Rimini | Occupazione, Uil: Rimini tra le province più sofferenti
Nell'indicatore della 'sofferenza occupazionale' dalla Uil nove regioni si pongono con un indice al di sopra della media nazionale: sono le 8 regioni del Mezzogiorno più le Marche. A guidare questa poco lusuinghiera classifica c'è la Calabria, seguita da Campania e Puglia; meno malessere in Lombardia, nella Provincia Autonoma di Bolzano e in Veneto. L'indice - i cui dati sono contenuti nel rapporto 'No Pil? No Jobs' - è stato elaborato su tre indicatori (mercato del lavoro, ammortizzatori sociali e reddito medio) a loro volta articolati in 9 parametri. Il Sud si colloca 31,6 punti percentuali al di sopra della media nazionale, mentre nel Centro-Nord tutti e 3 gli indicatori fanno segnare indici al di sotto della media. Tutti i singoli parametri fanno registrare un malessere occupazionale più accentuato al Sud, con la sola eccezione della cassa integrazione che, in tale macro area, è al di sotto della media nazionale e il Centro-Nord al di sopra. Nel dettaglio, per quanto riguarda l'indice di sofferenza del mercato del lavoro, al Sud si registra uno 'spread' di 37,3 punti percentuali sopra la media nazionale; per l'utilizzo degli ammortizzatori sociali (cassa integrazione e Aspi) di 21,1 punti percentuali sopra la media; di 18,1 punti percentuali al di sopra della media nazionale per quanto attiene all'indice del reddito medio dal lavoro dipendente e assimilato.Sono 46 le Province che presentano, nel 2013, un indice di disagio occupazionale al di sopra della media nazionale, quasi tutte collocate nel Sud con l'eccezione di 10 province collocate nel Centro-Nord, tra cui Rimini, Latina e Ascoli Piceno.Al primo posto troviamo Vibo Valentia, seguita da Crotone, Benevento, Foggia e Napoli; mentre il minor disagio si registra a Milano, Prato, Parma, Reggio Emilia e Lodi. Questi dati, spiega Guglielmo Loy, Segretario Confederale Uil, "confermano la necessità vitale del saper costruire sistemi di promozione al lavoro aderente a ciò che esprime il mercato del lavoro locale". "La Uil - aggiunge - crede fortemente che un 'buon cambiamento' non possa prescindere da due fattori fondamentali: il lavoro e l'inclusione sociale. Lavoro per il maggior numero di persone, lavoro di qualità e che garantisca certezza di reddito e inclusione sociale, come condizione per evitare - conclude Loy - che il cambiamento ''lasci per strada'' i più deboli" (AdnKronos).