(Rimini) “Un tavolo comune tra amministrazione comunale, associazioni di categoria, esercenti per fermare la desertificazione del tessuto urbano”. Achiederlo è Giammaria Zanzini, presidente Federmoda Rimini, membro giunta Confcommercio Rimini, presidente Associazione Nuova Marina Centro. Zanzini chiede anche “nuove norme locali sulla concessione di licenze e cambi di destinazione d'uso degli esercizi commerciali, facilitazioni per chi investe in qualità dei prodotti, dei servizi e crea ricaduta positiva sulla vita sociale e economica della città”.
Nel mirino di Federmoda “minimarket, rivendite di cianfrusaglie orribili, caldarrostai bengalesi in pieno luglio, uno stuolo infinito di rivenditori extracomunitari di merci false, mille insegne in un inglese 'de noantri', marea di B&B spuntati ovunque come funghi”. Zanzini prende spunta dall’editoriale sul paesaggio urbano di città d'arte, borghi storici, piccoli e grandi centri abitati di buona parte del Paese, firmato dallo storico Ernesto Galli della Loggia, sul Corsera della scorsa settimana. Il titolo è "la bellezza perduta". Della Loggia punta l'indice su una trasformazione urbana nel segno di "una informe poltiglia turistico-commerciale", destinata a rendere più povere, brutte e meno vivibili le nostre città. A farci perdere ciò che la nostra storia e tradizione ci hanno lasciato. È un fenomeno che riguarda anche Rimini. Al posto di attività "storiche" come libreria "Moderna" o dell'autoconcessionaria "Antonelli", oggi troviamo dei bazar basso di gamma. A Marina Centro, al posto di una conosciuta boutique d'abbigliamento, è arrivato un minikarket dell'incerto profilo. Le statistiche sono da paura. Dal 2013 al 2015 in provincia hanno chiuso i battenti 1.024 tra imprese e esercizi commerciali. Nel primo trimestre di quest'anno abbiamo già raggiunto 143 cessazioni di attività. Mille posti di lavoro in meno in 36 mesi (dati Registro delle imprese Camera di Commercio RN).
“Tutto questo - spiega Zanzini - è sostituito da attività "mordi e fuggi", prive di progetti di medio o lungo periodo e con un'offerta improbabile e di bassissima qualità. Un fenomeno, che incide negativamente sulla qualità del tessuto urbano, su l'offerta di beni e servizi di buon livello che, una città a vocazione turistica come Rimini, deve necessariamente mantenere. Anche perché soluzioni al problema ci sono. In tante città italiane le stanno già adottando. Si può partire dai criteri di concessione delle licenze commerciali, alle norme su arredo urbano, dalle autorizzazioni ai cambiamenti di destinazione d'uso del locale, per arrivare alle agevolazioni fiscali per chi affitta i suoi locali a attività commerciali di qualità. Ad Asti sono stati applicati canoni calmierati per i negozi del centro. Contratti che garantiscono i proprietari dei locali con fideiussione, li premia con una riduzione dell'IMU e abbassa drasticamente i costi fissi del commerciante. A Pistoia il nuovo regolamento sul commercio vieta l'apertura di nuovi minimarket nel centro cittadino sia stranieri sia a italiani. Unica eccezione quelli per la vendita di prodotti tipici locali e regionali. Anche a Lucca e Pisa stesse norme. A Firenze il Comune vuole fuori dalla zona più bella della città, 200 tra minimarket con alcolici, internet point, pizzerie a taglio e money transfer. In riva d'Arno no vendita per asporto di alcolici dopo le 21 e obbligo per i minimarket di essere grandi almeno 40 mq e dotarsi di servizi igienici accessibili anche ai disabili. Mentre, un esercizio "storico" della città non può cambiare destinazione d'uso, senza un parere della giunta. La consapevolezza è che la riqualificazione del territorio passa inevitabilmente per un innalzamento dell'offerta commerciale. E il ministro Franceschini con un decreto ha pure dato mandato ai sindaci, d'intesa con le Regioni, di subordinare l'autorizzazione attività commerciali alla compatibilità con zone di particolare valore storico e paesaggistico. È un tema da affrontare anche a Rimini, a partire magari da tre quartieri come centro storico, Borgo S. Giuliano e Marina Centro. Basta aprire e fare lavorare un tavolo con amministrazione comunale, uffici competenti, esercenti e associazioni di categoria. Obiettivo frenare il declino e riprogettare in modo condiviso il futuro del nostro tessuto urbano e della sue attività commerciale e produttive. Ne abbiamo bisogno”.
Federmoda chiede tavolo contro desertificazione urbana
Lunedì, 17 Ottobre 2016
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