Ed ora i revisori rivedono la loro bocciatura del bilancio 2019
Tanto rumore per nulla? Sì, a quanto risulta potrebbe finire a tarallucci e vino la questione della clamorosa bocciatura del rendiconto finanziario 2019 del Comune di Rimini da parte del collegio dei revisori. Secondo fonti della maggioranza, il parere negativo sarà ribaltato in un parere positivo. I revisori, questa la motivazione, avrebbero ricevuto dagli uffici comunali un supplemento di documentazione che li avrebbe indotti a riconsiderare la loro precedente bocciatura.
Ai consiglieri comunali, che dovranno pronunciarsi prima in commissione e poi in consiglio, non è arrivata una nuova versione, quindi fa ancora testo il parere negativo depositato il 19 maggio scorso. Anzi, il presidente della seconda commissione di garanzia e controllo, il leghista Matteo Zoccarato, è al lavoro per convocare una seduta alla quale dovrebbero partecipare anche i revisori Andrea Amaini, Maria Letizia Monica e Marco Mari. “Normalmente – osserva Zoccarato – le nostre valutazioni sul bilancio sono di tipo politico. Ora gli stessi revisori evidenziano alcune criticità tecniche che è nostro dovere andare ad approfondire”. I lavori della commissione dovrebbero tenersi nella mattinata di venerdì 5 giugno.
Interpellato da buongiornoRimini il presidente del collegio dei revisori, Andrea Amaini, si trincera dietro un rigoroso “no comment”. Non conferma e non smentisce che starebbe per arrivare un nuovo parere, questa volta positivo. Ciò toglierebbe le castagne dal fioco ai consiglieri di maggioranza che altrimenti avrebbero dovuto votare un bilancio con il rischio di doverne un giorno rispondere davanti alla Corte dei Conti.
Sarà comunque interessante vedere la documentazione e le motivazioni che hanno indotto ad una revisione della bocciatura.
Il collegio dei revisori aveva sottolineato diversi elementi: debiti fuori bilancio, la gestione dei residui, debiti/crediti con le società partecipate e, non da ultimo, il mancato adeguamento dei compensi.
La fede nel post-pandemia: Francesco ci sfida a un corpo a corpo con la vita
Il Papa invia un Messaggio alle Pontificie Opere Missionarie rivolgendosi a tutta la Chiesa e indicandone la sorgente che la costituisce: «lo sguardo dell’incontro con Cristo». L’esperienza cristiana non è generata da «iniziative» o «discorsi», ma da un’attrattiva, che «può avvincere il cuore degli uomini e delle donne» in quanto «attira il nostro piacere». I primi non dimenticarono mai «il momento in cui Gesù toccò loro il cuore: “Erano circa le quattro del pomeriggio (Gv 1,39)». È una esperienza che si dilata per un contagio di stupore e gratitudine, senza i quali «perfino la conoscenza della verità e la stessa conoscenza di Dio, ostentati come un possesso da raggiungere con le proprie forze, diventerebbero di fatto “lettera che uccide” (cfr. 2 Cor 3,6)».
Il Papa sottolinea la semplicità di questa vita, che non è fatta di «cammini di formazione sofisticati e affannosi per godere di ciò che il Signore dona con facilità». Il cristianesimo non è riservato ad ambiti clericali, «Gesù ha incontrato i suoi primi discepoli sulle rive del lago di Galilea, mentre erano intenti al loro lavoro. Non li ha incontrati a un convegno, o a un seminario di formazione, o al tempio». Francesco ha il tono chiaro di chi descrive un’esperienza, che non può essere sostituita da complicati progetti avulsi dalla vita reale: «non si tratta di inventare percorsi di addestramento “dedicati”, di creare mondi paralleli, di costruire bolle mediatiche in cui far riecheggiare i propri slogan».
Bergoglio ripropone due testi dell’allora card. Ratzinger, rivelando una profonda sintonia con il suo predecessore, che stupirà molti – compresi non pochi, sedicenti, “ratzingeriani” – ma che non sfugge ad una lettura attenta dell’insegnamento dell’attuale pontefice.
La prima, che già riecheggiava in una sua recente intervista (Il Papa confinato, a cura di A. Ivereigh), riguarda l’origine carismatica della stessa istituzione ecclesiale. Francesco sottolinea come «nella Chiesa anche gli elementi strutturali permanenti – come i sacramenti, il sacerdozio e la successione apostolica – vanno continuamente ricreati dallo Spirito Santo», riferendosi all’intervento al Convegno mondiale dei movimenti ecclesiali del 1998, in cui il card. Ratzinger affermò che lo stesso «concetto di istituzione si sbriciola fra le mani di chi provi a definirlo con rigore teologico. […] Che l’unico elemento strutturale e permanente della Chiesa sia un “sacramento” significa, al contempo, che esso deve essere continuamente ricreato da Dio. […] Che la Chiesa sia non una nostra istituzione bensì l’irrompere di qualcos’altro […] è un fatto dal quale consegue che non possiamo mai crearcela da noi stessi. […] Essa vive e viene continuamente ricreata dal Signore quale “creatura dello Spirito Santo”» (Nuove irruzioni dello Spirito, San Paolo, 16-18.41). La Chiesa è dunque «l’irrompere di qualcos’altro», e, come sottolinea l’attuale pontefice, «il suo tratto genetico più intimo [è] quello di essere opera dello Spirito Santo e non conseguenza delle nostre riflessioni e intenzioni». Quando «nella missione della Chiesa non si coglie e riconosce l’opera attuale ed efficace dello Spirito Santo», anche le iniziative e i contenuti dell’azione pastorale si riducono al «dar gloria a sé stessi o rimuovere e mascherare i propri deserti interiori».
