"Le attività economiche e produttive sono consentite a condizione che rispettino i contenuti di protocolli o linee guida, idonei a prevenire o ridurre il rischio di contagio nel settore di esercizio o in ambiti analoghi, adottati a livello nazionale. Le singole regioni possono adottare propri protocolli nel rispetto dei principi contenuti nei protocolli o nelle linee guida nazionali".
Così recita il decreto che fissa le norme per le riapertire dal 18 maggio, all'esame oggi del consiglio dei ministri. Quindi, salvo sorprese, dovrebbero valere in Emilia Romagna le linee guida decise dalla Regione in accordo con le associazioni di categoria.

Qui di seguito sono scaricabii i protocolli di ogni settore economico.

Protocollo per gli hotel e strutture ricettive

Protocollo per strutture ricettive all'aria aperta

Protocollo per il commercio

Protocollo per la ristorazione

Protocollo pergli stabilimenti balneari

Protocollo per il settore benesssere

Indicazioni per la sanificazione

Indicazioni per la sicurezza alimentare

 

 

 

Molto dura e tagliente la sindaca di Riccione, Renata Tosi, dopo l'incontro con il presidentedella Regione, Stefano Bonaccini, giovedì pomeriggioa Rimini.

"E' mancata completamente- ha dichiarato - l'attenzione alle famiglie, ai ragazzi, alla scuola e al sociale, nella comunicazione che oggi abbiamo ricevuto dal presidente Stefano Bonaccini, durante il colloquio con i sindaci della Romagna. E' stato decisamente un approccio senza alcun riferimento alle persone, è mancato completamente il fattore umano. Bene i fondi per i lavori pubblici, ma perché deve essere la Regione a fare da "censore"? A chi sì e chi no, questo vuol dire? Serve ad eliminare i Comuni di colore diverso? La sensazione è stata questa. Oltre a non aver sentito neanche una parola sulla programmazione, su quello che succederà a settembre per le scuole, per famiglie e imprese".

"E' chiaramente emersa ancora - ha proseguito Tosi - la tecnica dello scaricare le responsabilità verso il Governo. Ma il Pd che fa opposizione al Pd nel Governo francamente è intollerabile davanti ad un'emergenza sanitaria, sociale ed economica. Sono d'accordo con la giusta protesta del sindaco Andrea Gnassi sulla esclusione della provincia di Rimini dalle zone rosse, con conseguente esclusione dai finanziamenti del Governo. E la risposta che è arrivata dalla Regione è povera in tutti i sensi: proporremo un emendamento. Ma insomma quale peso ha avuto la conferenza delle Regioni nel tavolo col Governo? Solo allungare i tempi di provvedimenti inadeguati? Il centro della questione oggi è proprio questo: fare presto. Basta tergiversare, se devono arrivare i bonus vacanze perché farli partire come dice il Governo solo da luglio? Lasciate lavorare la libera impresa del turismo che aveva già i protocolli, che si è rimboccata le maniche per tentare di salvare l'economia della Romagna". 

Il sindaco di Riccione ha quindi aggiunto: "E quel famoso ristoro che deve arrivare ai Comuni affinché non falliscano? Sì ma quando? E solo per i lavori pubblici che sceglierà la Regione? Credo che i Comuni abbiano reagito velocemente con le risorse che avevano, con aggiustamenti di Bilancio e risorse messe a disposizione delle imprese e delle famiglie. I Comuni devono tornare ad essere gli interlocutori privilegiati del Governo, a questo punto, con quel ruolo che lo stesso presidente Conte in piena emergenza Covid ci ha riconosciuto. Basta con i balletti inutili come sull'apertura delle spiagge: prima negata poi ventilata, poi data a metà, una settimana per volta, prima l'accesso per camminare, poi il 25 sarà possibile per gli stabilimenti aprire al pubblico. Insomma decisioni prese d'imperio e senza spiegazioni. Per ottenere qualcosa abbiamo dovuto alzare i toni, venendo contestati e osteggiati, ma abbiamo avuto ragione. Penso proprio che per ottenere il benedetto "ristoro", o i finanziamento dei progetti dei lavori pubblici la strada sarà la stessa".

Il presidente della Regione Emilia Romagna, Steefano Bonaccini, nel pomeriggio di giovedì è stato a Rimini per un incontro con gliamministratori locali.

