Cosa ha determinato la netta vittoria di Stefano Bonaccini alle elezioni di domenica? E in particolare cosa ha consentito che non fosse una vittoria di misura, ma largamente maggioritaria?

I fattori sono molteplici e in questa sede ne elenchiamo alcuni. Il primo può essere identificato nel modo di Matteo Salvini di condurre la campagna elettorale. Aver presentato questo voto come una battaglia di liberazione dal dominio storico della sinistra (con tutti i toni e gli atteggiamenti collegati a questa impostazione di fondo) non ha giovato alla possibile (stando ai sondaggi) vittoria del centrodestra. La battaglia di Salvini ha avuto come effetto quello di ricompattare il Pd e il popolo della sinistra, che non a caso è corso alle urne. Se si prende la cartina del voto alle europee del 2019, si vede che c'è una macchia rossa (le zone dove la sinistra è rimasta maggioritaria) che corrisponde alle province di Bologna, in parte di Modena e di Ravenna. Sono le province dove l'aumento di partecipazione al voto, che è cresciuto ovunque, è stato più pronunciato. Lo si vede anche nella provincia di Rimini, dove il Pd non gode di ottima salute. Pur in presenza di una lista per Bonaccini Presidente, attestata intorno al 6 per cento, il partito ha ottenuto il 31,59 e, nel comune di Rimini, il 32,85, affermandosi come primo partito, superando la Lega ferma al 31,64.

A questo ricompattamento dell'elettorato di sinistra ha certamente contribuito anche il movimento delle Sardine, che è riuscito nell'obiettivo di contrastare la narrazione della Lega e a convincere che la presunta irresistibile avanzata di Salvini poteva essere bloccata. 

Il modo di Salvini di condurre la campagna elettorale ha inoltre spaventato una parte dell'elettorato moderato che non se l'è sentita di consegnare la Regione ad un candidato incolore come Lucia Bergonzoni, peraltro ampiamente coperto dalla ingombrante presenza del leader della Lega. Un partito, quello della Lega, che inoltre ha perso qualche punto rispetto alle elezioni europee del 2019. Una quota di elettorato moderato ha quindi optato per Bonaccini come “male minore”. 

Non era affatto scontato che anche nel comune di Rimini dovesse prevalere Stefano Bonaccini. I leader locali della Lega hanno condotto la campagna elettorale presentando il voto regionale come il primo passo verso l'inevitabile “liberazione” anche del comune di Rimini. Non solo non c'è la liberazione regionale, ma a Rimini la sinistra è tornata ampiamente maggioritaria. Una sconfitta generale che è ben rappresentata dalla sconfitta personale del segretario provinciale Bruno Galli, il quale deve cedere il seggio, al quale era destinato, al giovane Montevecchi. Deve far riflettere il fatto che un dirigente storico, cresciuto a gazebo, volantinaggi e incontri in ogni angolo remoto della provincia, sia stato messo pesantemente fuori gioco da un ragazzo che si presentava per la prima volta sotto le insegne della Lega. A Montevecchi certamente hanno giovano endorsement pesanti come quello del sindaco di Riccione Renata Tosi e di alcuni esponenti cattolici, ma il suo exploit oltre che ad una campagna elettorale ben condotta, va attribuita anche all'oggettiva, inaspettata, debolezza di Galli. 

Tutto questo mette in evidenza che il centrodestra riminese a trazione leghista, se davvero vuole porre le condizioni per un'alternanza, molto deve lavorare su personale politico, toni, linguaggio, capacità di porsi come credibile proposta di governo. Le battaglie di liberazione sono perdenti.

Il panorama di centrodestra si completa con Forza Italia; la gamba moderata dell'alleanza, pur ottenendo grazie a Nicola Marcello il 4,4 (contro il 2,56 regionale) è stata doppiata da Fratelli d'Italia, declassandola all'ininfluente rango di terza forza. 

