Gesti e sguardi. La pala del Ghirlandaio/3

Giovedì, 15 Marzo 2012

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Gesti e sguardi. La pala del Ghirlandaio/3


L’ultima rilevante commissione artistica malatestiana lasciata a Rimini fu la pala attribuita alla bottega del Ghirlandaio (1494), originariamente destinata alla prima cappella “dal lato sinistro del entrata della porta maggiore” nel distrutto tempio di S. Domenico (così era nominato l’antico S. Cataldo, per la presenza dei Domenicani), attualmente presente nel Museo della Città.


In essa, ai piedi dei santi Sebastiano, Vincenzo Ferrer e Rocco, interpretati come protettori dal contagio diffusosi nel 1492, vi si vedono le immagini degli ultimi rappresentanti di casa Malatesta a regnare sui domini aviti, così come emersero dalle ridipinture, durante un restauro nel 1924.
A partire da sinistra, si nota Elisabetta Aldobrandini, madre dell’ultimo signore, poi Violante Bentivoglio che si trova di fronte al consorte di Pandolfo IV Malatesta – il signore, appunto -, quindi Carlo Malatesta, fratello minore di Pandolfo.


I colori dei loro abiti intendono certamente esprimere il loro status all’interno della dinastia, ma il messaggio che viene trasmesso non può essere completamente inteso se si prescinde dall’atteggiamento che ogni singolo componente della famiglia mantiene in rapporto con gli altri.
Da questo punto di vista, per l’evidenza concessa ai due, alcuni studiosi hanno già rilevato nel dipinto l’intenzione di rievocare le nozze tra Pandolfo e Violante, pur se alcuni elementi conducono a porre attenzione specificamente su quest’ultima.
Ella infatti, inginocchiata di fronte al marito e alla stessa sua altezza, è l’unica componente del gruppo a tenere le mani in un gesto che, tradizionalmente, è quello di preghiera e ringraziamento.
Su di lei convergono inoltre gli sguardi di Elisabetta Aldobrandini e di Pandolfo, al quale è ricambiato lo sguardo.


Il gioco degli sguardi, per altro, è un ricorrente mezzo utilizzato dagli artisti per concentrare l’attenzione degli spettatori su un particolare specifico dell’insieme rappresentato.
In ragione di questo, perlomeno in termini generali, occorrerebbe dedurre che, nel caso, le ragioni che portarono gli ultimi Malatesta a commissionare la pala abbiano riguardato la moglie dell’ultimo signore.
Per altro, non risulta che in alcuna memoria scritta emergano indicazioni in tal senso. Anzi, per quel che si conosce, gli antefatti riminesi che portarono ad assegnare l’incarico al Ghirlandaio sono complessi e per nulla facili da definire.
In mancanza di riscontri storico - documentali, si può comunque tentare di approfondire ulteriormente l’analisi delle varie figure, cercando di interpretare altri segni.


Molto chiaro, ad esempio, è l’atteggiamento di Carlo Malatesta che, volgendosi verso gli spettatori del dipinto, indica con la mano il fratello; ciò, se da una parte palesa l’intenzione di trasmettere pubblicamente un messaggio attraverso le immagini, dall’altra ribadisce il ricorso ad una comunicazione per sguardi.
Considerare poi il gesto di Carlo semplicemente come l’intenzione di evidenziare colui che era signore della città appare riduttivo. Tanto più che lo stesso Pandolfo, a sua volta, alza la mano destra nell’atteggiamento di chi “è presente”, ovvero del testimone.
Quindi, il senso dell’indicazione del fratello maggiore da parte del minore appare essere una sorta di “lui ha visto” oppure “lui è stato testimone”.
Inoltre, come si è detto, Pandolfo è rivolto verso la moglie, la quale, perlomeno in teoria, sarebbe quindi coinvolta nell’avvenimento testimoniato.