La seconda riguarda «l’idea ingannevole che una persona sia tanto più cristiana quanto più è impegnata in strutture intra-ecclesiali mentre in realtà quasi tutti i battezzati vivono la fede, la speranza e la carità nelle loro vite ordinarie, senza essere mai comparsi in comitati ecclesiastici». Il Papa cita l’intervento al Meeting di Rimini del 1990, nel quale il Card. Ratzinger, a proposito della necessità di un’autentica riforma della Chiesa, metteva in evidenza il rischio di un attivismo ecclesiocentrico, il quale finisce per diventare come «uno specchio che riflette solamente se stesso» riducendosi a «una finestra che, invece di consentire uno sguardo libero verso il lontano orizzonte, si frappone come uno schermo tra l’orizzonte e il mondo, perdendo così il suo senso» (La Chiesa, Paoline, 104). Francesco riprende questa immagine invitando a rompere «tutti gli specchi di casa», senza perdere tempo ad «elaborare piani auto-centrati sui meccanismi interni». In questa prospettiva segnala alcune «insidie e patologie», a partire dalla pretesa di taluni organismi che pretendono «di esercitare supremazie e funzioni di controllo», come se «la Chiesa fosse un prodotto delle nostre analisi, dei nostri programmi, accordi e decisioni». Si tratta di una «tentazione elitista» che isola dal popolo, il quale «viene guardato come una massa inerte, che ha sempre bisogno di essere rianimata e mobilitata». Il giudizio di Francesco è radicale: «una Chiesa che ha paura di affidarsi alla grazia di Cristo e punta sull’efficientismo degli apparati è già morta, anche se le strutture e i programmi a favore dei chierici e dei laici “autooccupati” dovessero durare ancora per secoli».
Le parole del Papa sono particolarmente illuminanti nel contesto che stiamo vivendo, poiché in questa «pandemia si avverte dovunque il desiderio di incontrare e rimanere vicino a tutto ciò che è semplicemente Chiesa», evitando di «complicare ciò che è semplice». In un tempo in cui non mancano «laboratori intellettuali, dove tutto viene addomesticato, verniciato secondo le chiavi ideologiche di preferenza», Francesco invita ad «una più intensa “immersione” nella vita reale delle persone». In una circostanza nella quale siamo stati così drammaticamente investiti dalla realtà e provocati a riscoprire la domanda sul senso del vivere, ritrovandoci «sulla stessa barca» con tutti, credenti e non credenti, è ancora più urgente uscire «dal chiuso delle proprie problematiche interne» e sfuggire «all’insidia dell’astrazione», che si ripresenta puntualmente in ogni deriva ideologica. Francesco propone «un corpo a corpo con la vita in atto», a partire dalle «domande ed esigenze reali», chiedendo «che il Signore ci renda tutti più pronti a cogliere i segni del suo operare», ovvero a riconoscere «i germogli di vita teologale che lo Spirito di Cristo fa sbocciare e crescere dove vuole Lui, anche nei deserti».
Saremo così semplici, appassionati alla realtà e alla nostra umanità, da essere all’altezza di questa sfida?
Roberto Battaglia
Papa Giovanni: 23 bambini salvati dall'aborto nei primi mesi 2020
«Sono 23 i bimbi salvati dall'aborto nei primi quattro mesi del 2020. Ogni giorno riceviamo 5 contatti tramite il nostro sito web, WhatsApp ed il Numero Verde da parte di mamme e papà che chiedono informazioni sull'interruzione di gravidanza». Giovanni Paolo Ramonda, presidente della Papa Giovanni XXIII, illustra i dati sul lavoro della Comunità di don Benzi in occasione dell'anniversario dell'approvazione della Legge 194, avvenuta il 22 maggio di 42 anni anni fa, pochi giorni dopo l'omicidio Moro.
«Durante il lockdown sono raddoppiate le persone che ci hanno contattato a causa della difficoltà a rivolgersi in consultorio o all'ospedale. - spiega Ramonda - Ancora una volta abbiamo constatato che quando le donne e le famiglie sono aiutate con opportuni sostegni, allora molte decidono di continuare la gravidanza e dare alla luce un figlio. Questa è la vera libertà, quella senza condizionamenti».
