NON TESTE CHE CADONO. SOLO UN PO' DI RICAMBIO E SENSO DELLA REALTA'
Due fatti ugualmente simbolici, al di là delle loro specificità e differenze, hanno caratterizzato questi ultimi giorni della vita cittadina: l’elezione di Fabrizio Miserocchi a coordinatore provinciale del PdL e la messa sotto accusa, da parte della politica, del presidente della Camera di Commercio Manlio Maggioli.
Nel caso di Miserocchi si tratta di un ricambio generazionale importante, il primo, dopo il lungo regno di Marco Lombardi, fondatore di Forza Italia qui in provincia. Nel secondo, di una situazione che è ancora ferma alla prima elezione dell’attuale presidente nel lontano 1994. L'aspetto simbolico che condividono sta nella loro capacità di corrispondere o meno alla situazione che il Paese e la città stanno vivendo in questo momento.
Una premessa. Dopo l’elezione di Vitali a Presidente della Provincia e quella di Gnassi a Sindaco, oggi, con la nomina di Miserocchi il cambio generazionale della politica può dirsi praticamente compiuto. Non altrettanto è accaduto e neppure sta accadendo in molti altri enti o associazioni economiche e di categoria. E non c'è bisogno di fare tanti elenchi (magari qualcuno potrà accorgersene da solo). Così, con quanto è successo, Maggioli si è trasformato in un attimo, come sotto il tocco di una bacchetta magica (e un po' maliziosa), nel simbolo di questo blocco. E le sue esternazioni, più che “il peccato di scudo”, sono diventate l’occasione per avviare un ricambio o almeno invocarlo.
Ma non si tratta di una semplice questione di anagrafe o di discontinuità. Si tratta invece della capacità di leggere la realtà e il cambiamento che la sta attraversando anche a livello politico. Il nuovo coordinatore del PdL ha infatti scelto di presentarsi da subito come interlocutore tutto proiettato verso un dibattito sulle cose da fare, evitando le polemiche interne, supportando una sorta di Intergruppo locale, mettendo in agenda una serie di confronti con il proprio omologo nel PD. E il tempo dirà se ne sarà in grado o meno. Ma, guarda caso, i maggiorenti del Partito Democratico, caso certamente inusuale, hanno tutti partecipato al congresso del PdL che ne ha sancito la vittoria. Lo ha potuto capire bene chi ha assistito all'incontro con Maurizio Lupi ed Enrico Letta: da amici e collaboratori nell'Intergruppo, una corrente tutto sommato marginale in Parlamento, a protagonisti del potere vero. Quasi la faccia buona dei partiti al tempo del governo Monti.
Maggioli, invece, come già detto, più per le sue dichiarazioni che per aver scudato pochi spiccioli, si è dimostrato completamente avulso dalla nuova sensibilità dei cittadini reali sottoposti ai colpi della crisi, e probabilmente anche delle aziende che dovrebbe rappresentare. Non capendo che era questa, forse, l'occasione per dimostrare la propria capacità di reinventare il proprio ruolo e quello dell'ente che presiede. Confidando invece nel blocco di potere che lo ha sempre sostenuto.
Non si tratta insomma di tagliare teste. Ma sembra venuto il momento per tutti di dimostrare cosa si è capito della crisi, se si è in grado di rispondere con le risorse intellettuali e pratiche che si hanno, alle sfide che abbiamo tutti davanti. Soprattutto cominciando a rischiare in prima persona e a rispondere degli esiti della propria azione. Così che le rendite di posizione non siano più sufficienti, da sole, a giustificare il proprio potere.
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