A sinistra l'elemento dominante è la grande vittoria personale di Emma Petitti che è arrivata a sfiorare le ottomila preferenze. Petitti è l'attuale massima rappresentante di quello che, con linguaggio bersaniano, potremmo chiamare il “partito ditta”, ovvero un partito legato a contenuti e liturgie di una sinistra old style. Nella prospettiva delle comunali del 2021, l'interrogativo è se, sull'onda di questo successo, il Pd ricorrerà ad una figura di rottura rispetto al decennio di Andrea Gnassi (refrattario alle vecchie liturgie) o se invece saprà individuare una figura autorevole in sostanziale continuità. La vittoria di Petitti rischia di essere, in questo senso, una pesante ipoteca. 

Il voto di domenica ha decretato la totale irrilevanza del Movimento 5 Stelle, la cui lista ha raccolto appena il 5,42 per cento e con l'1,5 per cento degli elettori che ha praticato il voto disgiunto in favore di Bonaccini. Anche a livello locale si è tornati al bipolarismo classico fra sinistra e destra. In un eventuale ballottaggio, ciò che resta del Movimento 5 Stelle (che a Rimini ha ampiamente anticipato la crisi nazionale) non potrà influire più di tanto. 

La più votata nelle elezioni regionali di domenica è l'assessore uscente della giunta Bonaccini Emma Petitti che ha raccolto 7.892 preferenze (voti non definitivi, ma manca solo una manciata di seggi). La sfida interna al Pd è stata ampiamente vinta dall'esponente di punta della maggioranza zingarettiana di rito orlandiano, fortemente appoggiata da Maurizio Melucci. Il secondo posto va alla consigliera uscente Nadia Rossi, mentre l'altro consigliere uscente Giorgio Pruccoli arriva terzo con 2..756 preferenze. Il quarto candidato, Alessandro Belluzzi, di Cattolica, si piazza quarto con 1.434 voti personali.

Restando nell'ambito del centrosinistra, nella lista per Bonaccini Presidente ottiene una buona afferma il regista Kristian Gianfreda. È arrivato primo raccogliendo 1866 preferenze, un risultato però f a garantirgli l'elezione. Il biglietto per Bologna lo staccano tre candidati eletti a Bologna, Modena e Reggio Emilia.

In casa della Lega il giovane Matteo Montevecchi, importo al partito locale da alcuni esponenti nazionali dell'ala cattolico-tradizionalista, guadagna sul campo il ricco bottino di 5.033 preferenze, mentre il segretario provincia del partito, Bruno Galli, si ferma a 3.833. è facile immaginare che questa sconfitta non sarà senza conseguenze, visto che è andata a buon fine l'Opa ostile nei suoi confronti. Buona la prestazione anche dell'ex sindaco di Montefiore, Vallì Cipriani (2.423 preferenze), mentre Veronica Pontis, già candidata sindaco di Misano, si ferma a 1.320 voti.

In Fratelli d'Italia, nessuna sorpresa: Gioenzo Renzi, leader storico, riesce ancora a racimolare 1.413 voti di preferenza. Seguono Nicoletta Gagliani con 468, Beatriz Colombo con 385, Pasquale Barone con 223.

Nicola Marcello si conferma il recordman delle preferenze dentro Forza Italia. Ha raccolto 2.382 voti personali, un elettore su tre che ha votato il partito di Berlusconi ha dato la preferenza a Marcello. Al secondo posto, notevolmente distanziata con 540 voti, è la bellariese Alessia Tonini, mentre l'assessore del comune di Riccione, Andrea Dionigi Palazzi, non va oltre i 290 voti. Chiude la quaterna, Cinzia Salvatori con 211 preferenze.

La lista civica per Borgonzoni presidente vede al primo posto Claudio di Lorenzo con 619 voti, seguito da Paola Maggini 345, Marisa Grossi 288 e Roberto Baschetti 189.

Stando alle proiezioni non definitive del sito dell'Assemblea legislativa, nella provincia di Rimini sono eletti sono tre consiglieri, due del Pd ed uno della Lega. Quindi partono per Bologna Emma Petitti; Nadia Rossi  e Matteo Montevecchi.

Stefano Bonaccini è stato confermato presidente della regione Emilia Romagna con il 51,40 per cento dei voti. Questo è il risultato aggiornato a 4456 sezioni scrutunate su 4.520. Lucia Bergonzoni, candidata della Lega, non è andata oltre il 43,68 per cento, mentre Simone Benini, del Movimento 5 Stelle, ha raccolto appena il 3,45 per cento.