«In questi 42 anni la scienza prenatale ha fatto passi da gigante nella scoperta delle relazioni che si instaurano tra mamma e bambino sin dalle primissime fasi della gestazione. La ricerca scientifica è riuscita a dimostrare che il feto è dotato di sensorialità, di vita psichica, di memoria. Dopo 42 anni dall'approvazione della legge sull'aborto - conclude Ramonda - chiediamo che si faccia tutto il possibile affinché tutti i bambini vengano alla luce».
Erbetta sul bilancio bocciato: "Brasini va sfiduciato"
"La relazione dei revisori dei conti è un macigno sull'amministrazione Comunale". Lo sostiene il consigliere comunale di Rinascita Civica, Mario Erbetta, intervenendo sulla clamorarosa bocciatura delrendiconto finanziario 2019. Erbetta ricorda i suoi interventi in Consiglio Comunale.
La nostra parte corrente - scrive - è da tempo in sofferenza. La lievitazione della stessa e' stata inesorabile anno per anno. Per raggiungere il pareggio dei bilanci nell'ultimo mandato si sono alzate a dismisura le previsioni di incasso delle sanzioni amministrative nei bilanci preventivi per poi raddrizzare il tiro con variazioni di bilancio nei mesi successivi. Pensate ai 14 milioni previsti per il 2018 che si sono poi ridotti a 6,5. L'appunto dei revisori sul tema e che si fosse fatta la previsione giusta non ci sarebbe stato il pareggio di bilancio richiesto dalla legge. Quel gap fu poi colmato con l'aumento dell'addizionale Irpef (raddoppiata da 4,5 milioni a 9) e con gli oneri di urbanizzazione in modo borderline (spostandoli da parte investimenti a parte corrente in modo improprio) e in parte con l'aumento della tassa di soggiorno. Inoltre da tempo i revisori dichiarano che abbiamo troppi debiti fuori bilancio. In pratica i dirigenti che fanno le previsioni sbagliano e si creano debiti fuori bilancio. I revisori chiedono pertanto se il Comune abbia ad oggi accertato eventuali responsabilità in merito e se abbia preso dei provvedimenti contro i responsabili. Ma la cosa che fa pensare e la riduzione fatta ora dei crediti di fatto da riscuotere (sanzioni, evasioni di tributi ecc.). Erano 113 milioni e ora li hanno ridotti a 82? Come mai tutto ora? La risposta e' semplice questi ipotetici crediti per legge vanno coperti con accantonamenti in un fondo di crediti di dubbia esigibilità"
"Oggi il fondo ammonta a 72 milioni ed era in proporzione ai 113 da incassare. Se quindi riduco a 82 quelli da incassare posso liberare qualche milione dal vincolo dei fondi di dubbia esigibilità. Ma guarda caso cosa chiede in questi giorni Gnassi allo Stato? Datemi la possibilità di attingere da tale fondo sforando i parametri 4/5 milioni. Per cui con questa manovra si prepara in caso che lo Stato non conceda lo svincolo (molto probabile) e quindi il Comune potrà ridurre il Fcde senza sconvolgere il bilancio. E su questo punto e' scontro con i revisori che vogliono aumentare e non diminuire il fondo di dubbia esigibilità (anche i 10 milioni messi da parte per le varie cause che andranno a sentenza nei prossimi due anni). Inoltre un'operazione del genere evidenzia che 10 milioni dei 113 da incassare sono debiti inesigibili da tempo e che 8 milioni degli stessi era in capo alla parte corrente guarda un po'. Quindi per coprire parte corrente aumentavano i crediti da incassare (sanzioni amministrative) pur sapendo che non sarebbero mai stati incassati. Insomma un bel pastrocchio dove i revisori bocciano il bilancio ( anche per tanti altri motivi ben identificati) e mandano un monito ai consiglieri di maggioranza che lo dovranno approvare. Se lo votano rischiano personalmente con tutto il loro patrimonio privato visti i rischi concreti di danno all'erario. Ma chi ha costruito i bilanci in questo modo non può andare esente da colpe e andrebbe sfiduciato. Per cui proporrò alla minoranza una mozione di sfiducia verso l'assessore Brasini".
Alver Metalli racconta la sua quarantena. Con prefazione di papa Francesco
Una sorta di Via Crucis in quaranta stazioni. Una quarantena, appunto. Si legge tutto d’un fiato, con il desiderio di comprendere quale altro squarcio di vita vissuta regalerà la pagina seguente. Arrivati all’ultima stazione, si apprende che al libro è collegato un sito fotografico https://cuarentena.photos che documenta con bellissime immagini il mondo (“la fine del mondo”, per dirla alla papa Francesco) che si è scoperto leggendo il libro. È l’e-book , edizioni San Paolo, Quarantena/Cuarentena, scritto in due lingue, italiano e spagnolo, da Alver Metalli, di Riccione, giornalista di lungo corso. «Sei anni fa – scrive papa Francesco nella prefazione – ha lasciato la sua bella casa in un quartiere residenziale di Buenos Aires per andare a vivere tra le catapecchie de “la Carcova”. Lo ha fatto perché è stato attratto dalla testimonianza di padre Pepe e ha sentito che così poteva meglio realizzare, con gioia, la sua vocazione cristiana, maturata alla scuola spirituale di don Giussani e dei suoi Memores».