Nella sede della Provincia, è stato fatto un primo esame della situazione per la messa a punto di un piano straordinario di interventi che permetta di risollevarsi a un territorio che per diverse settimane è stato zona arancione, con l’applicazione di misure ulteriormente restrittive rispetto al resto della regione. Su tutte, la sospensione pressoché generalizzata delle attività economiche.

Come base di partenza, interventi e opere per quasi 300 milioni di euro, in gran parte già progettate, finanziate e cantierabili, in tutti i settori: dalla sanità alla scuola, dalle infrastrutture alla difesa del suolo, passando per turismo, sport, rigenerazione urbana. Fondi in gran parte pubblici, più cofinanziamenti privati.

L’impegno condiviso tra sindaci e Regione è su tre livelli: selezionare le priorità strategiche per il territorio di area vasta, censire tutti gli interventi progettati e finanziati ma non ancora appaltati, verificandone l’effettiva e rapida realizzabilità, individuare interventi immediatamente cantierabili, anche col contributo della Regione, per far ripartire il lavoro lungo tutta la filiera delle costruzioni. In particolare, rispetto agli assi prioritari del sociosanitario, della scuola e della cultura, della mobilità e della sicurezza del territorio, della casa.

“Il territorio di Rimini ha pagato un prezzo particolarmente alto all’epidemia- afferma il presidente Bonaccini-, non solo da un punto di vista sanitario, con i tanti malati e le tante persone che ci hanno lasciato e che non dimenticheremo. A tutti loro va il nostro pensiero. Ma anche per le pesanti limitazioni che i suoi cittadini hanno dovuto sopportare a causa dei maggiori controlli e delle maggiori restrizioni che abbiamo introdotto per lungo tempo in accordo con i sindaci e le istituzioni. I riminesi hanno però risposto nei giorni più bui con straordinario senso di responsabilità, e di questo li ringrazio. Se oggi possiamo provare a guardare con fiducia al futuro lo dobbiamo anche al loro sacrificio”.

“Ma Rimini è anche una delle capitali mondiali del turismo- sottolinea il presidente- oltre che un territorio intessuto di creatività, spirito imprenditoriale, energie, con aziende e professionalità inestimabili. E in questa fase 2 rischia di pagare un prezzo più alto proprio per le condizioni di convivenza con il virus. Se da un lato abbiamo dedicato una sforzo straordinario insieme alle rappresentanze sociali per la condivisione di protocolli per la ripartenza sicura, dall’altro adesso vogliamo sostenere attivamente un nuovo avvio, insieme: per questo con i sindaci e gli amministratori locali vogliamo stringere un patto per la ricostruzione che ci porti a concentrare ogni risorsa, capacità e progettualità per disegnare insieme uno sviluppo di qualità e sostenibile, fonte di buona occupazione, che non lasci indietro nessuno. Vogliamo recuperare ogni posto di lavoro perso o che potremmo perdere, crearne di nuovi. Far partire da qui oggi, da Piacenza domani, e più in generale dall’Emilia-Romagna, un grande piano di investimenti pubblici. Per questo serve che ogni amministrazione verifichi tutti i progetti possibili e il loro stato di avanzamento, per poterli portare avanti tutti insieme, semplificando al massimo ogni procedura, pur nella massima legalità. In Regione lo abbiamo fatto: vogliamo iniziare da lì, condividendolo con ogni amministrazione, al di là di confini e colore politico, ascoltando le esigenze di tutto il territorio- chiude Bonaccini- per arrivare entro un mese a sottoscrivere un piano di investimenti straordinario per la provincia di Rimini”.

Fra denaro, beni e servizi l’Ausl Romagna ha ricevuto dal territorio della provincia di Rimini donazioni per 1,8 milioni di euro. Ammontano a quasi 1 milione le donazioni in denaro e poco più 800 mila euro il valore della donazione di beni e servizi.

Rimini ha pertanto risposto con generosità, considerato che ad oggi nell’intera Romagna sono stati raccolti 10 milioni di euro, 7 in denaro e 3 in servizi.

I donatori di denaro sono stati 668: 572 hanno versato fino a 1.000 euro; 71 fra 1.000 e 10.000 euro; 23 fra 10.000 e 100.000 euro; 2 hanno donato 100.000 euro.