Smentendo tutti i sondaggi della vigilia che parlavano di un testa a testa pieno di incertezze, Bonaccini ha raccolto un risultato rotondo, sorprendente, distanziando la sua rivale di circa otto punti.

In provincia di Rimini il quadro politico è diverso. Mentre sono state scrutinate 319 sezioni su 324, in testa è Lucia Borgonzoni con il 47,49 per cento, mentre Bonaccini è secondo con il 46,51 per cento e Benini supera appena il 4 per cento. Peraltro, va osservato che solo nelle tre province di confine (oltre a Rimini, anche Piacenza e Ferrara) vince il centrodestra, compresa la città di Forlì che solo un anno fa aveva votato un sindaco di centrodestra.

Nei singoli Comuni, Borgonzoni vince a Riccione (49,96 per cento), a Bellaria Igea Marina (55,5), Misano Adriatico (47,65 per cento) e in tutti i piccoli comuni di Valmarecchia e Valconca, mentre Bonaccini si afferma a Rimini (48,75 contro 45,53), Santarcangelo (50,4 contro 44 per cento), San Giovanni in Marignano (47,95 contro 45,12 per cento) e Cattolica (48,3 contro 43,83). Il successo pieno del centrodestra e della Lega a Riccione conferma che le liste civiche sorte intorno al sindaco Renata Tosi hanno optato per il partito di Salvini e che la maggioranza dell'elettorato è ormai politicamente orientata a destra. A Cattolica, governata dal grillino Mariano Gennari, i 5 stelle ottengono il miglior risultato su base provinciale, ma è comunque limitato al 7,77 per cento, mentre le liste di sinistra con il 44,3 per cento sembrano in parte tornare agli antichi splendori.

A livello provinciale la Lega è il primo partito con il 34, 43 per cento dei voti, seguita dal Pd con il 31,67. Il partito di Salvini però arretra rispetto alle europee 2019 (36,5%), mentre il Pd avanza (25,6%). Nella coalizione di centrodestra la Lega ha svolto la funzione di asso pigliatutto. La lista civica per Borgonzoni non raggiunge il 2 per cento, Fratelli d'Italia con l'8,28 per cento (alle europee 4,8) vede sfumare il sogno di un risultato a due cifre, Forza Italia con il 4 per cento va comunque oltre la media regionale (alle europee 2010 aveva avuto il 7,2 per cento).

Nel centrosinistra la lista per Bonaccini presidente ottiene circa il 6 per cento, un risultato buono ma forse inferiore alle aspettative dei promotori. Le altre liste sono tutte molto indietro: Emilia Romagna coraggiosa 2 per cento, Europa Verde 1,76, +Europa 1,3.

Il Movimento 5 Stelle ottiene il 5,46, molto più del candidato presidente Benini, segno evidente che l'indicazione per il voto disgiunto ha avuto un seguito.

Alle 19 l'affluenza alle urne a livello regionale era del 58,82% nella provincia di Rimini del 54,55%.

Elelezioni regionali, alle 12 l'affluienza alle urne in tutta la regione era pari al 23,44 per cento.

Ecco la situazione nele diverse province.

In provincia di Rimini l'affluenza è sta del 19,85, al paridelle europee dello scorso anno. Ecco la situazione Comune per Comune

Quando domenica sera dopo le 23 comincerà lo scrutinio delle elezioni regionali, la prima curiosità da soddisfare sarà sapere chi avrà vinto la sfida fra Stefano Bonaccini e Lucia Borgonzoni, ovvero se il centrosinistra resterà alla guida della Regione o se invece ci sarà lo storico ribaltone.

