Sono entrati a corte con l’ambizione di condizionare il principe, suscitando anche gli sberleffi di chi a questa loro pretesa non dava alcun credito. Sono voluti entrare a corte perché pensavano che il popolo produttivo di Rimini dovesse finalmente avere una rappresentanza in grado di condizionare i progetti del principe.
Stiamo parlando dei cinque uomini di Patto Civico entrati in consiglio comunale grazie all’inatteso e strepitoso successo elettorale della cosiddetta “lista Pizzolante”, messa in piedi per consentire ai moderati di poter votare il sindaco Gnassi senza per forza doversi sporcare la coscienza con una croce sul simbolo del Pd.
In consiglio comunale hanno trovato la loro guida in Mario Erbetta, oggi avvocato civilista, ma nelle vite precedenti anche operaio, sindacalista della Uil, geometra dipendente dell’Agenzia del Territorio, imprenditore nel mondo della notte. Per la prima volta in politica, come tutti gli altri consiglieri del gruppo. “L’impatto è stato duro – racconta – ma devo dire che me l’aspettavo proprio così. Credevo di trovare maggiore professionalità. Invece, tranne qualche rara eccezione, siamo tutti alle prime armi, tutti bisognosi di impratichirci. Da ex imprenditore, mi aspettavo più programmazione, più organizzazione. Ho visto subito che, come nell’Agenzia del Territorio, il nodo è nei rapporti fra il Comune e l’utente cittadino. Purtroppo in Comune è ancora prevalente la mentalità burocratica, dominata dalla paura di sbagliare e dal groviglio delle norme. Il brontosauro della burocrazia è un’immagine che risponde alla realtà. Un esempio lampante è la vicenda dell’ufficio tecnico”.
Voi di Patto Civico vi siete fatti eleggere promettendo che avreste cambiato le cose. Può spiegare quali sono gli elementi che caratterizzano la vostra azione in Comune?
“Noi abbiamo dato rappresentanza al cosiddetto ceto medio di Rimini e ci siamo candidati in nome della politica del fare, che è quella che fino ad oggi è mancata. Alla mentalità che ripete “questo non si può fare” noi replichiamo “troviamo una soluzione”. Non ci caratterizziamo per questa o quella scelta politica, in senso ideologico. Poco dogmatismo e molto pragmatismo. La gente ci ha votato per trovare soluzioni pratiche. Un esempio? La recente vicenda dell’ufficio tecnico. A gennaio era in palese difficoltà e paralisi, con gli orari di apertura ridotti al minimo, senza un dirigente che potesse impostare il lavoro. Io sono andato sul posto, ho parlato con la gente e con i dipendenti, ho sperimentato direttamente come funzionava la piattaforma informatica. Poi ne ho parlato l’assessore Frisoni che è stata molta brava a recepire i suggerimenti e a prendere decisioni che porteranno l’ufficio ad un adeguato funzionamento”.
E come sono i vostri rapporti con il sindaco Gnassi?
“Direi che sono ottimi, impostati su un corretto movimento di dare e avere, informazione e collaborazione. Appena arrivati, sono arrivati al pettine alcuni nodi scottanti, che molto allarmavano la popolazione come ad esempio la questione dei nomadi e il nuovo piano ospedaliero dell’Ausl unica della Romagna. Sui nomadi è stato determinante il nostro contributo per passare dalle tre microaree alla distribuzione in tutti i quartieri dei nomadi fino ad oggi concentrati in via Islanda. Fermo restando che quel campo è da chiudere al più presto, integrando pienamente quelle famiglie Sinti nella comunità locale.
Ora è arrivato il momento di passare alle urgenze storiche. Per noi fondamentale è la trasformazione dell’area della stazione che deve diventare un ponte di collegamento fra la costa e il centro della città. Noi spingiamo su questo. Il nostro consigliere Frisoni, che è un artista internazionale, ha delle idee in proposito. Poi c’è la partita del Parco del Mare, strategica per lo sviluppo del turismo”.
Voi avete chiesto i voti dicendo che dall’interno avreste condizionato il sindaco Gnassi. Lo state facendo? Ci state riuscendo?
“La dialettica è sempre presente. Io ripeto sempre che siamo di fronte a due visioni convergenti ma non coincidenti. Quindi è normale che ci sia dibattito che poi viene ricondotto ad una sintesi positiva. Noi siamo un pungolo, certamente l’aria è cambiata. Adesso ci sono due visioni con cui fare i conti. Si tratta di trovare un equilibrio. E lo si trova quando si è mossi dalla volontà di realizzare il bene comune della città. Noi siamo la voce del ceto medio che esprime istanze che non sono coincidenti con quelle di Gnassi”.
Torniamo allora al punto di partenza: in cosa si differenzia la vostra visione da quella di Gnassi?
“Nel rapporto fra la politica e la cittadinanza, nell’attenzione alle esigenze di chi appartiene al ceto produttivo. Noi abbiamo insistito perché per i parcheggi ci fossero abbonamenti agevolati per gli operatori del centro storico. Siamo per la riduzione delle tasse locali, dall’occupazione di suolo pubblico all’addizionale Irpef anche se ci rendiamo conto che questo va fatto tenendo conto di tutte le esigenze del bilancio. Abbiamo sostenuto l’esternalizzazione degli asili nido e delle scuole per l’infanzia”.