Rimini | Impresa e innovazione, l’indagine della Provincia
Poco meno della metà delle imprese della provincia di Rimini innova. E chilo fa, in genere, non introducenovità radicali, ma solo incrementali. E’ l’esito delle ricerche commissionate dalla Provincia all’Istituto Cattaneo di Bologna, con la collaborazione del Cise (azienda speciale della Camera di commercio di Forlì-Cesena). L’indagine è basata sui questionari che sono stati sottoposti fra novembre 2014 e gennaio 2015 a due campioni di oltre 650 imprese ciascuno (per un totale di oltre 1.300 imprese): uno relativo al comparto del turismo (alberghi, ristoranti, agenzie di viaggio, ecc.), l’altro comprensivo di tutti gli altri settori economici (in primis metalmeccanica, agro-alimentare, legno/mobili, commercio). Dalla Provincia ci tengono a precisare che “nella selezione delle imprese del campione si sono preferite le società più strutturate e di maggiori dimensioni, ritenute potenzialmente terreno più fertile per la realizzazione di innovazione. In altre parole, si è voluto andare ad analizzare il fenomeno dell’innovazione nei contesti in cui è più alta la probabilità che si manifesti”.
Dall’indagine risulta, quindi, che “il 50,9% del campione del comparto del turismo e il 58,8% dell’altro campione dichiara di non aver introdotto alcuna innovazione” negli ultimi tre anni.
Fra le imprese che hanno innovato, la maggioranza “ha introdotto innovazioni di prodotto di tipo incrementale, mentre l’innovazione radicale, più pregiata per l’impresa, ha riguardato una minoranza dei casi. Notevole invece il ricorso a innovazioni di marketing, in particolare per le imprese del turismo (21,1% dei casi).
Si nota una quota più elevata di imprese innovative nei settori meccanica, carta-editoria, chimico-farmaceutico e del turismo”.
Nel manifatturiero e del terziario non turistico, “si osserva che fra le imprese con mercati di sbocco collocati esclusivamente a livello locale non ha innovato il 65% dei casi, fra le aziende con grado di apertura limitato, la percentuale si riduce al 51%, mentre fra quelle con grado di apertura significativo (che presentano dunque tra i propri clienti soggetti collocati in paesi esteri del mercato globale, tale percentuale) scende fino al 23,3%”.
Gli investimenti legati all’innovazione riguardano innanzitutto l’acquisto di nuovi macchinari e attrezzature (e nel rinnovo di locali per quelle del turismo) e in secondo luogo nello sviluppo di nuovi prodotti o servizi.
Il principale beneficio dell’innovazione “è stato individuato dalle imprese nel miglioramento della qualità dei prodotti o dei servizi, indicato da circa l’85% dei casi di entrambi i campioni coinvolti nell’indagine, seguito dal miglioramento del risultato economico”. Un quarto delle imprese di entrambi i campioni, inoltre, ritiene che le innovazioni introdotte in azienda abbiano portato a benefici anche al territorio di riferimento: l'eco-sostenibilità e ricadute socio-occupazionali.
Il principale ostacolo all’innovazione “viene indicato dalle imprese nell’eccesso di pressione fiscale, giudicato un grave ostacolo da oltre otto imprese su dieci”. Seguono le difficoltà strategiche di collocazione su “un mercato in sempre più rapido mutamento” e il rischio d’impresa percepito come “troppo elevato dinnanzi al perdurare della crisi e all’incertezza per il futuro”.
Circa due terzi delle imprese possiedono un proprio sito web. Quelle del turismo vantano siti maggiormente evoluti, con possibilità di interazione da parte dell’utenza tramite chat, forum, blog, possibilità di e-commerce.
I social network sono ancora poco utilizzati: non ne usa alcuno il 50% delle imprese del turismo e il 63,5% di quelle dell’altro campione indagato. Fra le imprese che li utilizzano, il più diffuso risulta Facebook (42,5% delle imprese del turismo, 18% di quelle degli altri settori economici), seguito da Twitter (rispettivamente 7,4% e 2,3%).
Ancor meno utilizzati sono i siti di web reputation e vendita online, non usati da quasi tre quarti delle imprese del comparto turistico. I più diffusi risultano essere TripAdvisor (13,2%) e Booking (13,2%).
L’8% delle imprese turistiche e il 6,7% di quelle degli altri settori ha già seguito un processo di conversione alla green economy.