Fra i beni strumentali sono stati donati ventilatori, respiratori, monitor multiparametrici, ecografi, letti Covid, saturi metri, un eco tomografo, un’ambulanza.

Ricevuti in donazioni anche beni sanitari di consumo quali guanti monouso, mascherine, visiere, camici.

A Rimini finirà anche la donazione della banca d’Italia di 2,9 milioni finalizzata alla realizzazione del reparto Coivd.

"Avremo, penso domani, un confronto con il governo proprio su come nelle Regioni dovranno essere recepite le linee guida”, ha dichiarato il presidente della regione, Stefano Bonaccini. Bisognerà quindi attendere ancora domani per sapere se gli operatori dovranno attenersi ai documenti dell’Inail (molto più rigidi e restrittivi) o alle linee guida che la Regione Emilia Romagna ha concordato con le associazioni di categoria. Il problema è che la data di riapertura è dietro l’angolo, lunedì 18 maggio.

"Se le linee guida Inail fossero così rigorose che per un esercente, un barista, un ristoratore o un gestore di stabilimento balneare – ha detto Bonaccini in collegamento con gli studi di La/ 7 diventa praticamente impossibile aprire, sarebbe un bel problema“ commenta il presidente. Per quanto riguarda l'Emilia Romagna, il governatore ha ricordato che "noi abbiamo già raggiunto le linee guida regionali con gli operatori degli stabilimenti balneari e quelli della ricettività turistica. Adesso sono curioso di leggere parola per parola, punto per punto, le linee guida Inail. Vediamo se corrisponde tutto al centimetro". 

Bonaccini ha anche annunciato un piano di investimenti speciali per Piacenza e epr Rimini, le zone più colpite dalla pandemia.

Nella provincia di Rimini la Cassa integrazione in deroga è stata fino ad oggi accolta per 3406 unità produttive, con 9.915 lavoratori coinvolti, per un totale di 2 milioni 682 mila ore lavorati. Questi dati corrispondono al 94,9 per cento delel ore lavorate. Rimini si conferma fra le province più colpite dall’emergena econonica da Coronaviorus: come numero delle unità produttive coinvolte (10,7 per cento) viene al terzo posto dopo Bologna (24,4)e Modena (15,2).

In Emilia-Romagna quasi il 97% delle richieste di Cassa integrazione guadagni in deroga ha riguardato il settore dei servizi. Questo a conferma che i comparti dove le ricadute dell’emergenza sanitaria Covid-19 hanno colpito più duro, e ultimi a uscire dal lockdown, sono quelli del commercio al dettaglio e all’ingrosso, servizi di alloggio e di ristorazione e delle attività professionali, culturali, scientifiche e tecniche. Circa 32 mila le unità produttive coinvolte, 27 milioni le ore perse, mentre i lavoratori che hanno dovuto far ricorso all’ammortizzatore sono quasi 96 mila unità, in stragrande maggioranza operai e impiegati (rispettivamente 48,2% e 43,1%), soprattutto donne (61,8%). Inoltre, delle 43.812 richieste presentate alla Regione, l’86% (37.573) è già autorizzato e trasmesso all’Inps per il pagamento dell’integrazione salariale.
È questo il quadro regionale della Cassa integrazione in deroga in Emilia-Romagna, relativo alle domande istruite e consegnate all’Inps dall’Agenzia regionale per il Lavoro. I numeri, aggiornati all’8 maggio 2020, sono riferiti alle domande previste dal Decreto 9 del 2 marzo 2020 (“Misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19”) e dal Decreto 18 del 17 marzo 2020 (“Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19”).

“È evidente come la cassa integrazione in deroga abbia dato una risposta indispensabile alla tenuta sociale- ha dichiarato l’assessore regionale allo Sviluppo economico e Lavoro, Vincenzo Colla- soprattutto per i lavoratori delle piccole e medie imprese dei settori del terziario e dei servizi. Un fatto enorme dal punto di vista della dimensione della misura che ha coinvolto 96 mila lavoratori, tra cui molte donne. La prossima settimana chiuderemo al 100% tutte le richieste che ci sono pervenute. Per questo mi sento di tranquillizzare i lavoratori, consapevole delle turbolenze che hanno dovuto attraversare rispetto alle aspettative sui tempi di pagamento”.

