(Forlì) “Un clan camorristico minacciò un medico per costringerlo ad alterare il test e far risultare Pantani fuori norma”. Parole scritte nero su bianco dalla procura della repubblica di Forlì, dal procuratore Sergio Sottani che il 16 ottobre 2014 ha riaperto l’inchiesta sull’esclusione di Marco Pantani da Campiglio. L’ipotesi di reato è “associazione per delinquere finalizzata a frode e truffa sportiva”. L’indagine era stata già svolta nel 1999 a Trento dal pubblico ministero Bruno Giardina e archiviata.
La svolta per arrivare alla verità su quanto accadde la mattina del 5 giugno del 1999 a Madonna di Campiglio è arrivata, spiega la Gazzetta dello sport, da un’intercettazione, “una ‘cimice’ nell’abitazione di un camorrista”, posizionata dopo le rivelazioni del bandito Renato Vallanzasca, a quei tempi in carcere con un camorrista del giro che ha ‘battuto’ il Pirata. Le indagini forlivesi è l’esclusione di Pantani, in mglia rosa, dal Giro d’Italia per ematocrito alto, 51,9% contro il 50% consentito allora dalle norme Uci (federciclismo mondiale). Da qui il declino sportivo e umano del campione, morto a Rimini il 14 febbraio del 2004.
Pantani non sarebbe dovuto, quel giorno, arrivare in cima alla tappa. Così aveva deciso il clan, gestore di un giro di “scommesse contro Pantani, scommesse miliardarie (in lire) che la camorra non poteva perdere”, spiega la Gazzetta. Da qui il piano di alterare il controllo del sangue ricostruito da Sottani attraverso decine di interrogatori.
La ‘prova regina’ è l’intercettazione (pubblicata da Sport Mediaset) di un affiliato che per cinque volte ripete la parola “sì”, alla domanda se il test fosse stato alterato. I magistrati hanno anche ricostruito la catena di comando fino ai mandanti dell’operazione. Tuttavia, a distanza di 17 anni la procura di Forlì può soltanto archiviare perché i reati sono prescritti.