Camere di commercio e spending review, Maggioli: Non siamo moneta di scambio
Il pericolo c’è. “A causa dei tagli della spending review, la Camera di commercio di Rimini potrebbe essere accorpata con le Camere di commercio di Forlì-Cesena e Ravenna”, a lanciare l'allarme è il presidente Manlio Maggioli. L’ente corre anche il rischio di essere usato “come ‘moneta di scambio’ in un eventuale ‘ballottaggio’, nell’ambito degli accordi sulla collocazione dei diversi enti pubblici della nuova Provincia di Romagna”. Moneta di scambio, teme Maggioli, rispetto al mantenimento della questura.
Ora, non solo di suo la Camera di commercio di Rimini gode di ottima salute e non è tra quelle che Unioncamere ha deciso di riorganizzare attraverso accorpamenti vari. C’è di più. Quello che non va bene è barattare la salute economica di un luogo con la sicurezza dei suoi cittadini e viceversa. “I bisogni delle categorie economiche sono pari a quelli della sicurezza, soprattutto in una realtà talmente specifica come Rimini. E’ lo stesso prefetto a sostenere questa necessità presso il ministero dell’Interno”, spiega il presidente dell’ente camerale. Quindi, “se da un lato non si può immaginare la fine dell'ente riminese per poter ottenere altre strutture, dall’altro, è altrettanto impensabile che Rimini non mantenga un adeguato presidio sulla sicurezza”.
Sul versante di Unioncamere Maggioli non ha timori. L’ente riminese non è tra i 36 (su 95) che per ragioni di gestione e di utilità per il territorio saranno accorpati. “Si tratta di Camere che non sono autonome sotto l’aspetto finanziario e che quindi, pur contribuendo al sostegno delle imprese per tutto l’aspetto burocratico, hanno due problemi. Il primo è che per la gestione accedono al fondo di solidarietà, perché da sole non ce la fanno. Il secondo è che di conseguenza non sono in grado di investire nello sviluppo del territorio”.
Non così la Camera di commercio di Rimini. “Noi spendiamo 60 mila euro annuali per i nostri organi (presidente compreso) e probabilmente anche quest’anno non supereremo i mille euro in spese di rappresentanza. Non abbiamo consulenze perché la nostra struttura è in grado di affrontare i problemi che le si pongono. Il costo del personale, poco meno di 70 persone, arriva al 30 per cento delle entrate correnti che si attestano sui 10milioni di euro all'anno, in quote associative e spese di segreteria”.
Un organo in salute, insomma, che ha anche investito sul territorio 26 milioni di euro. “Ci supera solo Bologna – dice Maggioli – abbiamo contribuito alla costruzione della fiera e dei palacongressi di Rimini e Riccione. Anche per quanto riguarda la partecipazione in Aeradria siamo puntuali nell’adempimento dei nostri doveri. Abbiamo un grosso patrimonio, dunque: come la metteremmo nel caso di un accorpamento ad altri enti camerali? Sarebbe amaro perdere una Camera di commercio come quella di Rimini, perché il patrimonio camerale, acquistato solo grazie al denaro versato da imprese riminesi, verrebbe diluito su un territorio più ampio”.
Intanto, però, giusto per non arrivare impreparati al giorno del giudizio, anche le Camere di commercio romagnole, nonostante tutte virtuose e dunque non tra quelle dei tagli previsti da Unioncamere nazionale, si stanno organizzando secondo una logica di area vasta. “La Camera di commercio di Rimini, seguendo questa indicazione, si è già attivata, e intende rapportarsi in modo particolare con gli enti camerali di Forlì-Cesena e Ravenna”.