“In questi giorni – aggiunge l’assessore Colla– stiamo registrando una novità: siamo passati da circa 3 mila domande di cassa alla settimana a 400 domande a conferma che il 4 maggio è stata una riapertura vera. Se riusciamo a far ripartire il 18 anche i settori del commercio e dei servizi, facendo planare gli ammortizzatori, la ripresa delle condizioni di lavoro sarà a cascata positiva anche per le condizioni economiche delle famiglie. In Emilia-Romagna i nostri sforzi vanno nella direzione di scongiurare, puntando sul lavoro, di passare da una pandemia sanitaria a una pandemia sociale”.

In Emilia-Romagna sono complessivamente 43.812 le domande di Cig in deroga presentate all’Agenzia per il lavoro dell’Emilia-Romagna da parte di 32.258 datori di lavoro. Delle domande presentate (al netto di quelle annullate successivamente dagli stessi datori di lavoro), 41.763 sono state già valutate (95,4% del totale), mentre la restante quota del 4,6% si riferisce a domande in corso di valutazione. Le richieste autorizzate e trasmesse all’Inps per il pagamento dell’integrazione salariale sono attualmente 37.573, una quota pari all’85,8% di tutte le domande pervenute all’Agenzia regionale per il lavoro. Le domande autorizzate si riferiscono a 30.172 datori di lavoro privati, 31.962 unità produttive, 95.574 lavoratori e 26.767.114 ore di lavoro.
Dei 95.574 lavoratori interessati dalle domande finora autorizzate, la maggioranza è rappresentata da donne (61,8%) e lavoratori italiani (85,4%). A livello di qualifiche professionali, il 48,2% dei lavoratori interessati sono operai e il 43,1% impiegati. La quota restante è composta da apprendisti (7,9%) e da quadri (0,7%).
Appartiene al terziario la quota preponderante di datori di lavoro a cui sono state autorizzate le domande di Cassa in deroga: rappresentano ben il 96,8% delle unità produttive, il 96,4% di lavoratori e il 96,3% di ore autorizzate. La quota restane è distribuita tra l’industria (il 2,0% di lavoratori e il 2,2% di ore), le costruzioni (lo 0,8% di lavoratori e lo 0,9% di ore) e l’agricoltura, silvicoltura e pesca (lo 0,8% di lavoratori e lo 0,6% di ore). Nell’ambito dei servizi, il commercio al dettaglio e all’ingrosso concentra il 30,5% di unità produttive, con il 33,0% di lavoratori e una quota relativamente superiore di ore autorizzate (38,5%). Seguono i servizi di alloggio e di ristorazione (con il 26,8% di unità produttive, a cui corrisponde il 29,3% di lavoratori coinvolti e il 23,1% di ore autorizzate), le attività professionali, scientifiche e tecniche (con il 10,1% di unità produttive, il 7,4% di lavoratori e l’8,4% di ore) e la sanità e assistenza sociale privata(con l’8,5% di unità produttive, il 6,1% sia di lavoratori sia di ore).

Un numero di clienti limitato in base alle dimensioni del negozio per garantire la distanza di almeno un metro; percorsi differenziati di entrata e uscita dai locali; ingressi scaglionati per evitare assembramenti garantiti eventualmente anche dall’estensione dell’orario di apertura; ampia disponibilità di dispenser per disinfettare le mani soprattutto vicino a tastiere, touch screen e casse; obbligo di guanti e mascherine per addetti e clienti, ove non sia possibile mantenere il distanziamento interpersonale; pulizia e igienizzazione quotidiana degli ambienti e dei banchi di vendita; organizzazione degli spazi in negozi, centri commerciali e aree all’aperto per assicurare  il distanziamento tra le persone. E per la vendita di vestiti e calzature, per toccare gli articoli sono obbligatori i guanti “usa e getta” per i clienti.

Con regole capaci di garantire la sicurezza, in Emilia-Romagna da lunedì 18 maggio potranno riaprire le serrande tutti i negozi al dettaglio e quelli nei centri commerciali oltre a riprendere il commercio ambulante, sia singolarmente che in mercati, fiere, mercatini degli hobbisti.

Si è tenuto ieri l’incontro tra Regione, associazioni di categoria, sindacati e Comuni del territorio conclusosi con l’adozione delle linee guida per la riapertura nella fase 2 delle attività commerciali al dettaglio che condividono misure in parte già sperimentate nei negozi rimasti aperti durante il lockdown a cui se ne aggiungono altre modulate in base alle specifiche attività.

