Riccione | Cocoricò, Arcuri attacca la gestione
Le dimissioni presentate sabato dall’amministratore del Cocoricò, Fabrizio De Meis, “rendono chiara”, per il segretario di Noi riccionesi Natale Arcuri, “la difficile situazione in cui è costretto ad operare il manager della discoteca più famosa d’Italia”. La cosa, però, “non assolve - scrive sul suo profilo Facebook - né giustifica, secondo me, il dato oggettivo. Quello cioè che "intorno" al Cocoricò si muore per droga. E contro cui non vale certo mettere dei cartelloni pubblicitari, in cui si manifesta la propria radicale avversione all’uso di droghe, nel tentativo di favorire quel “divertimento sano” che molti hanno fatto diventare un molog della persuasione occulta del giovanilismo responsabile”. Per Arcuri, “chi gestisce il Cocoricò sa bene che la “responsabilità oggettiva” di quanto accade al suo interno è sua. Può investire il triplo dei 150 mila euro che spende in sicurezza e in controllo. Ma se al suo interno, come sembra emergere dagli sviluppi dell'inchiesta in corso, si spaccia e si muore, la responsabilità è sua. E a nulla vale dire che si spaccia e si muore anche fuori dal Cocoricò”.
La gestione del locale, inoltre, “sa bene che ha tra le mani un “candelotto di dinamite”, a cui basta una piccola scintilla per brillare. Ed è un candelotto che è stato realizzato così, con tanta dinamite, volutamente rischioso. Correre ai ripari solo quando sta per esplodere è una strategia dilatatoria, che alleggerisce le responsabilità ma non le risolve. E questo è il momento in cui questo azzardo è al suo apice”. “Chi gestisce il Cocoricò”, continua Arcuri, “dovrebbe assumersi la responsabilità, perché di altri non è, di trovare la soluzione per mettere in sicurezza questo suo candelotto, forse anche “depotenziandolo”. Come fare? Io credo che “chi gestisce il Cocoricò” lo sa benissimo, come sa anche bene che non lo farà certo con delle dimissioni, accorate”.
In merito all’intervista rilasciata oggi dal questore Maurizio Improta al Carlino, Arcuri commenta che “a bene quindi il Questore a non trarre conclusioni affrettate. Ma a mio giudizio farebbe ancora meglio a chiedere a “chi gestisce il Cocoricò”, non più generalizzate rassicurazioni, prospetti di investimenti, o anche “camapagne di maggior sensibilizzazione" al non ripetersi di nuovi drammatici episodi. Il Cocoricò, così com’è oggi, suo malgrado, non è in grado di evitarli. E “chi gestisce il Cocoricò” come tutti noi, lo sappiamo benissimo”.
Le rassicurazioni che il Questore dovrebbe pretendere, a giudizio di Arcuri, sono altre. “Avere dal Cocoricò un chiaro programma di “profonda rigenerazione” che davvero e concretamente abbia come obiettivo quel “divertimento sano” che tutti van dicendo. Molto probabilmente si tratterà di “cambiar pelle”. Forse di costruire una nuova proposta. Ma tant’è. E da qui non si sfugge. Se non si vuole tra qualche mese tornare a piangere un altro Lamberto o chiudere definitivamente un’attività “turistico-ricreativa” che in questo momento tutto è meno che un’attività “turistico-ricreativa”.