Se questo è il dato principale, ve ne sono altri, accessori, ugualmente importanti per il territorio della provincia di Rimini. Innanzitutto, i risultati delle regionali saranno l’occasione per verificare l’attuale geografia politica della provincia e dei singoli Comuni, in rapporto alle politiche del 2018 e alle europee/amministrative del 2019. È evidente che non si tratta di pura curiosità statistica, la geografia politica che sarà disegnata dal voto di domenica è il punto di partenza che ha come traguardo le elezioni amministrative di Rimini nel 2021 e di Riccione nel 2022. Nel 2018 alla Camera (collegio uninominale senza però Santarcangelo e Bellaria) il centrodestra si affermò nettamente con il 35,17 per cento, distanziando il centrosinistra di dieci punti. Ma nel 2018 c’era un M5S che era ancora capace di raccogliere il 32,47, risultato che oggi appare del tutto impossibile. Nel 2019 alle europee (voto proporzionale) i partiti della coalizione di centrodestra viaggiavano nella provincia di Rimini intorno al 50 per cento, i partiti di centrosinistra raccoglievano il 30 per cento e il M5S aveva già più che dimezzato i voti attestandosi al 15,71 per cento. Nello stesso giorno, alle amministrative il voto europeo non è stato confermato ed il centrodestra è stato sconfitto a Santarcangelo e in altri piccoli Comuni. Il voto per le regionali, teoricamente un mix fra amministrativo e politico, in questa campagna elettorale è stato fortemente politicizzato, anche per la pesante discesa in campo di leader come Salvini. Nella notte del 26 gennaio sarà quindi interessante verificare se sulla provincia sventoleranno le bandiere del centrodestra e quale margine di vantaggio la Lega e i suoi alleati avranno in Comuni strategici come Rimini e Riccione.

Ma il voto si presterà ad essere analizzato anche da altri punti di vista. In ogni schieramento e in ogni partito in questa campagna elettorale si sono combattute battaglie interne di cui vedremo l’esito solo con lo scrutinio.

Nella Lega gli occhi saranno puntati su chi prenderà più voti di preferenza fra il segretario provinciale Bruno Galli e il giovane Matteo Montevecchi, candidato imposto dai vertici romani fra i molti mugugni di storici militanti locali. La candidatura di Montevecchi si è trasformata in una sorta di Opa ostile all’attuale dirigenza leghista, un’operazione che ha come posta finale le elezioni comunali del 2021 e la gestione delle relative candidature. Una sconfitta o un risultato non brillante di Galli provocherebbero un inevitabile terremoto. Galli, che è vice sindaco ‘esportato’ a Bellaria, sarà misurato anche dal numero di preferenze che riuscirà a prendere nel Comune che amministra.

Forza Italia combatte in queste elezioni una dura battaglia in cui è in gioco la sua stessa sopravvivenza come partito, visti i sondaggi che circolavano fino a due settimane fa. Per questa ragione ha giocato la carta più forte che avesse nel mazzo, ovvero la candidatura del re delle preferenze Nicola Marcello. L’attuale vice presidente del consiglio comunale si è buttato a capofitto con grande generosità nell’impresa, sapendo che è dal suo risultato che dipenderà la sopravvivenza di un punto di riferimento moderato all’interno della coalizione di centrodestra.

Lo scrutinio ci dirà se anche in provincia di Rimini Fratelli d’Italia, che ha schierato il volto storico di Gioenzo Renzi, raggiungerà un risultato a due cifre accreditatogli dai sondaggi nazionali. Nella coalizione certamente soffrirà della presenza della lista Borgonzoni, dove il candidato di punta è un altro volto storico della destra riminese, Claudio Di Lorenzo. Alle comunali del 2016 con la lista ‘Uniti si vince’ riuscì nell’impresa di raccogliere i dispersi della destra ed eleggere un consigliere. La presenza di una Lega asso pigliatutto rende il bis alquanto difficoltoso: è appunto uno degli esiti da verificare nella lunga notte del 26 gennaio.

Anche a sinistra si combatte una battaglia analoga. L’ex deputato Sergio Pizzolante è ridisceso in campo con un’operazione simile a quella delle comunali dove promosse il Patto Civico per Gnassi. Questa volta è stato il regista della lista per Bonaccini Presidente dove ha schierato personaggi come il regista Kristian Gianfreda e il chirurgo Gianluca Garulli con la mission di intercettare voti moderati e del mondo cattolico. La scommessa è di raggiungere un risultato a due cifre capace di far eleggere un consigliere in caso di affermazione del centrosinistra.