E per tutti i tipi di esercizi,  che siano al chiuso o all’aperto, le regole del commercio in sicurezza si fondano su alcuni pilastri: informazioni costanti e dettagliate alle persone sui comportamenti da osservare per garantire la sicurezza e contrastare il rischio di contagio; organizzazione degli spazi  funzionali al distanziamento sociale tra dipendenti, operatori e clienti; dotazione al personale dei dispositivi di sicurezza personale  (mascherine, guanti, cuffie, occhiali, camici…) anche in base al tipo di mansione oltre a un’adeguata formazione per un uso corretto.

Le linee guida
Si comincia con l’ingresso dei clienti nei negozi che dovrà essere accompagnato da cartelli informativi ben visibili – nelle zone turistiche anche in inglese - con i comportamenti da tenere per garantire la sicurezza a cominciare dalla distanza di almeno un metro tra le persone. In ogni caso per evitare assembramenti, dove è opportuno e possibile vanno previsti percorsi differenziati di entrata e uscita dai locali, ingressi scaglionati che possono essere garantiti anche con l’estensione dell’orario di apertura, presenze contingentate in base alle dimensioni dell’esercizio (fino a, 40 mq una persona alla volta e al massimo due operatori). Possibile anche l’installazione di un sistema elimina code all’ingresso per evitare la formazione di file, ordini telefonici e acquisti online se compatibili con i prodotti in vendita, oltre alla massima attenzione al momento del pagamento con contanti o con il POS portatile che va disinfettato al termine di ogni operazione.
Anche gli ambienti comuni, così come quelli riservati ai dipendenti, devono essere puliti ed igienizzati – in base alle regole previste dalla Regione -  almeno due volte giorno e ben areati.
Va garantita grande disponibilità e accessibilità a sistemi e dispenser per disinfettare le mani soprattutto vicino a tastiere, touch screen e alle casse che potranno essere corredate anche di opportune segnalazioni a terra e protezione, come ad esempio barriere in plexiglas, per garantire la distanza tra le persone. Il distanziamento interpersonale di almeno un metro va garantito anche durante gli acquisti con una corretta distribuzione dei prodotti in vendita oltre a spazi adeguati ad esempio tra gli scaffali.
Addetti e clienti, in caso non si possa mantenere la distanza di un metro, devono indossare le mascherine e usare guanti "usa e getta" in particolare se si acquistano alimenti e bevande.
I negozi di abbigliamento dovranno essere forniti di guanti monouso per i clienti per toccare gli articoli, pulire e disinfettare ogni giorno le cabine di prova.
Queste misure valgono anche tutti gli esercizi collocati all’interno di Centri commerciali, in questo caso infrastrutture e spazi comuni vengono gestiti in modo unitario, in caso di servizi e attività come banche o servizi alle persone che attraggono molti clienti possono essere necessarie particolari misure.
Tra le misure specifiche, la gestione dei parcheggi all’aperto, interrati o multipiano, con segnalazione dei percorsi e dei varchi di ingresso e di uscita al centro. Il metro di distanza deve essere garantito anche su rampe e scale mobili così come negli ascensori. Unica deroga alla distanza vale per le persone che in base alle norme vigenti non sono tenute al distanziamento (stesso nucleo familiare etc.).
Stesse regole, ovviamente commisurate al numero di accessi, per quanto riguarda gli ingressi e le uscite che dovranno essere gestiti per garantire una distribuzione ottimale, con la definizione di percorsi interni attraverso segnaletica adesiva sui pavimenti e I’uso di mascherine da parte dei clienti.
Per quanto riguarda i servizi igienici - che dovranno essere puliti e disinfettati più volte al giorno - si dovrà fissare un numero massimo di presenze contemporanee.
Anche nel caso delle attività di commercio al dettaglio che si svolgono su aree pubbliche come mercati, fiere e mercatini degli hobbisti, valgono le indicazioni di carattere generale per garantire la sicurezza di operatori e clienti. I Comuni che ospitano le attività dovranno regolamentarne la gestione, in accordo con i titolari dei posteggi, individuando le misure più efficaci in base al contesto per assicurare il distanziamento ed evitare gli assembramenti anche con corsie a senso unico, l’impiego di segnaletica orizzontale o in prossimità dei banchetti fino all’ampliamento dell’area del mercato con un maggiore distanziamento dei posteggi.
A carico dei titolari le operazioni di pulizia quotidiana, prodotti igienizzanti per le mani in ogni banco, il rispetto del distanziamento interpersonale di almeno un metro dagli altri operatori anche nelle operazioni di carico e scarico, l’uso dei dispositivi di protezione personale.
In caso di vendita di abbigliamento vanno previsti guanti monouso per la clientela e per i capi usati è obbligatoria l’igienizzazione.
Queste stesse condizioni ed indicazioni vanno applicate anche nei casi di banchi singoli non inseriti in fiere o mercati e per il commercio itinerante su mezzi motorizzati.