Si ritorna alla questione che riguarda Violante: forse qualche episodio che la riguardò la fece porre in posizione particolare nel dipinto?
Alla ricerca di altri spunti interpretativi, ci si può rivolgere agli episodi della vita del santo domenicano s. Vincenzo Ferrer dipinti nella predella della pala.
Si tratta di tre scene di salvazione e guarigione interessanti, con una gestualità manifestata dai vari personaggi in modo assai espressivo; alcuni di essi, tra l’altro, verosimilmente testimoni dei miracoli, ripetono il gesto di Pandolfo.
Detti episodi riguardano la salvezza operata dal santo nei confronti di un bambino caduto in un fosso, la guarigione di uno storpio ed il ritorno in vita di Juan de Zuniga, futuro cardinale, compiuto invocando il santo già defunto da circa cinquant’anni.
Vengono insomma evidenziati miracoli di guarigioni ed interventi taumaturgici, piuttosto che di protezione in senso ampio.
Tali episodi sono inoltre intervallati da monogrammi di Cristo inseriti nel disco del sole.
I monogrammi – solitamente intesi come una sorta di richiamo “araldico” a s. Bernardino da Siena, “ideatore” di tal simbolo – costituirebbero tra l’altro un accostamento abbastanza inedito tra il santo senese e l’ambiente domenicano, quest’ultimo, a suo tempo, non favorevole ai temi della sua predicazione.
In realtà, quest’interpretazione “araldica” del cd. “monogramma”, per quanto legittima, non pone in evidenza ciò che verosimilmente si intendeva rappresentare con il monogramma cristico inserito in un sole; per mezzo di esso, infatti, al di là del riferimento al santo, ci si rivolgeva eminentemente al valore salvifico e taumaturgico del Nome di Cristo.


Per cui, in sostanza, le immagini della predella, si direbbe costituiscano nel loro insieme un richiamo ed un’invocazione al potere taumaturgico del Nome di Cristo e di s. Vincenzo Ferrer, qualcosa che, come si è già accennato, parrebbe evocare il concetto di guarigione e di salvazione.
Fu allora Violante Bentivoglio – l’unica a mani giunte e sulla quale convergono alcuni sguardi – coinvolta in qualche ipotetica guarigione? Si intese forse sottolineare che attraverso di lei (vestita di verde, colore della speranza), in grado di assicurare discendenza legittima a casa Malatesta, la protezione celeste tutelò la possibilità di perpetuare la dinastia?


Per quel che si può dire, questi interrogativi sono destinati a rimanere tali, almeno in mancanza di riscontri provenienti da altre fonti.
Tanto più che, se si dà credito a quanto proposto recentemente, ovvero che la ricopertura delle figure dei signori sia opera nella stessa bottega del Ghirlandaio, dietro rimostranze dei committenti, per la scarsa somiglianza dei volti (la pala, in effetti, fu pagata meno della metà del pattuito, per questa ragione), si può pensare che i Malatesti per primi abbiano rinunciato a trasmettere pubblicamente un messaggio religioso e politico attraverso le proprie immagini ufficiali commissionate alla famosa bottega fiorentina.
Nel caso, si può riflettere su come questo fallito tentativo propagandistico si sia trasformato in una sorta di messaggio in bottiglia sigillato per secoli, destinato a manifestarsi davanti agli emozionati restauratori che, nel 1924, si accostarono alla pala, avidi di riscoprire le antiche memorie cittadine nelle tracce lasciate dalla Storia.


Pier Giorgio Pasini, La pinacoteca di Rimini, Silvana Editoriale, Milano, 1983, pp. 92 – 96.
G. Fattorini, L’ultima commissione toscana dei Malatesti: la tavola ghirlandaiesca per San Cataldo, in: La signoria di Pandolfo IV Malatesti (1482 – 1528), a cura di Gian Ludovico Masetti Zannini e Anna Falcioni, Bruno Ghigi Editore, Rimini, 2003, pp. 193 e ss.
M. Corgnati, I quadri che ci guardano, Compositori, Bologna, 2011.
Per il monogramma bernardiniano: T. Burckhardt, Siena, città della Vergine, Abscondita, Milano, 2010, pp. 108 e ss.


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