Anche il Pd, in qualche modo, combatte una battaglia di sopravvivenza (almeno quanto a peso politico) e per questa ragione ha schierato, oltre ai consiglieri uscenti Giorgio Pruccoli e Nadia Rossi, un personaggio come Emma Petitti, espressione piena dell’apparato di partito, assessore regionale uscente, nella speranza che faccia il pieno di voti. Se nella battaglia interna delle preferenze dovesse vincere Petitti, il cui nome è sempre circolato come possibile candidata a sindaco nel 2021, sarebbe la conferma di un ritorno all’antico all’interno del maggior partito della sinistra.

Infine, l’esito del voto ci dirà qual è il peso attuale del M5S nella provincia di Rimini. Un risultato poco brillante è scontato: si tratta di vedere se sarà più vicino alla totale irrilevanza o tale da poter giocare un qualche ruolo determinante nelle elezioni amministrative del 2021.

Dopo essersi fatta a lungo desiderare, prima di dare conferma della sua presenza, la candidata del centrodestra Lucia Bergonzoni è infine scesa a Rimini per partecipare al confronto proposto da Compagnia delle Opere e centro culturale Il Portico del Vasaio sul tema: “Insieme per il bene comune. Persone, opere, istituzioni”. Avrà giustamente pensato che la si notava di più se fosse stata presente. Ed ha trovato un teatro Tarkovskij pieno e molti applausi.

Se nel precedente incontro con Stefano Bonaccini gli interlocutori sono andati più sul registro dell’esperienza personale, con la Borgonzoni hanno anche delineato scenari e questioni urgenti per i tre argomenti posti sotto i riflettori: scuola, sanità, impresa. Ed è apparsa più felice la scelta di far reagire la candidata dopo ogni singolo intervento.

Samuele De Sio, consigliere d’amministrazione della Karis Foundation (scuole paritarie nella provincia di Rimini dall’infanzia al liceo per un totale di 1.300 studenti) ha richiamato l’attenzione su libertà di educazione e libertà di scelta delle famiglie. Non tanto sull’importanza teorica di questi valori, quanto su alcuni dati che dovrebbero indurre le istituzioni ad assumere un atteggiamento diverso. Uno studente di scuola statale costa in media alle casse pubbliche circa 10 mila euro all’anno, un alunno di scuola paritaria 480 euro. Disparità evidente. Tuttavia le scuole paritarie in Emilia Romagna raccolgono il 12 per cento della popolazione scolastica. Cosa succederebbe se da un giorno all’altro fossero costrette a chiudere i battenti? Lo Stato dovrebbe farsi carico di una ulteriore spesa di 725 milioni l’anno, 65 solo a Rimini. De Sio ha quindi posto sul tappeto tre richieste: più finanziamenti alle scuole, interventi per garantire insegnanti di sostegno ai disabili, libertà di scelta delle famiglie agendo con strumenti come la dote o il buono scuola, sull’esempio di altre Regioni.

Borgonzoni ha replicato sostenendo che la politica deve imparare ad ascoltare, non deve avere risposte preconfezionate, che la priorità va data alle persone e non ai numeri. Ha spiegato che sugli asili nido lei è per l’assegno alle famiglie, che poi potranno usarlo come credono. Ha marcato la sua distanza da una Regione “che fa la lotta al privato in ogni settore”, mentre va sostenuto il privato “che arriva dove il pubblico non riesce”.

Una efficace rappresentazione delle sfide che il servizio sanitario dovrà affrontare nei prossimi anni è stata disegnata dal Mattia Altini, presidente della Società Italiana Medici Manager. La prima e più rilevante è la crescita esponenziale della popolazione anziana e non autosufficiente, a cui dover far fronte con risorse che saranno sempre più limitate. Si tratta di cambiare modello e di investire di più, piuttosto che nell’ultima fase della malattia, nel miglioramento della qualità della vita delle persone.

Secondo Borgonzoni nella sanità bisogna agire secondo principi di uguaglianza e di equità, facendo in modo che tutti arrivino agli stessi traguardi. Non deve succedere che solo chi ha risorse possa accedere più in fretta alle prestazioni sanitarie. C’è una cattiva organizzazione dei servizi da superare, va ampliata la presenza del privato accreditato perché da solo il pubblico non riesce a garantire prestazioni puntuali per tutti. Ed annuncia che sarà sua cura cacciare dalla sanità “le cooperative che sfruttano le persone”.