No all’assembramento dei clienti all’ingresso dei locali, promuovendo l’utilizzo di sistemi di prenotazione telefonica e digitale. Installazione di dispenser con gel igienizzanti per la pulizia delle mani e di apposita cartellonistica sulle regole di comportamento da seguire, anche in lingua inglese. Distribuzione dei tavoli in modo da garantire la distanza di almeno un metro tra le persone sedute, fatte salve le eccezioni alle regole sui distanziamenti previste dalle norme vigenti (stesso nucleo familiare, ecc.), dando la preferenza, se possibile, alla sistemazione all’aperto (dehors). E stop ai buffet a self-service.

Dopo stabilimenti balneari, alberghi e altre strutture ricettive, sono pronte le linee guida, omogenee su tutto il territorio dell’Emilia-Romagna, per contrastare la diffusione dell’epidemia da Covid-19 in vista della riapertura degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande e delle attività di asporto e consumo sul posto (ristoranti, bar, pizzerie, piadinerie, paninoteche, chioschi, ecc.) fissata per lunedì prossimo 18 maggio, dopo oltre due mesi di lockdown.

Le regole generali
Il documento, tra le misure di carattere generale, insiste molto sulla responsabilizzazione dei clienti nell’assunzione di comportamenti rispettosi delle misure di sicurezza e prevenzione e nell’adozione da parte dei titolari degli esercizi di tutti i possibili strumenti di comunicazione rivolti alla clientela sulle regole di accesso e comportamento.

In particolare, gli esercenti sono tenuti ad informare gli avventori circa le disposizioni in vigore, affiggendo all’interno del locale cartelli esplicativi e mettendo a disposizione appositi depliant, in italiano e in inglese. Riguardo all’organizzazione degli spazi, per evitare gli assembramenti ed assicurare le misure di distanziamento interpersonale dei dipendenti e della clientela - almeno un metro tra una persona e l’altra - il protocollo suggerisce di privilegiare gli spazi all’aperto, sollecitando la concessione da parte dei Comuni di nuove occupazioni di suolo pubblico (dehors), compatibilmente con il contesto urbano.

Il personale dovrà esser dotato di specifici dispositivi di protezione individuale (Dpi), mascherine in primis, e adeguatamente informato/addestrato sul loro uso. È poi necessaria una costante igiene delle mani mediante appositi prodotti, mentre mascherine, guanti monouso e disinfettanti per superfici dovrebbero essere messi a disposizione, anche a pagamento, agli ospiti che ne facciano richiesta.

Invece non è obbligatoria la misurazione della temperatura corporea per l’ingresso nel locale di dipendenti, che sono comunque invitati ad astenersi dal lavoro in caso di sintomi sospetti e devono presentare certificato medico di avvenuta guarigione se reduci da infezione da coronavirus.

Le linee guida condivise regionali, che si rifanno al protocollo sottoscritto il 24 aprile scorso da Governo e parti sociali, dedicano poi una speciale attenzione alle attività di pulizia, disinfezione e sanificazione, che dovranno essere effettuate almeno due volte al giorno, con particolare riguardo a servizi igienici, maniglie di banchi ed armadi, frigoriferi e terminali Pos.

Dopo aver indicato le regole generali valide per tutti gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, il protocollo passa poi ad illustrare le norme e i criteri che si applicano alle singole tipologie di imprese.

