Cachi, il tiramisù dello chef Umberto De Martino
I cachi sono un frutto tipico dell’autunno, stagione di cui riprendono anche il colore giallo-arancione intenso. Provengono dalla Cina, dove gli si attribuivano sette proprietà: la lunga vita, la grande ombra, l’assenza di nidi fra i suoi rami, la mancanza di tarli, la bontà del suo frutto, la possibilità di giocare con le sue foglie, utili anche come concime, e il fuoco. Il nome scientifico del caco è Dyospiros kaki, che in parte deriva dal greco (Dios cioè dio e pyros ovvero frumento, per questo anche detto pane degli dei) e dal giapponese (Kaki è l’abbreviazione del giapponese Kaki no ki, termine con cui si indica proprio il frutto benefico).
In Italia i cachi fecero la loro comparsa prima nel giardino del Boboli a Firenze nel 1871, e da lì in tutta Italia. È un albero semplice da coltivare e per questo si diffuse velocemente a partire dall’Agro nocerino, in Campania, dove nel 1916 iniziò la coltivazione dei cachi. La Campania, ancora oggi, è la regione leader nella produzione di questi frutti autunnali, seguita dall’Emilia-Romagna, soprattutto nelle zone di Imola, Faenza, Lugo, Ravenna, Forlì, Cesena e Rimini. Qui il caco viene chiamato anche loto di Romagna.
I cachi, come dicevamo, sono un frutto autunnale, raggiungono la maturazione nei mesi di ottobre, novembre e dicembre. Appena staccati dall’albero devono essere lasciati per un certo periodo a maturare in cassette di legno, possibilmente assieme ad alcune mele perché, a causa dell’elevato contenuto di tannini, i cachi appena colti risultano piuttosto sgradevoli al palato. Una volta raggiunta la giusta maturazione hanno un sapore zuccherino, che alcuni esaltano accompagnandoli con panna montata o cacao in polvere. Il celebre compositore Giuseppe Verdi, grande estimatore di cachi, li apriva a metà, li cospargeva di zucchero e li bagnava di champagne.
Lo chef Umberto di Martino del ristorante Castello Malvezzi di Brescia propone i cachi “sotto forma di tiramisù, usando la stessa ricetta di un tiramisù classico, ma eliminando il 10% di zucchero e il caffè e aggiungendo un goccio di grappa al caco frullato”. La sua varietà preferita è il “caco vaniglia campano, che, arrivato alla maturazione giusta, è un concentrato di zucchero e profumi che ti fanno pensare alla vaniglia”. In generale, “nelle cucine dagli chef non è che ce ne sia una varietà particolare, ognuno ha in mente una pietanza e una consistenza e usa ciò che gli può far raggiungere quell’obiettivo”.
E per sceglierli? Come si riconoscono i cachi migliori? “Il trucco per riconoscere un buon prodotto è il profumo! Ogni cosa che scelgo al mercato mi deve colpire innanzitutto per il profumo. Se un frutto profuma, certamente è migliore di uno che profuma meno, sia per maturazione che per coltivazione. Un caco buono, quindi, si può scegliere per il profumo, ma anche per il colore che deve essere arancio, tendenzialmente sul rossastro, e infine per le crepe che si incominciano a formare alla base del frutto”.
Carlotta Mariani