Ed infine Simone Pizzagalli, imprenditore del settore agroalimentare, ha posto alla candidata l’esigenza di garantire a chi vuole fare impresa una qualificata formazione alla managerialità. Ci sono imprese agricole del settore della frutta che chiudono non perché non siano più capaci a produrre buone pesche ma perché nelle aziende c’è un deficit di managerialità che non riescono a colmare. L’invito alla candidata è stato di privilegiare questo tipo di formazione professionale. Borgonzoni ha convenuto che nella formazione professionale c’è molto da rivedere, attualmente ci sono pochi fondi e spesi male. Ma poi è subito passata a toccare il tema dell’imposizione fiscale, promettendo un’aliquota unica dell’addizionale Irpef regionale ridotta all’1 per cento. “Vi garantisco – ha concluso – che si può fare, noi siamo per il superamento dell’approccio ideologico che la sinistra ha sempre avuto su ogni argomento”.

Domani lunedì 20 gennaio alle ore 21 il Comitato Nazarat torna a riunirsi in piazza Tre Martiri per la recita del rosario per i cristiani perseguitati.

"Ogni giorno di più - scrive il Comitato - crescono gli episodi di violenza e persecuzione contro i cristiani in tutto il mondo. Finora l’attenzione del comitato riminese Nazarat per i cristiani perseguitati è stata indirizzata soprattutto in Medio Oriente e Nigeria ma sono tanti e in tutto il mondo i paesi nei quali i cristiani subiscono persecuzioni o violenze a causa della loro fede. Solo per citare l’ultimo episodio di qualche giorno fa in Nigeria quattro seminaristi del seminario maggiore di Kaduna sono stati rapiti, anche se i mezzi di comunicazione italiani sembrano non essersene accorti. Nonostante il fatto che nel nord della Nigeria, nel 2019 i cristiani uccisi in odio alla fede sono stati 4mila. In questo territorio vige la legge islamica della sharia e i cristiani sono continuamente nel mirino dei terroristi di Boko Haram e dei mandriani islamisti Fulani.

Così continuano, a Rimini come in altre città italiane ed estere, le serate di preghiera denominate “Appello all’umano” ogni 20 del mese; serate iniziate nel 2014".

 

C’è chi ancora vuole costruire, chi scommette sul bene comune. Chi sa e sperimenta che per avviare un reale cambiamento, positivo, non si può partire dalla paura. Si parte, invece, dalla responsabilità verso se stessi, gli altri e i bisogni che si incontrano. Ed è un lavoro da fare insieme, persone, opere sociali, ed anche istituzioni. Così si vince la preoccupante distanza dei cittadini dalla politica. È il metodo che Compagnia delle Opere e centro culturale Il Portico del Vasaio hanno deciso di proporre a chi ha deciso di candidarsi alla guida dell’Emilia Romagna nelle ormai imminenti elezioni del 26 gennaio. “Occorre accettare il rischio di scommettere sulla libertà delle persone e della società civile quando dimostra di essere capace di collaborare alla costruzione del bene comune con iniziative, opere, proposte educative e di solidarietà”, si legge in un volantino diffuso da Comunione e Liberazione (il testp integrale in fondo all'articolo) che è una sorta di “manifesto” culturale dell’iniziativa.

È al presidente uscente (e candidato del centrosinistra) Stefano Bonaccini che ieri sera al Centro Tarkovskij è stata lanciata la provocazione. Lunedì sera toccherà a Lucia Borgonzoni (se accetterà) o comunque ad alcuni candidati della coalizione di centrodestra.

Bonaccini è stato invitato a reagire di fronte al racconto di tre esperienze significative sorte nella nostra Regione. A Carpi la cooperativa sociale Nazareno, gestisce, fra le altre iniziative, un centro di formazione professionale per il settore della ristorazione. Il responsabile, Sergio Zini, documenta il suo impegno per ragazzi che, nello smarrimento dominante, chiedono una prospettiva di speranza. “La politica – osserva – non è più la fonte della speranza, ma può aiutare a sostenere i luoghi dove una speranza la si può incontrare”. Al presidente Bonaccini sottolinea alcune criticità emerse dalla sua esperienza: l’’inutile’ l’anno che gli studenti devono obbligatoriamente trascorrere nelle scuole medie superiori prima di approdare alla formazione professionale; i finanziamenti che non tengono conto della complessità e dei costi delle attrezzature; la mancanza di strumenti come la dote, o il buono scuola, o il voucher, per sostenere le spese delle famiglie.