Il libro racconta la quarantena da coronavirus (la peste, la chiama Metalli) nella villa miseria dove le notti sono dominate dai sinistri rumori delle sparatorie e le giornate dalla fatica di rimediare un pezzo di pane dedicandosi al riciclo dei rifiuti. Ha ragione Francesco quando scrive che «ci farà bene leggere questo diario». Racconta delle iniziative di solidarietà sorte in un ambiente segnato da droga, violenza e miseria. La mensa popolare, che in pochi giorni è cresciuta fino a dare un pasto caldo ad oltre duemila persone. Nei giorni della quarantena è nata la Hogar de los borrachines (la casa degli alcolizzati) che raccoglie uomini distrutti dal troppo bere. E anche loro sono stati coinvolti nella mensa: lavano a distanza i pentoloni. Metalli ci fa conoscere attraverso suggestivi flash la Hogar de Cristo, per i ragazzi tossicodipendenti) e la casa per le mamme accolte insieme ai loro bambini altrimenti destinati all’aborto. Alver racconta poi dei vecchietti, i più esposti alla letalità del contagio, che padre Pepe, il parroco, ha mandato a chiamare uno ad uno. A ciascuno ha offerto un luogo dove stare fino alla fine della pandemia: un letto, due pasti al giorno, una doccia. «E molta pulizia e molto affetto tutt’intorno». «Questo diario – rileva Francesco – ci mostra il volto avvincente di una Chiesa povera e per i poveri».
Nel diario della quarantena sono entrati molti personaggi della villa. La venditrice dei biglietti della lotteria, che conosce i segreti intimi dei residenti, e che spera che un destino buono un giorno arrivi anche per lei. Chili, un giovane freddato sulla porta di casa perché aveva compiuto uno sgarro. Della madre Metalli scrive che «La peste l’ha presa di sorpresa, il piombo no». La ragazza venticinquenne di origine paraguayana, devastata da un tumore alla testa, alla quale porta la comunione. «Anche così, quando il dolore non le deforma l’espressione, lei sorride a chile fa visita». Padre Pepe, che ogni mattina si alza quando è ancora buio e «alla sua porta c’è già chi tende la mano. E l’anima ferita». Pereira, detto non si sa perché Mortadela, che spazza le vie del quartiere, cioè spinge l’acqua ristagnante in un corso d’acqua dal pomposo nome di Riconquista, che è anche un cimitero di carcasse d’automobili rubate e bruciate dopo averne smontato i pezzi per rivenderli. I bambini che il giorno di Pasqua tornano felici alle loro baracche con un uovo di cioccolato distribuito dalla parrocchia. Rosa, un’ottantenne quasi cieca che aiutandosi con un carrello della spesa va a ritirare il suo pasto caldo e mentre cammina canta in lingua Guaranì. Maria Fernanda, la cuoca dei poveri, un tempo a servizio di una donna ricca e adesso anima della mensa di chi non ha niente. E, non da ultimo Marcos, il giovane a cui Metalli aveva offerto un panino durante un pellegrinaggio. Un gesto sufficiente per considerarlo un amico. Ed è a lui che si rivolge quando gli sparano alle gambe. La storia ha poi un seguito, tutto da leggere.
Anche gli animali sono entrati in questo diario. Come il baio di Fidel, che pascola per le strade cercando fili d’erba. Nella villa ha un compito importante: trasportare la statua del Gauchito Gil, il bandolero che il popolo considera santo anche se non ha l’aureola. Oltre al Gauchito, la trilogia dei santi invocati dai villeros comprende san Giovanni Bosco e il vescovo Romero, ultimo arrivato.
Nel diario Alver Metalli riflette se dopo la pandemia saremo più gli stessi. E racconta un’esperienza che gli capitata più volte in questi anni di villero. In estate la parrocchia porta i ragazzi in un punto della costa atlantica. Appena arrivati e sistemate le loro cose, i ragazzi si arrampicano su una collina. «Lì succede qualcosa d’imprevisto. I ragazzi si fermano e guardano in avanti. La maggior parte di loro non ha mai visto il mare. Davanti hanno onde spumeggianti spinte a riva da un vento persistente. Guardano l’orizzonte sterminato, respirano l’infinito. Le misure conosciute si dilatano assieme i polmoni. Tramortiti.colpiti al ventre da una immensità insospettata, gli occhi si riempiono di novità. Gli orecchi di vento e di onde che si spezzano sulla battigia. “Prendiamo atto, l’invisibile è molto più potente”. E dura di più».