Ristorazione
Viene ribadito che all’ingresso del locale dovrà essere installata un’apposita cartellonistica, in italiano e inglese, per ricordare agli avventori le norme di comportamento da seguire. Per evitare assembramenti è prevista, se possibile, la separazione degli accessi in entrata e uscita, oltre al ricorso a sistemi di prenotazione telefonica e digitale con scaglionamento delle presenze. Assolutamente sconsigliato l’uso di appendiabiti in comune, il servizio guardaroba viene fornito solo se è possibile evitare il contatto tra gli abiti e gli altri oggetti personali dei diversi ospiti, ad esempio gli ombrelli.

Passando all’organizzazione degli spazi interni, i tavoli sono distribuiti in modo da garantire la distanza di almeno un metro tra le persone sedute, fatta eccezione per gli ospiti che appartengono allo stesso nucleo famigliare o che alloggiano nella stessa camera, nel caso di un albergo, o comunque tutte le eccezioni previste dalle norme vigenti. La raccomandazione, comunque, è di privilegiare la sistemazione dei tavoli all’aperto, attraverso dehors o soluzioni simili, quando è possibile.

Il personale di sala dovrà ovviamente indossare le mascherine in tutti i casi ove non sia possibile mantenere il distanziamento di almeno un metro. Vietati buffet a self-service, mentre è consentito un servizio di selezione di cibi esposti distribuiti dal personale di sala. Si consiglia l’adozione di menu digitali su dispositivi dei clienti o, in alternativa, si procede alla igienizzazione dei menu dopo ogni uso. La biancheria da tavolo va sostituita ad ogni cambio di cliente, cosi come l’igienizzazione dei tavoli.

L’accesso ai servizi igienici dovrà avvenire evitando assembramenti e i bagni a disposizione dei clienti dovranno essere dotati di prodotti igienizzanti per la pulizia delle mani. Per saldare il conto è preferibile usare sistemi di pagamento digitali (carte di credito, bancomat, ecc.). In ogni caso davanti alla cassa potranno essere collocate barriere di protezione in plexiglass.

Bar
Le regole di accesso ai bar ricalcano quelle adottate per i ristoranti. Quindi ingressi contingentati, affissione cartelli informativi, forme di segnalamento a terra, presenza di dispenser con gel igienizzante. Il servizio al banco deve avvenire con il distanziamento interpersonale di almeno un metro. Tassativamente escluso il fai-da-te, i prodotti in vendita (paste, pizzette, cracker, ecc.) dovranno essere serviti dal personale, possibilmente con servizio ai tavoli. Anche qui distribuiti in modo da garantire la distanza di almeno un metro tra i frequentatori. I tavoli vanno puliti e disinfettati ad ogni cambio di cliente. Si incentivano il take away e la consegna a domicilio.
Per quanto riguarda servizi igienici e sistemi di pagamento, anche per i bar valgono le stesse regole dei ristoranti. Le procedure di sicurezza adottate nei locali interni vanno applicate anche per la gestione degli spazi esterni (dehors), con particolare attenzione per il corretto distanziamento tra i tavoli e la loro pulizia e disinfezione.

Asporto e consegna a domicilio
I cibi da asporto devono essere consegnati in contenitori idonei monouso accuratamente chiusi, sempre nel rispetto della distanza interpersonale di un metro. Alla consegna del prodotto personale dell’esercizio e clienti sono tenuti ad indossare mascherina e guanti monouso.
Per le consegne a domicilio, su ordinazione telefonica oppure on line, gli addetti sono tenuti ad indossare mascherina protettiva e guanti monouso e all’atto della consegna devono rispettare la distanza di almeno un metro dal cliente. Favoriti i sistemi di pagamento elettronici all’atto dell’ordinazione. Se invece il pagamento viene effettuato in contanti o tramite Pos portatile, l’operatore provvede alla disinfezione delle mani e del Pos dopo ogni operazione.

Rispetto alla versione circolata nei giorni scorsi, nella bozza di decreto rilancio entrata ieri alle 17 in Consiglio dei Ministri, sul turismo sono intervenute alcune variazioni.

La più significativa è indubbiamente la cancellazione della prima rata dell’IMU per gli alberghi e le altre strutture ricettive, nonché per gli stabilimenti balneari. A ristoro dei mancati introiti per i Comuni è istituito un fondo di 155 milioni che sarà ripartito entra trenta giorni dalla pubblicazione del decreto.