Davide De Santis di Imola è un padre che ha dovuto fare i conti (letteralmente) con l’esigenza di garantire un insegnante di sostegno alla figlia disabile per la quale aveva scelto una scuola paritaria. Si è accorto che molte famiglie con figli disabili erano nelle stesse condizioni e spesso dovevano rinunciare alla libertà di scelta educativa. È nata così l’associazione La Mongolfiera che raccoglie fondi che poi vengono messi a bando per le famiglie che ne hanno bisogno per mandare i figli nelle scuole paritarie. Da quando esiste ha raccolto e distribuito oltre 450 mila euro.

Ed il tema delle scuole paritarie e della libertà di scelta delle famiglie torna con Marco Masi, responsabile della Cdo Opere educative, che ricorda come queste scuole siano frequentate dal 12 per cento della popolazione scolastica regionale e costituiscano un’esperienza di qualità ed un esempio di comunità nel tessuto sociale regionale. Sottolinea il positivo rapporto con la Regione (le convenzioni per le scuole dell’infanzia) e chiede un passo in avanti, l’estensione anche alle scuole paritarie degli altri ordini e gradi. Altre regioni lo hanno fatto, ma Masi non la butta sulla contrapposizione o competizione fra modelli, invita a trovare una soluzione emiliano romagnola, magari con qualche sperimentazione.

Per rispondere Bonaccini la prende alla larga, partendo dalla collaborazione fra la Regione e il Meeting e scivolando ben presto nella narrazione che gli è più congeniale. Passa in rassegna, come è abituato in questo periodo, i successi dell’Emilia Romagna nel turismo, nelle esportazioni, nell’occupazione; lancia qualche frecciatina all’avversaria; oppure evoca grandi questioni come la natalità, riconoscendo che la sua parte politica poco ha fatto in questi anni per sostenere la genitorialità. Sembra che la serata debba concludersi senza che Bonaccini si esprima sulle questioni che gli sono state poste. Non è così, infine ci arriva. Sulle scuole per l’infanzia, afferma che in bilancio c’è dal 2020 un milione di euro in più per la convenzione e lo ribadisce anche quando Masi manifesta qualche dubbio. Spiega che anche i 18,2 milioni stanziati per abbattere il costo dell’asilo nido per le famiglie sono stati erogati anche per le strutture private convenzionate. Esprime anche un’apertura all’intervento per le scuole paritarie successive all’infanzia. “Vediamoci, possiamo ragionarci”. Sulla questione degli insegnanti di sostegno prima lamenta le difficoltà dei Comuni a garantire il servizio ma anche qui fa un’apertura per le scuole convenzionate. Accenna all’esigenza di un patto complessivo con il privato sociale in modo che gli enti pubblici controllino di più e gestiscano di meno. Sulla formazione professionale e sulle criticità evidenziate da Zini, promette che, una volta concessa l’autonomia differenziata chiesta dalla Regione, si farà un grande intervento anche in questo settore, finalizzato a creare posti di lavoro.

Conclude ricordando che la Regione ha pensato al futuro compiendo un grosso investimento sulle tecnologie per i Big Data. “Ma è altrettanto importante che accanto a questo ci siano esperienze di comunità che accompagnano le persone e che creano opportunità per tutti”.