«Questo libro – osserva papa Francesco – ci va vedere come – attraverso il dono della testimonianza – non ci sia zona, per quanto oscura, dove un raggio del buon Dio non arrivi a riscaldare qualche cuore e a illuminare esistenze altrimenti invisibili».
Valerio Lessi
Le foto della Galleria sono di Marcelo Pascual e pubblicate sul sito https://cuarentena.photos
Il collegio dei revisori boccia il rendiconto 2019 del Comune di Rimini. Ecco i punti contestati
La prima notizia è che il collegio dei revisori dei conti ha bocciato il rendiconto 2019 del Comune di Rimini. La seconda è che, come si evince da toni e contenuti del parere, i rapporti fra i revisori e l’amministrazione comunale non sono – per dirla con un eufemismo – sereni e collaborativi. Comunque sia, un rendiconto finanziario accompagnato da un parere negativo dei revisori mette in serio imbarazzo la maggioranza che in consiglio comunale sarà chiamata a votarlo.
Vediamo punto per punto quali sono i rilievi mossi al consuntivo. Già dalla prima osservazione si capisce che non tira una buona aria. I revisori contestano all’amministrazione di aver scritto nella relazione che “Non sono pervenute segnalazioni di fatti di rilevo intervenuti tra la chiusura dell’esercizio e la data di redazione della presente relazione.” Ma come, - appuntano Andrea Amaini, Maria Letizia Monica e Marco Mari – siamo in piena emergenza da Covid 19 e scrivete che non è successo niente? L’emergenza “determinerà effetti sulla capacità di incasso delle entrate dell’Ente Locale, tale considerazione avrebbe dovuto essere debitamente evidenziata nel paragrafo in oggetto e considerata nella determinazione del Fondo Crediti Dubbia Esigibilità”. In realtà a Palazzo Garampi lo sanno, visto che il sindaco Andrea Gnassi va ripetendo che l’ente rischia di trovarsi con 40 milioni in meno e invoca contributi straordinari dallo Stato. Resta il fatto che non lo hanno scritto nella relazione.
Non è comunque questa l’osservazione più importante. Scorrendo le cinquanta pagine del parere, si arriva alla questione dei debiti fuori bilancio: ammontano a 236.574,24 euro, di cui già riconosciuti e finanziati per 165.754,88 e non ancora riconosciuti per 70.819,36 euro. Il collegio innanzitutto rileva che non vi è alcun riferimento alla pratica di riconoscimento di un debito in istruttoria, relativa ad una richiesta della partecipata P.M.R. per 88.611,50 euro. Poi chiede “se l’Ente si sia attivato in ordine all’individuazione di eventuali responsabilità personali sulla formazione di debiti stessi ed in caso di risposta affermativa quale sia stato l’esito dell’istruttoria e gli eventuali provvedimenti adottati nel 4 trim 2018 e nell’anno 2019”. Il messaggio è chiaro: chi provoca debiti fuori bilancio deve essere sanzionato.
Un altro punto è la tempestività dei pagamenti. Il Comune sostiene che l’indicatore è migliorato passando da -2,6 a -2,1. Commento: “Il collegio è impossibilitato a riscontrare la correttezza di tale dato”.
Subito dopo arriva la rilevante questione dei residui passivi e attivi. Il 2019 era cominciato con 128 milioni di residui da incassare. Nel corso dell’anno sono stati riscossi 35 milioni, pari al 27 percento, e il collegio sottolinea “una bassa propensione all’incasso”.
Emergono 10 milioni di residui insussistenti (perché caduti in prescrizione o per erroneo accertamento del credito): di questi “8 milioni di euro riferiti alle entrate correnti, valore che può far perdere di significatività i dati di bilancio degli esercizi precedenti”. I revisori passano ad affrontare la questione delle multe agli automobilisti: “Con specifico riferimento alle sanzioni del codice della strada, se le stesse fossero state considerate inesigibili/non accertabili nelle rispettive annualità, avrebbero ridotto la parte disponibile del risultato d’amministrazione portandola anche ad un saldo negativo consistente”. In poche righe, uno dopo l’altro, i revisori adombrano dubbi rilevanti sull’adeguatezza dei conti. Poi fanno capire di non essere riusciti a lavorare come avrebbero voluto: “Il collegio evidenzia altresì che a seguito dei tempi stretti a disposizione, nonché delle difficoltà di spostamento, non ha potuto effettuare gli opportuni approfondimenti sugli impegni e sugli accertamenti di competenza”.
Il collegio dà atto che “i crediti riconosciuti formalmente come assolutamente inesigibili o insussistenti per l’avvenuta legale estinzione (prescrizione) o per indebito o erroneo accertamento del credito sono stati definitivamente eliminati dalle scritture e dai documenti di bilancio”. Aggiunge però che “l’organo di revisione ha verificato che il riconoscimento formale dell’assoluta inesigibilità o insussistenza non è stato adeguatamente motivato”.
