Rimini | ‘Saluti da Rimini’, Gnassi chiede coerenza al Pd
“Non devo difendere l’operazione culturale ‘Saluti da Rimini- Cattelan’ perché essa si difende, e bene, da sola. Quello che invece oggi mi interessa è discutere di quello che è il mio partito, il Pd”. Lo dice il sindaco di Rimini Andrea Gnassi in risposta alla presa di posizione del Coordinamento donne del Pd che ha bocciato, chiedendone la rimozione, la campagna ‘Saluti da Rimini’ firmata da Maurizio Cattelan.
“Del ruolo che intende ritagliarsi, delle sua capacità di essere coerenti con il suo ‘mito fondante’”. Il coordinamento per Gnassi “censura l’opportunità che un’istituzione promuova questo tipo di arte, arrivando alle estreme conseguenze: cancellate ogni cosa”.
Secondo il sindaco, “la discussione è molto interessante e inedita per questi tempi, visto che invariabilmente di cultura nei partiti (e non solo) si parla pochissimo, anzi nulla. E’ inedita anche per il PD, evidentemente, nonostante storia e radici. E a proposito di ‘caldo che offusca pensieri e ricordi’, è risaputo di come la sinistra, 50 anni fa, si interrogasse e si dividesse pubblicamente sulla natura ‘reazionaria’ o ‘progressista’ de ‘Il Gattopardo’. Ma, piuttosto che spedirlo all’Indice, preferì ‘recuperarlo’ con una sofisticata operazione di divulgazione popolare attraverso la lettura data da un intellettuale come Luchino Visconti. Altri tempi, si dirà. Forse sì, ma stando comunque all’oggi, la vera domanda ‘politica’ di questa situazione è: come si concilia la posizione, legittima ma evidentemente censoria verso quello che è innegabilmente il più famoso artista italiano vivente, con il ‘Programma Pd per la Cultura’ che fa orgogliosamente bella mostra di sé sul sito web del partito?”. Quindi Gnassi passa in rassegna i punti sulla cultura nel programma del partito e si domanda. “Credo sia legittimo chiedersi cosa abbia a che fare la richiesta di rimozione di opere d’arte in spazi pubblici con l’idea ‘fondante’ che ‘a partire dalla cultura si può ricostruire un’Italia più aperta e più giusta’. Non è una contraddizione questa? La censura, preventiva o successiva, contribuisce forse a costruire un’Italia più aperta e più giusta? Gli stessi ‘difetti’ che il Coordinamento nazionale donne del PD trova in Cattelan, il gioco sugli stereotipi, le allusioni, le ironie, non sono forse i ‘valori’ che dalla notte dei tempi hanno caratterizzato l’arte migliore, e cioè più innovativa, più incidente nella società, ponte dietro cui è venuto un salto culturale collettivo? Quest’idea di scambiare il dibattito con l’aut aut non la trovo in linea né con quello che vuole il PD per l’Italia né con quello che è stata la storia importante della sinistra e delle forze riformatrici europee e italiane che hanno sempre visto, anzi, nella cultura, qualunque fosse il suo livello di espressione o provocazione (pensiamo solo a Pasolini), una leva per portare il Paese a una consapevolezza e a una responsabilizzazione superiore. Peraltro, se volessimo rimanere in un ambito interpretativo ‘serio’, a nessuno dovrebbe sfuggire che Cattelan mette in fila e ‘sbatte in faccia’ in tutta la loro enormità (anche dimensionale) stereotipi proprio per rimarcarne l’ambiguità, l’infiltrazione sociale e la negatività. E ridicolizza perfino i cliché di un machismo ostentato e greve che rispetto a una città che ricostruisce teatri, case del cinema e cultura è ormai una zavorra”.
Rimini sta cambiando, secondo il sindaco, “e Cattelan ha percepito il cambiamento di Rimini: non è forse l’arte contemporanea- con le sue visioni, le sue metafore, il suo scardinare codici consolidati, il suo usare/rovesciare cliché- che sa esprimere il senso della modernità e dunque il senso di una città che cambia?”.
Spiega Gnassi che “si pone l’accento sugli stereotipi per superarli, con un processo tipico utilizzato, e a Rimini dovremmo saperlo bene, dallo stesso Fellini: non è forse vero che in ‘Amarcord’ descrisse un tempo e un luogo che si avvicinavano a un cambiamento radicale, utilizzando proprio i luoghi comuni di un borgo apparentemente immutabile?”.
L’operazione culturale “è dunque diametralmente opposta alle critiche di ‘sessismo’ rivoltele, ed è la geometrica rappresentazione di come l’affermazione di diritti (civili, di ogni tipo) cominci nel momento in cui si diffonde la consapevolezza, data dalla conoscenza dei limiti e delle contraddizioni di ciò che sino a ieri abbiamo accettato, purtroppo, come ‘normali e consuetudinarie’. Nessuno a sinistra ha giudicato Fellini, Bertolucci o Pasolini dei pornografi dopo ‘La Dolce Vita’, ‘Ultimo tango a Parigi’ e ‘Salò’. Anzi, la sinistra ha sempre opposto il suo corpo contro chi quelle pellicole voleva sequestrare e bruciare. Dobbiamo forse chiedere che nel restauro (avviato anche grazie al Comune di Rimini) di ‘Amarcord’ vengano ‘pecettate’ le scene di nudo, in omaggio a un politicamente corretto che sa molto di un politicamente censorio?”.
Cattelan, “e non solo Cattelan naturalmente, può essere - continua Gnassi - l’occasione, anche per il Pd, per rianimare una discussione non tanto su cosa sia ma su che ruolo intendiamo ritagliare per la cultura e per quella ‘educazione’ che guarda oltre la superficie delle cose. “Non fermarsi all’apparenza” è uno dei principi della demagogia attiva su cui in Emilia Romagna generazioni di bimbi hanno vissuto le esperienze didattiche avanzatissime sviluppate dal Ceis di Rimini e dalle scuole di Reggio Emilia”.
In conclusione, “non si realizza un Paese più aperto e più giusto con la violenza di una censura, basata sullo strato fragile di una superficie. Non lo dice solo il ‘Programma Pd sulla Cultura’ (che invito a leggere). Lo dice anche una storia che tutti noi, nel nostro piccolo, abbiamo il dovere di non offendere. Sino a pochi mesi fa non ‘eravamo tutti Charlie Hebdo’? E nel frattempo cosa è successo?”.