Nel 2019, Kristian Gianfreda, 48 anni, di professione regista, ha vissuto il suo momento magico con il successo del suo primo film Solo cose belle, dedicato all’esperienza delle case famiglia dell’Associazione Papa Giovanni XXIII, a cui appartiene. All’inizio del 2020 lo ritroviamo candidato al consiglio regionale nella lista civica per Bonaccini Presidente. Ma chi o cosa gliel’ha fatto fare? “Il mio film – risponde - è un inno alla speranza, documenta come qualunque sia il punto di partenza, la situazione in cui ti trovi, ce la puoi fare se ti metti insieme ad altri con un certo spirito, con l’idea di aver fiducia nel prossimo. Solo cose belle è la sfida di vedere nell’altro gli aspetti positivi”. E cosa c’entra questo con la candidatura? “In un momento in cui la società è pervasa da sentimenti spigolosi e pericolosi, da muri e da sfiducia, dal nichilismo, in un momento del genere, ho avvertito che occorreva promuovere e difendere quel germe, quella scintilla che invece nella nostra società c’è ed è forte. C’è tutto un mondo positivo che ancora oggi costruisce, si rimbocca le maniche e lavora, che si fida di qualcuno e investe sull’altro; questo mondo va aiutato e sostenuto, anche perché basta poco, una legge sbagliata, per schiacciarlo”.

Una posizione che deve fare i conti con una politica dove prevale la demonizzazione dell’altro o la contrapposizione ideologica. “E’ la mia identità, è la mia storia, parto da ciò che sono. Ed è anche un tessuto sociale presente nel nostro territorio. Ci sono persone o gruppi di persone, che nel piccolo e a volte facendo cose grandi, sono riuscite a portare avanti esperienze positive. Non mi appartiene invece un modo di fare politica ridotto all’occupazione di spazi, tipo prendiamoci l’Emilia Romagna, come si stesse giocando a Risiko. È la politica del vantaggio personale o di gruppo. Penso invece che politica per essere onesta deve difendere le categorie più deboli. È il punto di partenza per costruire una società in cui tutti stiano bene. Altrimenti si fa il bene solo di una parte”.

Cosa significa in concreto? “Prendiamo ad esempio la famiglia, che è il nucleo fondamentale della società. La famiglia comincia quando c’è una mamma incinta, e bisogna intervenire per sostenerla in maniera forte e concreta. Nella famiglia vivono altre categorie deboli, che possono essere i bambini, i giovani, gli anziani. Sono categorie che vanno assunte come priorità nella legislazione regionale. C’è un’idea che faccio mia ed è quella di istituire un monitoraggio affinché per ogni legge emanata si verifichino le conseguenze per la famiglia”.

Uno dei tempi della campagna elettorale, specialmente a destra, è il caso Bibbiano. “L’affido è uno strumento importante a tutela dei minori, ma non è uno strumento perfetto, può essere gestito male. Ma esistono esperienze molto positive. A Forlì, per esempio, c’è il Villaggio della Gioia, in cui è la famiglia che viene affidata ad un gruppo di famiglie, in modo che il minore resti nel proprio nucleo famigliare. È una soluzione che non può essere generalizzata, ma lo dico per sottolineare che non si possono prendere esperienze negative per mettere in discussione uno strumento di tutela dei minori. Quando i politici si occupano di certi temi dovrebbero mettersi in ascolto delle esperienze che la società civile realizza”.

Gianfreda propone inoltre di tenere insieme le politiche per il lavoro e le politiche sociali. “Il lavoro va incentivato, protetto, defiscalizzato, perché attraverso il lavoro si fa l’intervento sociale più importante. È il lavoro che ridona dignità a tutte le persone. Vuoi integrare una persona? Gli devi dare un lavoro. Ci sono esempi significativi anche nel nostro territorio, come i ragazzi autistici che fanno i bagnini. O l’esperienza dei carcerati che, attraverso il lavoro, compiono un percorso di pieno reinserimento nella società, evitando la recidiva”.

Fra i propri punti di impegno Gianfreda ha messo anche il tema della cultura. “La costruzione di una società inclusiva e sostenibile ha bisogno di cittadini consapevoli, formati, pronti a comprendere la complessità e la diversità. Per questo va promossa la cultura e sostenuta la creatività di giovani e meno giovani attraverso spazi adeguati”.

Ma cosa risponde Gianfreda a chi gli dice che voterebbe anche per lui ma che non ne può più di una regione gestita da cinquant’anni dalla sinistra? “C’è bisogno di una visione e di una sensibilità nuova. Non sono un uomo di partito, mi impegnerò sui temi e sui progetti affini al mio percorso”. Ma ha qualche probabilità di essere eletto? “Sì, gli ultimi sondaggi davano un ottimo piazzamento alla mia lista”.

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