Un altro passaggio sono i rapporti di credito/debito con le società partecipate. I revisori fanno riferimento “alla mancata riconciliazione di crediti significativi quali €. 471.100,59 nei confronti di Destinazione Turistica, ed €. 17.023,00 nei confronti di I.E.G. Inoltre chiedono che “venga fornita giustificazione rispetto alla conciliazione con la società Anthea s.r.l. che risulta riconciliata per gli importi imponibili e non è chiaro come sia finanziata la quota relativa all’I.v.a. per €. 614.935,23, potrebbe trattarsi di i.v.a. da attività commerciale ma di ciò non vi è traccia”.
L’ultima parte è dedicata ai rapporti con l’amministrazione. I revisori ricordano che fin dal settembre 2018 avevano chiesto indirizzi di posta certificata e strumenti hardware e software per poter lavorare. Lamentano che “solo ad Aprile 2020 l’Ente ha messo a disposizione del Collegio una casella PEC, una casella di posta ordinaria, l’accesso ad una piattaforma per effettuare videoconferenze nonché la promessa di fornire un computer presso l’Ente. E’ appena il caso di evidenziare che l’attuale strumento presso la sede dell’Ente è di proprietà del Collegio”.
Per sottolineare le difficoltà di rapporto con l’amministrazione, i revisori pubblicano parti del carteggio intercorso a proposito della questione Spina Verde di Miramare (una transazione con privati che si è trascinata per 40 anni) e della mancata informazione sulla convocazione del consiglio comunale. Nel primo caso affermano di essere ancora in attesa di elementi richiesti agli uffici.
Il Collegio aveva chiesto anche informazioni sulla partita delle spese di rappresentanza. “In quanto non avvezzo agli atti di fede – scrive con ironia - ha avviato una istruttoria che ha comportato diversi scambi epistolari e alla data odierna siamo ancora in attesa del prospetto definitivo per la sottoscrizione”.
“Da ultimo ma sicuramente non per importanza” i revisori lamentano il mancato adeguamento dei compensi richiesto fin dal gennaio 2019. La risposta ultima dell’amministrazione è che “non sussistendo motivi ostativi all’accoglimento della richiesta proveniente dai Revisori dei conti sul piano della legittimità, la stessa andrà valutata dal Consiglio comunale”. Al che i revisori replicano freddamente che “della scelta che l’Ente autonomamente andrà a fare, il Collegio informerà la Corte dei Conti nonché gli Enti preposti”.
Già si registra la prima reazione dell'opposizione: il consigliere comunale della Lega, Matteo Zoccarato, chiama in causa direttamente il Sindaco Gnassi affinché: “venga a riferire in Consiglio con urgenza, già nella seduta di martedì prossimo. La città merita chiarimenti immediati su questa situazione anche perché la relazione dei revisori traccia un quadro ancor più allarmante riferendosi a periodi contabili ben antecedenti rispetto all'emergenza attuale.Spiace peraltro evidenziare che la mole di rimostranze avanzate dalla Lega in tutti questi anni non solo fosse fondata, ma altresì avvalorata dall’assoluta insufficienza, in termini di coinvolgimento e collaborazione, degli stessi revisori nelle attività amministrativo/consiliari.”
Preghiera per il cristiani perseguitati con il vescovo di Aleppo
L'Appello all'umano, la preghiera per i cristiani perseguitati, continua anche questo mese in modalityà streaming su Youtube. Alle 21 di mercoledì 20 maggio l'appuntamento sarà trasmesso in video in streaming, con immagini della Madonna dell'acqua e della Basilica cattedrale di Rimini. Dopo la recita del rosario, si potrà ascoltare la testimonianza di monsignor Joseph Tobji vescovo dei maroniti di Aleppo. Ancora una volta accogliamo l'appello di papa Francesco che nell'udienza del 29 aprile scorso ha detto: "Ci sono molti cristiani che patiscono persecuzioni in varie zone del mondo, e dobbiamo sperare e pregare che quanto prima la loro tribolazione sia fermata. Siamo un unico corpo, e questi cristiani sono le membra sanguinanti del corpo di Cristo che è la Chiesa". Contemporaneamente questo appuntamento si svolge in altre città d'Italia e in alcune all'estero, mentre una trentina di comunità monastiche sono unite in comunione di preghiera.
Tutti coloro che vogliono partecipare potranno farlo collegandosi al canale Youtube https://www.youtube.com/
Per ripartire gli imprenditori turistici non confidano più di tanto sugli aiuti statali
Siamo come nel secondo dopoguerra. Allora Rimini, la città più bombardata d’Italia, era un cumulo di macerie. Eppure i nostri nonni seppero reagire, si rimboccarono le maniche e cominciarono a ricostruire. È una narrazione che normalmente si conclude con uno sguardo di fiducia sull’oggi: anche noi sapremo riprenderci dalle bombe della pandemia, che non hanno fatto crollare i muri, ma hanno bloccato la circolazione delle persone e quindi la linfa del turismo.
