Parlando con un gruppo di studenti universitari, nel 1995, don Luigi Giussani diceva: «Se leggeste questo capitolo una volta al mese per tre anni, mi ringraziereste; capireste una infinità di altre cose, mentre la prima volta che lo leggete non potete capire niente». Il sacerdote fondatore di Comunione e Liberazione stava parlando del decimo capitolo de Il senso religioso, il suo libro più famoso ed anche originale, in cui compiutamente si esprime la sua visione antropologica. E un sacerdote riminese, don Giancarlo Ugolini, raccomandava ai suoi studenti del liceo classico Karis di impararlo a memoria. È il capitolo dove don Giussani conduce il lettore a capire che l’uomo non si fa da sé, ma dipende in ogni istante dall’iniziativa di un Altro; e che la religiosità scaturisce dal vivere intensamente il reale, lasciando che lo sguardo sia stupito e attirato dalla presenza del ‘dato’.
Bastano queste considerazioni per avvertire che dal 1957 ad oggi Il senso religioso, non è stampato, ampliato, ristampato (nell’edizione 2023 con la prefazione di Josè Mario Bergoglio) come possono essere rieditate la Critica della ragion pura di Kant o la Fenomenologia dello spirito di Hegel. Per questi illustri filosofi non succede che ad una nuova edizione delle loro opere si organizzi una presentazione in streaming con centinaia di città (e anche piccoli paesi) collegati in Italia e all’estero. Kant ed Hegel semplicemente appartengono alla storia del pensiero, mentre Il senso religioso di don Giussani appartiene al cammino e al presente (è anzi generativo di questo presente) di una comunità formata da quanti sono stati conquistati dal carisma del sacerdote che pensò di lasciare una brillante carriera accademica e dedicarsi a una presenza educativa fra gli studenti in seguito ad un viaggio in treno da Milano a Rimini.
Tuttavia, come osserva Bergoglio nella Prefazione, «Il senso religioso non è un libro a uso esclusivo di coloro che fanno parte del movimento; neppure è solo per i cristiani o per i credenti. È un libro per tutti gli uomini che prendono sul serio la propria umanità. Oso dire che oggi la questione che dobbiamo maggiormente affrontare non è tanto il problema di Dio l’esistenza di Dio, la conoscenza di Dio, ma il problema dell’uomo, la conoscenza dell’uomo e il trovare nell’uomo stesso l’impronta che Dio vi ha lasciato perché egli possa incontrarsi con Lui».
Ed ecco allora che anche a Rimini (Teatro Galli e Teatro degli Atti), così come a Riccione (Palazzo del Turismo), a Cattolica (Park Hotel) e a San Mauro Pascoli (Cooperativa Amigi di Gigi) martedì 2 maggio centinaia e centinaia di persone si sono raccolte ad ascoltare la presentazione del libro proposta da Javier Prades, rettore dell’Università San Damaso di Madrid. Non solo ciellini, ma tutti coloro che desiderano confrontarsi con questa proposta che è il primo volume del PerCorso (gli altri sono dedicati, il secondo, a Gesù Cristo e alla sua pretesa di verità e, il terzo, al fenomeno della Chiesa).
Può essere che a qualcuno possa sembrare eccessiva questa insistenza su un libro. E che sarà mai? Curioso anche il fatto che quanti oggi hanno sessanta, settanta o si avvicinano agli ottant’anni, si erano confrontati con il libro di Giussani già nel 1975 (quando era un opuscolo) o nel 1986, quando uscì da Jaca Book la prima edizione dove confluirono gli ampliamenti maturati nelle lezioni tenute all’Università Cattolica. Perché rileggerlo ancora oggi, per l’ennesima volta?
Occorre rilevare che anche Giussani aveva molta fiducia sugli effetti benefici del suo libro. Sempre nella conversazione con gli universitari citata all’inizio, si fa avanti un giovane che si dichiara ateo e nichilista. Il sacerdote lo sfida in questo modo: «Ha letto Il senso religioso? La sfido a farmi un'obiezione a quelle pagine; siccome abita a Milano, ci possiamo trovare e lei mi farà le sue obiezioni a quelle pagine; se ha una sola obiezione sostanziale cui io non sappia rispondere, allora io mi metterò a cercare le ragioni del nichilismo. Secondo: lei deve chiamare la sua posizione secondo la verità del suo comportamento e il suo comportamento è di uno che, senza volerlo, cerca. Senza volerlo, perché il suo sentimento è come estraneo, ma la sua mente non può perdere la sua natura, e la natura della mente è cercare, inquisire».
Questo è Il senso religioso: una esaltazione della capacità della ragione di comprendere la realtà secondo la totalità dei suoi fattori. Una ragione che si impegna fino in fondo nell’indagare sul significato ultimo delle cose, fino a riconosce che il proprio vertice è il riconoscimento del mistero.
Una ragione che non si concepisce come stanza chiusa ma come finestra spalancata sulla realtà, fondata sulla categoria della possibilità, aperta all’imprevista e sorprendente irruzione della grazia. Ecco perché è utile rileggerlo e assimilarlo. Ecco perché il pensiero de Il senso religioso è capace di sfidare il nichilismo, il carattere liquido della cultura post-moderna, e anche quella cosiddetta «cultura dell’autenticità» che il filosofo canadese Charles Taylor legge come ultimo frutto del processo di secolarizzazione, un umanesimo esclusivo nel quale l’uomo si concepisce autosufficiente e autoreferenziale, chiuso a un rapporto con il Mistero.
Abbiamo citato la “cultura dell’autenticità” di Taylor perché da essa parte il professor Javier Prades, che martedì sera presenterà Il senso religioso, in un saggio ospitato nel volume di studi dedicato al pensiero filosofico di Giussani, uscito in occasione del centenario del sacerdote ambrosiano. Prades sostiene che la proposta globale di don Giussani è tale da sfidare positivamente anche l’ultimo stadio della secolarizzazione.
Chi frequenta il Meeting avrà certamente nella memoria la stupenda lezione svolta nel 2021 sul tema del raduno, Il coraggio di dire io. Prades, che è anche membro della Commissione teologica internazionale, è uno dei sacerdoti spagnoli che nella seconda metà degli anni Ottanta si coinvolsero con l’esperienza di Comunione e Liberazione. È cofirmatario, insieme a Giussani e Stefano Alberto, del libro Generare tracce nella storia del mondo, che è il frutto maturo della riflessione sull’esperienza di CL negli anni Novanta, così come Tracce di esperienza cristiana lo era stato per Gioventù Studentesca nel 1960. «Durante la stesura del libro – ha dichiarato – ho visto nascere un pensiero proprio a partire dal reale colto nell’esperienza vissuta».
Valerio Lessi