Rimini | Crac Aeradria, per la Cassazione non c’è truffa
Aeradria, non c’è stata truffa secondo la Cassazione. Rese note ieri le motivazioni con cui la corte quattro mesi fa (il 15 settembre) dissequestrò i beni di Andrea Gnassi, Stefano Vitali, Alberto Ravaioli, Lorenzo Cagnoni, Manlio Maggioli, Massimo Masini, Massimo Vannucci e Alessandro Giorgetti (l’ex presidente della Provincia Fabbri non fece ricorso).
“Non c’è truffa senza inganno”, sintetizza sul Corriere Romagna Andrea Rossini. In pratica, per la Cassazione per fare una truffa sono necessari un truffatore e un truffato e dice che non è possibile che l’uno e l’altro siano la stessa persona.
Prendono lo spazio di otto pagine le motivazioni depositate ieri in cancelleria. “Secondo la Corte Suprema (presidente Alfredo Maria Lombardi, giudice estensore Maurizio Fumo) «la censura comune degli indagati» per quanto riguarda il reato di truffa in erogazioni pubbliche «coglie nel segno, atteso che, per la sussistenza del reato in questione è necessaria come è ovvio l’alterità dell’ingannato rispetto all’ingannatore». Quando le due figure coincidono, si sta forse parlando di qualcos’altro, magari fuori dall’ambito penale, ma non del reato in questione”, scrive il Corriere.
Effettivamente, come riporta la sentenza “gli organi che hanno deliberato gli atti di disposizione patrimoniali e gli autori dei pretesi artifici e raggiri sono gli stessi”, in particolare nel caso degli enti pubblici, come Comune e Provincia.
L’annullamento è con rinvio. Ora toccherà al tribunale del riesame tornare sulla questione. «Nessun inganno sembra essere stato perpetrato, né sembra essere stata aggirata alcuna funzione di controllo», scrive ancora la corte nella sentenza, che, comunque, «non esclude che altre forme di responsabilità (anche penali) possano essere ipotizzate, ma, in merito, occorre un’adeguata attività di accertamento da parte degli organi inquirenti».
«Non può essere ravvisata, allo stato, la responsabilità del Presidente della Palazzo dei Congressi (Lorenzo Cagnoni ndr) per il fatto che altri contratti erano simulati, atteso che quello oggetto di contestazione era reale e sembra aver avuto esecuzione», dice anche la sentenza.