Ma oggi l’approdo al presente è spesso accompagnato dall’invocazione di aiuti adeguati da parte dello Stato. È questo un coro che raramente si era ascoltato dalle nostre parti. E così si attagliano alla Riviera come un vestito nuovo le parole che il sociologo Giuseppe De Rita, fondator del Censis, ha espresso in una recente intervista: “La ripresa la fanno le persone, non il governo. Se lo stato ti dà i soldi per comprare una bicicletta, il denaro per pagare la baby sitter, gli incentivi per andare in vacanza, se cioè si preoccupa di non farti mancare niente, uccide l’iniziativa. Castra la libido. Il desiderio nasce dall’assenza. La pioggia di bonus, invece, lo spegne”.
Davvero il proverbiale e celebrato spirito di intraprendenza dei romagnoli rischia una mutazione genetica e scopre i piaceri sconosciuti dell’assistenzialismo di Stato?
“ Mi pare che l’eminente sociologo abbia espresso un principio correttissimo. – reagisce a caldo, Cesare Ciavatta, 70 anni, albergatore di lungo corso a Riccione, presidente di Promhotels – Gli immigrati che sbarcano sulle nostre coste affrontano il rischio di morire in mare perché hanno fame, hanno bisogno di lavorare. È il bisogno che fa muovere l’uomo. Poi bisogna anche dire che di tutti i soldi promessi dal governo alla televisione ancora non si è visto nulla. Io non dovevo ricevere niente, ma ai dipendenti nemmeno è arrivata la cassa integrazione”.
Ciavatta racconta che lui è fra il 70 per cento di albergatori riccionesi che riaprirà le proprie strutture, “perché bisogna ricominciare a lavorare, altrimenti chi le paga le bollette e le tasse?”. “I nostri alberghi – spiega – sono nati grazie ai muscoli, al sudore e alle cambiali. Gli aiuti possono essere utili, ma se non ci si rimbocca le maniche non si va da nessuna parte. È quanto ci hanno insegnato i nostri genitori. Siamo stati capaci di risollevarci dopo la guerra, ci siamo ripresi dopo le mucillagini, ce la faremo anche questa volta”.
Ad una manciata di chilometri di distanza, nella parte nord della Riviera, Graziella Santolini è impegnata a riallestire l’hotel adattandolo alle esigenze poste dalla pandemia. “Nelle mutate condizioni – spiega – voglio garantire agli ospiti l’elevata qualità di servizio, anche a tavola, a cui li avevo abituati. Non si può tornare indietro”. Il pensiero di non aprire senza il conforto degli aiuti statali non l’ha sfiorata neppure per un attimo. È un’albergatrice che ama il proprio lavoro e non vi vuole rinunciare. “Ho organizzato l’hotel per massimo 30 persone. Anche i dipendenti sono calibrati per questa capienza massima. Spero a fine stagione di chiudere almeno in pari. Ma dallo Stato non mi aspetto niente. Penso anzi che di tutto quello che è stato promesso non arriverà proprio niente. Nemmeno il bonus vacanze servirà a qualcosa. Mi muovo contando sulle mie forze”. Prima della pandemia aveva ristrutturato alcune camere prototipo. “L’obiettivo è di poter riprendere il progetto dopo l’estate. Spero di riuscirci”.
Fabrizio Fabbri, titolare dell’Up Hotel di Rimini, è invece un albergatore approdato di recente al mestiere. “In questo periodo seduto non sono stato – racconta – sono due mesi che faccio formazione proprio per capire come impostare l’albergo in questa emergenza. Anche io ho partecipato ad alcuni bandi e ho chiesto liquidità in banca. Ancora non ho visto niente e il 3 giugno apro comunque. Vedo però che alcuni collaboratori hanno preferito restare a casa e prendere i vari bonus, piuttosto che venire a lavorare e correre il rischio di restare infettati. Quindi direi che De Rita ha ragione quando afferma che troppi aiuti rischiano di bloccare l’iniziativa personale”.
Fabio Ubaldi è un giovane imprenditore nel settore della ristorazione. Ha colto il blocco dell’attività determinato dal coronavirus per ripensare la propria impresa ed i servizi resi ai clienti. “Come sono contrario a forme di assistenzialismo come il reddito di cittadinanza, che garantisce soldi per stare a casa a fare nulla, - afferma - così sono contrario a forme di incentivo che semplicemente aiutano le aziende a galleggiare”. Che significa galleggiare? “Voglio dire che non è molto utile che mi tolgono tasse o mi elargiscono contributi semplicemente perché c’è la crisi. E l’azienda continua a funzionare come prima, quasi nulla fosse successo. Sgravi fiscali e contributi sono utili se sono finalizzati a migliorare l’offerta, se aiutano l’impresa a tornare competitiva, non semplicemente a restare aperta”. Ubaldi fa un esempio: “Qualche anno fa ho utilizzato per la mia azienda lo sgravio fiscale concesso a chi assumeva giovani a tempo indeterminato. In questo modo ho trasformato in indeterminato il rapporto di lavoro di 20 su 60 dipendenti. È una trasformazione strutturale non da poco. Per tornare dall’oggi, abbiamo investito ottomila euro per acquistare la macchina che dà il resto da sola. Così il personale non dovrà più maneggiare il denaro. Prima o poi bisognava arrivarci, abbiamo colto l’occasione. Così come la crisi ci ha costretto a prendere atto che un certo modo di fare gli aperitivi andava aggiornato”.
