Provincia unica di Romagna: da Bologna il sì dell’assemblea legislativa. Il dibattito
Via libera dall’assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna al progetto di legge di riordino delle Province (da nove a quattro più Bologna città metropolitana) così come proposta dal Consiglio delle autonomie locali (Cal) e già fatta propria dalla giunta regionale e dalla commissione affari istituzionali. L’Aula ha approvato con il voto favorevole di Pd, Udc, Sel-Verdi (contrari Idv, Lega Nord, Misto di Matteo Riva e Fabio Filippi del Pdl, astenuti Fds e Pdl, non ha partecipato al voto il Mov5stelle).
«Abbiamo cercato, nei limiti oggettivi delle norme nazionali e in attesa del pronunciamento della Corte costituzionale, di iniziare un percorso innovativo di riordino, che non si deve fermare qui», ha sottolineato il presidente della Regione Vasco Errani nel suo intervento in aula. «L’obiettivo - ha detto - è una cooperazione per governare meglio il territorio e io auspico che si possa aprire, nella prossima legislatura, una dimensione costituente per modificare la seconda parte della Costituzione, senza alcune forma di centralismo e con una idea riformatrice che vada oltre le norme di cui stiamo discutendo oggi. Nel frattempo - ha aggiunto Errani - cerchiamo di fare al meglio e di prenderci quagli spazi che le norme ci lasciano. Qui non stiamo parlando di nuovi luoghi identitari, di nuove gerarchie, stiamo cercando di individuare la dimensione più appropriata per governare in modo efficace e innovativo alcune funzioni. In questo senso siamo all’inizio di un percorso che dal basso esprima un orientamento e costruisca una riforma del nostro sistema istituzionale».
La proposta sarà quindi inviata al governo domani, in linea col programma dettato dal decreto. In Emilia Romagna saranno accorpate Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini nell’unica Provincia di Romagna, Reggio Emilia e Modena, Piacenza e Parma. Non si tocca Ferrara, mentre dalla Provincia di Bologna nascerà la città metropolitana. L’assemblea ha inoltre approvato un emendamento presentato dalla giunta che lascia alle comunità locali il potere di decidere i nomi dei nuovi Enti nati dagli accorpamenti.
Durante il dibattito è intervenuto il consigliere riminese Roberto Piva (Pd). «Una sfida – ha detto – che deve vedere in primo luogo le amministrazioni locali e il mondo economico e dell’associazionismo impegnati per realizzare una vera unione amministrativa non frutto di delibera ma che nasca dal basso». Secondo Piva, inoltre, «il territorio riminese sarà il volano della nuova Provincia, in un’ottica di vera interpretazione dei territori».
Adesso il lavoro va avanti e «le funzioni, il personale dell’attuale Provincia, le infrastrutture presenti (fiera, palacongressi, aeroporto), la Sanità ed altro, devono rappresentare i veri terreni di discussione e decisione», ha concluso Piva.
Per Gianguido Bazzoni (Pdl) «non va dimenticato il lungo impegno di chi ha sempre rivendicato le ragioni storiche e culturali dell’entità chiamata Romagna. E anche se quella imposta dal Governo appare una riforma del tutto inadeguata, l’unificazione delle tre Province romagnole è il frutto maturo di una lunga elaborazione, con una forte coesione fra le forze politiche. Restano almeno un paio di incongruenze, di situazioni ambigue: il mantenimento della Provincia di Ferrara e la mancata adesione alla Romagna del territorio imolese».
Netto il giudizio di Liana Barbati (Idv). «È un disordino, e non un riordino, manca sia di democraticità che di rappresentatitività, non è nemmeno contemplata la partecipazione dei cittadini, mi rendo conto della difficoltà del Cal e della Giunta di fare una proposta, non potevano che scontentare tutti perché la norma è sbagliata a livello nazionale, ma questa soluzione è solo un ibrido senza risparmi». Tant’è vero che non è nemmeno chiarito, sostiene Barbati, «che fine faranno le Prefetture, le sedi degli enti, i dipendenti, i beni». Allora, si chiede la consigliera, «perché non rafforzare il ruolo dei Comuni anziché ridurlo?», e conclude «l’articolo 17 del decreto per la spending review viola palesemente l’articolo 133 della Costituzione».
Dare ai Comuni «strumenti che permettano la pianificazione per aree più vaste dei loro confini territoriali, con spazi per la partecipazione democratica dei cittadini», e creare «conferenze pianificatorie tematiche, trasparenti, con un direttore e un suo staff e con rappresentanti politici anche eletti», è la proposta per il riordino delle Province di Giovanni Favia (Mov5stelle), che annuncia come davanti alla delibera della Giunta la scelta del suo gruppo sia di «non partecipare al voto, perché non riconosciamo il percorso che ha portato a questo documento». Infatti, secondo Favia, «gli accorpamenti nascono per risparmio e per semplificare, e in questo caso non vedo nessuno dei due aspetti»: infatti, incalza il consigliere, «di questo guadagno non c’è prova con nessuna ricerca, mentre l’accorpamento di per sé ha costi anche notevoli e non ci può essere nulla di costituzionale nel togliere il voto a un ente di secondo grado». Il consigliere sottolinea poi come «insieme a tre grandi macro aree teniamo Ferrara autonoma, con il rischio che la richiesta di un Comune di trasferirsi farebbe venire meno i requisiti».