assassino, risulta evidente che bisogna agire sulla comunicazione".
"Come legge un cittadino poco avvezzo a certe riflessioni notizie come questa? Quali strumenti hanno un cittadino e una cittadina per capire che la vittima viene nuovamente colpevolizzata e quindi muore due volte quando si leggono certe frasi, come "Non gli dava in braccio il bambino" o "ora smetterà di parlargli male di me"? Per trovare soluzioni adeguate penso sia importante porsi delle domande, prima domanda: "è necessario riportare le parole di un assassino in un articolo?". Seconda: Ci rendiamo conto che quelle parole sono un atto di vittimizzazione secondaria terribile? Terza: siamo consapevoli che quelle parole diffondono uno stereotipo misogino che è alla base della propaganda dei padri violenti? Quarta: quando si dice che i discorsi costruiscono la violenza e le sue giustificazioni ci si riferisce a questo, cosa ne sa chi scrive di cosa davvero è accaduto? Da oggi in poi quando leggiamo e soprattutto quando si scrive un articolo che riguarda una donna vittima di violenza dobbiamo chiederci "che impressione ha chi legge"?".
Secondo Lisi, "leggiamo ancora oggi narrazioni maschiliste e misogine. Quante volte ci hanno detto che un violento può essere un buon padre e appunto far "stare bene" il suo bambino anche se mena la moglie tre volte al giorno? Quante Laura Massaro dovremo contare prima che i magistrati capiscano che un buon padre non può essere uno che picchia tua madre e ti costringe ad assistere? Quando la smetteremo coi ricatti "Ah però così è troppo ostile verso il suo ex compagno, ricordi che c'è sempre la casa famiglia per il bambino..." Un bambino che temi di far prendere in braccio al padre perché è un violento... Spesso le donne vengono credute solo quando è troppo tardi, quando hanno dato all'uomo violento un'ultima occasione per rivedersi, sottovalutando il rischio che corrono. Spesso vengono credute solo da morte".
Come messaggio alle donne "purtroppo non basta più dire 'io ti credo' o "puoi chiamare questo numero" o andare in quel posto per farti ascoltare, se poi molta stampa fa passare il messaggio di giustificazione per l'assassino, e di conseguente colpevolizzazione della donna. Le donne vanno rassicurate e non dovranno sentire qualcuno che al bar commenterà "vedi, non gli faceva tenere in braccio suo figlio, vedi? Gli parlava male del padre...?" Di fronte a una violenza antica e strutturale non possiamo continuare a leggere il solito bollettino di guerra, le solite frasi di sdegno o peggio ancora le soluzioni che tali non sono".
Lisi propone "una riflessione oggi che sia davvero qualcosa di molto molto concreto: le donne si sentono responsabili, è tipico di qualunque trauma, ancor più in questi casi. Un messaggio del genere, quello di giustificare il padre, dandogli voce, rinforza il meccanismo che le fa rimanere a subire violenza. Non è da poco fare arrivare un richiamo autorevole alla responsabilità gravissima della scelta di come riportare queste notizie. Pensiamo a quante vengono scoraggiate da questa colpevolizzazione. Occorre lavorare sul riconoscimento dei segnali, il riconoscimento dei maltrattanti da parte di tutta la società: questo è il lavoro che la stampa deve fare, oltre a riportare i fatti e non le giustificazioni degli assassini".
C'è "bisogno di riconoscimento e valutazione del rischio, bisogna diffondere le vie di uscita attraverso il non giudizio verso le donne. Diventa urgente lavorare ancora maggiormente in rete, ma essere molto operativi per avere la capacità di monitorare le "sentinelle" che il nostro territorio offre, sia quelle formali che fanno parte delle istituzioni, l'Assessorato alle Pari Opportunità, la Scuola, le Forze dell'Ordine, la Commissione Pari opportunità, sia quelle informali: un giornalaio che vede tutti i giorni una signora con degli ematomi sul volto, non può voltarsi da un'altra parte, un dentista che vede strane ferite alla bocca, non potrà far finta di niente, un benzinaio che vede piangere disperatamente una donna dovrà darle un segnale di ascolto. Penso che una vera comunità educante debba fare proprio questo trovare insieme le soluzioni, saper cogliere ogni segnale, divenendo tutti e tutte capaci di contrastare attivamente la violenza contro le donne".