(Rimini) Nello scorso mese di gennaio i Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Rimini, coordinati dalla Procura della Repubblica di Rimini, con il supporto di 44 Reparti territorialmente competenti, per un totale di oltre 200 militari, avevano eseguito 35 misure cautelari e oltre 80 perquisizioni in Emilia Romagna ed in contemporanea in Abruzzo, Basilicata, Campania, Lazio, Lombardia, Marche, Puglia, Sicilia, Toscana, Trentino e Veneto: 12 gli arresti.
Si trattava "di un articolato sodalizio criminale con base operativa a Rimini ma ramificato in tutto il territorio nazionale, composto da 56 associati e 22 prestanome ritenuti, almeno allo stato delle indagini, responsabili di aver frodato lo Stato italiano per 440 milioni di euro commercializzando falsi crediti di imposta, introdotti tra le misure di sostegno emanate dal Governo con il Decreto Rilancio (D.L. 34/2020), durante la fase più acuta dell’emergenza sanitaria da Covid-19 per aiutare le imprese e i commercianti in difficoltà".
La prosecuzione dell’attività investigativa "aveva l’obiettivo di recuperare quanto più possibile, rafforzare il quadro investigativo e sfruttare gli esiti delle perquisizioni per lo sviluppo dell’attività: 175 gli apparati informatici sequestrati nelle perquisizioni, oltre 20 terabytes di preziosissimi dati da analizzare. Uno sforzo che ha dato come risultato il recupero di circa il 97% dell’ammontare della presunta frode, tra immobili, società, veicoli e disponibilità finanziarie e crediti che sono stati bloccati prima che venissero ceduti: di questi, oltre 80 milioni erano già stati immessi nel sistema di vendita e sarebbe bastato un click per farli sparire. Il totale dei crediti sequestrati e di cui è stata impedita la vendita ammonta a circa 305 milioni di euro".
Nelle perquisizioni "particolare attenzione è stata posta a ricostruire come gli indagati avessero impiegato i soldi, cercando quindi le tracce delle movimentazioni verso l’estero nonché di acquisto di moneta virtuale. Tra i beni sequestrati vi sono, infatti, criptovalute, attualmente custodite in un wallet così da impedirne la movimentazione, nonché oro, platino e orologi dal valore importante che erano detenuti in una cassetta di sicurezza in Austria, tempestivamente perquisita e sequestrata con la collaborazione delle autorità austriache che hanno recepito un Ordine Investigativo Europeo della Procura di Rimini, e successivamente un Ordine di Congelamento emesso dal G.I.P. di Rimini del Tribunale del capoluogo, a riprova della efficacia della cooperazione internazionale di giustizia nell’aggressione dei patrimoni illeciti anche all’estero".
Decisivo è stato "il ruolo dell’Ufficio italiano presso Eurojust, l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale che aiuta le Amministrazioni nazionali a collaborare per combattere il terrorismo e gravi forme di criminalità organizzata che interessano più di un Paese dell'Unione. L’intervento di Eurojust ha consentito di assicurare una rapida esecuzione a richieste di accertamenti bancari ed ha agevolato efficacemente il coordinamento e l’esecuzione in Austria di un sequestro di beni di rilevante valore".
La prosecuzione delle indagini "ha consentito di quantificare le percentuali di guadagno e quindi il profitto dell’attività di commercializzazione dei falsi crediti confermando, almeno allo stato delle indagini, l’ipotesi del riciclaggio a suo tempo contestata a 5 indagati, per cui il G.I.P. ha emesso un secondo decreto di sequestro preventivo per 9,7 milioni di euro che ha riguardato immobili, quote societarie e veicoli".