Il nostro primo articolo sullo ‘sviluppo verticale’ del turismo risale al 2008, quando ancora ci chiamavamo Ariminol (“Dauntaun Rimini, l’ora dei grattacieli”).
Di certo non saremo stati i primi in assoluto, ma ciò che è ancora interessante del suggerimento di allora, così come della proposta di oggi del sindaco Sadegholvaad, non è tanto il numero dei piani (grattacielo sì, grattacielo no) che dovrebbero avere i nuovi alberghi, ma lo strumento amministrativo e di pianificazione che dovrebbe permettere il passaggio delle cubature da hotel ormai dismessi a strutture ricettive attive e in grado di ‘raccoglierle’. In questo modo infatti, questa era la tesi centrale dell’articolo, quelle stesse cubature attualmente fuori dal mercato tornerebbero ad avere un valore commerciale per i loro proprietari e comunque sempre in ambito turistico.
In passato si è provato, ma senza successo, a trasferire i metri cubi di singole strutture in difficoltà a strutture in attività che fossero nelle loro immediate vicinanze, ma la coincidenza di ‘prossimità’ e ‘intenzione di investimento’ non si è mai realizzata. Oltretutto, poiché si tratta di rimpiazzare qualcosa come 300 alberghi, occorre un meccanismo in grado di facilitare e favorire trasferimenti multipli e importanti. Solo così i risultati ‘a terra’ avranno anche un impatto sul territorio in termini di spazi liberati e ridestinati all’uso pubblico.
Se dunque sono diverse le grandi catene che hanno manifestato interesse a investire in riviera, ben venga l’intenzione di rendere loro disponibile l’edificato degli hotel fuori mercato in cambio del loro abbattimento. Ma ovviamente si aprono anche una serie di interrogativi.
Quali sarebbero le strutture ricettive su cui ‘caricare’ le cubature degli hotel marginali? Strutture già esistenti o da costruire? Difficile pensare a grandi catene relegate a ridosso della ferrovia; dobbiamo dunque immaginare una serie di alberghi di “qualche piano” più alti in prima fila?
Non sappiamo se la battuta del sindaco sui grattacieli dissonanti con la nostra tradizione sia stata solo una cautela per non esporre la sua proposta a un dibattito insidioso o una personale convinzione culturale. Per parte nostra possiamo solo suggerire, se di visione si tratta, di non caricare questa ipotesi di troppe pregiudiziali. Proviamo invece a capire cosa il mercato e la realtà del territorio ci suggerisce.
Ad esempio, un edificio sufficientemente alto non avrebbe bisogno di essere posizionato nelle primissime ‘file’ per essere attrattivo e potrebbe essere costruito nelle ‘retrovie’, proprio dove di solito si trovano gli hotel marginali; potrebbe assommare la cubatura di più hotel dismessi e potrebbe permettere una certa creatività costruttiva. Anche perché, diciamo la verità, quando parliamo di peculiarità riminese non parliamo del deco district di Miami, ma solo di tante scatole quadrate di colore diverso, condominii prestati al turismo e che certamente non sono un gran contributo alla storia dell’architettura.
Probabilmente, l'indicazione più concreta potrà venirci solo da una vera e propria mappatura degli hotel già fuori mercato. E sarà interessante vedere cosa ci suggerisce la loro distribuzione, e se disegna aree privilegiate per favorire nuove costruzioni importanti.