Bonaccini ha firmato l'ordinanza per le riaperture di domani 18 maggio.
Il presiidente della Regione Emilia Romagna ha firmato l'ordinanza che stabilisce le riaperture delel attività per domani lunedì 18 maggio.
Le riaperture previste, sulla base dei protocolli già condivisi con associazioni di categoria, operatori, imprese, sindacati, enti locali e validati dalla sanità regionale comprendono: negozi, mercati, bar, ristoranti, parrucchieri, centri estetici, tatuatori, alberghi, strutture ricettive all’aria aperta, solo per citarne alcune. E nel rispetto delle linee guida nazionali, apriranno anche musei, biblioteche, archivi, complessi archeologici e monumentali.
Altre da lunedì 25 maggio: gli stabilimenti balneari, anche in questo caso secondo le regole fissate nel protocollo regionale già approvato. Poi palestre, piscine, centri sportivi (anche per allenamenti di squadra); attività corsistiche (dalle lingue straniere alla musica); centri sociali e circoli ricreativi; parchi tematici, di divertimento e luna park: per tutte queste attività, però, servirà prima l’adozione di uno specifico protocollo regionale per ognuna, nel rispetto dei principi contenuti nelle linee guida nazionali definite d’intesa fra Governo e Regioni. Oltre a rispettate le norme di distanziamento sociale, senza alcun assembramento.
Infine, dall’8 giugno, sempre previa adozione di uno specifico protocollo regionale, potranno ripartire i centri estivi e per i minori di età superiore a tre anni.
Le misure adottate partono dall’attuale situazione epidemiologica del contagio da Coronavirus nel territorio emiliano-romagnolo, tale da consentire la riapertura e l’autorizzazione di diverse attività ma sempre nel rispetto del principio del distanziamento sociale. Così come bisognerà seguire le regole di prevenzione, igiene e protezione, a partire dall’uso della mascherina, il cui obbligo viene confermato dall’ordinanza nei locali aperti al pubblico e nei luoghi all’aperto dove non sia possibile mantenere la distanza di un metro.
Rispetto agli spostamenti, da domani cessano di avere effetto tutte le misure limitative della circolazione all'interno del territorio regionale.
Inoltre, è ammesso lo spostamento anche al di fuori della Regione Emilia-Romagna, non oltre la provincia o il comune confinante, da parte di residenti in province o comuni collocati a confine tra Emilia-Romagna e altre regioni, previa però comunicazione congiunta ai Prefetti competenti da parte dei presidenti delle Regioni, dei presidenti delle Province o dei sindaci dei Comuni tra loro confinanti. Saranno queste stesse comunicazioni a circostanziare tali possibilità.
Così come, sempre da domani, sarà consentito l’accesso alle spiagge libere e agli arenili.
I servizi di trasporto pubblico dovranno rimodulare l’offerta in considerazione della riapertura delle attività produttive, rispettando le prescrizioni previste la prevenzione e il contrasto alla diffusione del contagio.
Riaperture: valgono le linee della Regione, archiviate quelle Inail
Dopo una lunga e travagliata trattativa fra Governo e Regioni, fra le stesse Regioni, in tarda serata di venerdì è stato raggiunto un accordo su un documento unitario sulle linee guida da osservare a partire dal 18 maggio.
Rispetto alle linee guida dell'Inail, molto rigide e contestate dagli operatori, le linee contenute nel documento sono più morbide ed in sintonia con quelle pubblicate nei giorni scorsi dalla Regione Emilia Romagna.
Anzi, il documento unitario delle Regioni in molte parti è quasi un copia e incolla delle linee guida dell'Emilia Romagna.
Un solo esempio rende l'idea: l'area per ogni ombrellone in spiaggia è pari a 10 metri quadrati, mentre il documento dell'Inail ne chiedeva 22.
“I protocolli già condivisi in Emilia-Romagna con tutte le associazioni di impresa, i sindacati, gli enti locali (e che sono stati vagliati dalla nostra sanità) - ha dichiarato Stefano Bonaccini - sono pienamente conformi ai nuovi indirizzi e saranno pertanto il riferimento certo per tutte le imprese del commercio, dei servizi e del turismo che da lunedì prossimo -18 maggio – potranno finalmente ripartire in sicurezza”.
Nella notte un comunicato di Palazzo Chigi precisava che solo "In assenza di quelli regionali trovano applicazione i protocolli o le linee guida adottati a livello nazionale".