Istituito anche un fondo di 100 milioni di euro a parziale ristoro delle mancate entrate per l’imposta di soggiorno. Il ristoro è molto parziale, considerando che solo per il Comune di Rimini l’imposta di soggiorno garantiva un’entrata di circa 10 milioni.

È confermata la decisione di non far pagare ai pubblici esercizi l’occupazione di suolo pubblico per il periodo che va da maggio a ottobre. Per il ristoro dei mancati introiti per i Comuni c’è un fondo nazionale di 17 milioni di euro.

È confermata la tax credit per le vacanze degli italiani fino a un massimo di 500 euro a famiglia. Rispetto alla versione precedente, il bonus va a chi ha un reddito Isee inferiore a 40 mila euro. L’importo viene suddiviso per l’80 per cento come sconto praticato dall’albergatore e per il 20 per 20 come credito di imposta del cliente. Il bonus si può spendere anche in agriturismo e bed and breakfast e non può essere usato con intermediari telematici, ovvero le Ota.

Il fondo per la promozione turistica scende da 30 a 20 milioni.

Fondo di 25 milioni per i danni subiti da agenzie di viaggio e tour operator.

(Rimini) “Così noi non riapriamo”. E’ secco il presidente di Confcommercio della provincia di Rimini, Gianni Indino, dopo l’ennesima giornata di confronti, sondaggi e telefonate con gli associati.

“I piccoli commercianti e i gestori di pubblici esercizi del territorio sono ormai allo stremo – spiega - non solo economicamente per la chiusura forzata, ma soprattutto per l’assoluta mancanza di chiarezza e ufficialità nelle linee da seguire per la riapertura. Ci sentiamo traditi: da due mesi si rincorrono notizie di stampa, annunci televisivi, bozze di provvedimenti, conferenze, indiscrezioni poi smentite, circolari, ipotesi… mentre le imprese hanno bisogno di certezze e prospettive su cui lavorare. Basta con la corsa agli annunci! Vogliamo leggi e direttive scritte e univoche a cui poterci affidare senza doverle interpretare o ancora peggio senza dover aspettare le interpretazioni di chissà quale ente.

Quella dei protocolli per la riapertura è ormai diventata una barzelletta e farebbe anche ridere se in tutta questa situazione non ci fosse da piangere. Dopo settimane di attesa spasmodica per l’uscita di un protocollo per adeguare i nostri locali alle direttive anticontagio, a pochi giorni dalla riapertura siamo ancora con un pugno di mosche in mano. Ammesso che poi il 18 facciano riaprire negozi e pubblici esercizi, visto che anche sulla data in realtà non c’è ancora nulla di ufficiale.

Stiamo vivendo in un eterno corto circuito in cui la mano destra sembra non sapere cosa fa la sinistra, come abbiamo purtroppo constatato con le ormai famigerate regole per la riapertura, in cui nello stesso giorno vengono proposte linee diametralmente opposte, molte delle quali insostenibili per la stragrande maggioranza delle attività. La cartolina che si propone per la nostra destinazione turistica è di una destinazione ospedalizzata che mal si concilia con la voglia e l’idea di vacanza in Riviera. Abbiamo a cuore la salute di tutti, ma il senso della misura deve esserci.

A rischio c’è l’intero comparto turistico: se la macchina continua a rimanere ferma, le stesse amministrazioni rischiano di andare in default insieme alle imprese. Mai come adesso è il momento per il governo di allargare i cordoni della borsa e aiutare il sistema turismo anziché affossarlo. Questa enorme incertezza mina la riapertura stessa delle imprese più della pur impellente questione economica e rischia di vanificare gli sforzi che tutti abbiamo fatto in questi mesi chiusi in casa.

Senza dimenticare che sul capo di chi vuole riaprire pesa anche l’interpretazione incoerente del contagio da Covid dei lavoratori come infortunio sul lavoro, che va a punire anche le imprese che rispettano i protocolli di sicurezza, esponendo il datore di lavoro a gravi conseguenze sul piano penale e dei risarcimenti. Chi se la sente di riaprire l’attività con questo quadro? Invece di far ricadere anche questa responsabilità sul capo dell’imprenditore, si pensi ad istituire un Fondo a copertura dei danni da Covid che sostenga lavoratori e imprese per questo tipo di problematiche che nulla hanno a che vedere con l’azienda nel momento in cui i protocolli di legge siano rispettati".

Pagina 34 di 64