INNOCENTI, LA CRISI IDRICA E LE SCELTE DI HERA E ROMAGNA ACQUE

Domenica, 15 Aprile 2012

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CRISI IDRICA, INNOCENTI (ASS. COSCIONI): “NON POSSIAMO PIU’ PERMETTERCI LO SFRUTTAMENTO INDISCRIMINATO DELLE RISORSE DA PARTE DI HERA E ROMAGNA ACQUE”


“La crisi idrica che viviamo è in gran parte dovuta alla ridotta visione che le nostre istituzioni hanno del territorio che gestiscono. E’ causata da spreco e cattivo uso”, questo in sintesi ilpensiero di Ivan Innocenti (associazione Luca Coscioni), in risposta ad alcune dichiarazioni di Tonino Bernabè, vicepresidente di Romagna Acque. L’analisi di Bernabè, di fronte ad una crisi idrica, mira a sostenere che grazie alla natura del sistema locale e alla collaborazione dei cittadini, si riuscirà ad affrontare con successo la pur grave questione.
Secondo Innocenti, invece, è il momento per le istituzioni di cambiare rotta perché “le scelte che vanno a intraprendere ora – sottolinea – serviranno a scongiurare la prospettiva di un futuro di dipendenza da acqua che non ci appartiene, che viene da lontano e di scarsa qualità, che ci sarà venduta a caro prezzo e che probabilmente non ci sarà quando più ci servirà”.


Come vengono gestite attualmente a Rimini le risorse naturali?
“Si continua a scommettere e a investire su un maggiore sfruttamento dell’ambiente, ritenendo che sia inesauribile. Il tutto a spese dei cittadini perché il maggiore costo per reperire le risorse è scaricato sulle bollette degli utenti e producono utile per l’azienda. Hera è un’altra entità sul nostro territorio che dovrebbe avere una visione complessiva delle risorse ma che invece si muove in accordo con Romagna Acque. O viceversa”.


Con che risultati?
“L’impressione che si ricava è che l’obiettivo sia quello di farci pagare a caro prezzo quanto invece è già disponibile pressoché gratuitamente. Con inoltre l’aggravio dello smaltimento”.


Il ciclo attuale delle acque per uso umano per quanto riguarda il territorio riminese prevede il prelievo dall’ambiente (falde del Marecchia, diga di Ridracoli, acque di superficie, fiumi e laghi) e si chiude con la depurazione e lo scarico nell’ultimo tratto fluviale e da lì in mare: funziona?
“Si tratta di un processo aperto che grava sull’ambiente sia dal punto di vista del prelievo che dal punto di vista dello smaltimento dei reflui. Per come è strutturato compromette pesantemente il nostro ambiente”.


Cosa accade nello specifico?
“Il prelievo da pozzi causa impoverimento delle falde sotterranee esponendoci a gravi fenomeni di subsidenza e alla infiltrazione delle acque salate dal mare. Il prelievo dai fiumi causa la morte biologica dei medesimi in quanto si compromette il minimo flusso vitale previsto dalla legge. Lo scaricare acqua depurata in prossimità del mare causa il fenomeno della stratificazione e la conseguente anossia oltre a essere causa delle fioriture delle alghe tossiche”.


Fatto che si ripercuote anche su altri settori economici…
“L’effetto è la compromissione delle acque di balneazione costiere. Ricordo che il nostro solo depuratore riminese produce in estate una quantità di acqua paragonabile a quella che scorre nel fiume Po in tempo di secca. E’ come se il fiume Po in tempo di siccità passasse tutto per il nostro depuratore”.


Quali le alternative?
“Iniziare a ragionare in termini diversi. Questo oltre a risolvere i gravi problemi ambientali sopra citati renderebbe disponibile una grande quantità di acqua gratuitamente per uso umano. E’ necessario che il ciclo integrato delle acque da aperto divenga chiuso. Cioè che le acque che arrivano al depuratore non siano più scaricate in mare ma che rientrino o nell’uso civile industriale, o nei terreni, fossi e fiumi e da lì in falda”.


Quindi la proposta è quella del riutilizzo delle acque depurate: quali sono i costi?
“Il riuso dell’acqua depurata è ormai pratica consolidata da lungo tempo in molte realtà. Invece ancora oggi si spendono oltre 20 milioni di euro per il depuratore di Santa Giustina fallendo l’obiettivo in quanto le acque prodotte non saranno riutilizzabili. Si dovrebbe poi riflettere sulla opportunità di realizzare il potabilizzatore da 70 milioni. Sarà utile in caso di siccità e dovrà usare le acque del Po quando queste saranno scarse o asseti. Per ottenere acqua in quantità, oltre a tutti gli altri benefici, si deve investire in impianti terziari di trattamento e rendere l’acqua poi disponibile per i diversi usi. Progetti sono proposti ormai da oltre 40 anni e mai realizzati”.


Quali sono i vantaggi di un investimento in tal senso?
“Questi impianti hanno molti pregi per l’ambiente e la sua tutela ma soprattutto sono economici nella realizzazione e nella gestione. Con pochi milioni di euro e in tempi rapidi sono realizzabili. Il risultato sarà di avere i nostri campi coltivati ricchi, i nostri fossi e fiumi lussureggiati e vivi, il nostro mare limpido e gradevole oltre a tanta acqua gratuita per i più disparati usi umani”.


Ultima modifica il Lunedì, 16 Aprile 2012 16:05