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Quei riminesi che acquistavano le auto del socialismo reale

Domenica, 22 Ottobre 2017

È il centenario della Rivoluzione d’ottobre, e puntualmente Stefano Pivato è arrivato in libreria con un volume dedicato all’ultimo mito partorito da quell’evento: la conquista sovietica dello spazio. Anche in questo libro PIvato, docente a Urbino e per un periodo anche assessore alla cultura di Rimini, indaga più che sui fatti in sé su come furono comunicati e vissuti nell’immaginario collettivo del popolo comunista in Occidente. I comunisti sulla luna è stato presentato ieri al Museo della Città dallo stesso autore e dai colleghi storici Roberto Balzani e Piero Meldini.

Nel 1957, un anno dopo il rapporto Kruscev che aveva denunciato gli enormi crimini di Stalin e dopo i carri armati sovietici a Budapest (due eventi che in Occidente avevano scosso il popolo comunista e provocato l’allontanamento di buona parte degli intellettuali), i sovietici lanciarono nello spazio il primo Sputnik. Il primato del mondo sovietico – così martellava la propaganda - si manifestava anche nella supremazia tecnologia e nella conquista dello spazio. “E’ stato l’evento della riscossa comunista, il ritorno dell’orgoglio”, ha chiosato Meldini. Quattro anni dopo, nel 1961, è la volta di Juri Gagarin, che per primo compie uno volo a bordo di una navicella spaziale. È il primo cosmonauta della storia: cosmonauta, perché quelli americani saranno invece chiamati astronauti. Si trasferì nello spazio la guerra fredda, che uno storico americano – ha ricordato Pivato – ha definito come la grande fiction del Novecento. E prima di Gagarin c’era stata la storia di Laika, la prima cagnetta a volare fra le stelle. E se Gagarin (quanti bambini furono chiamati Juri in quegli anni!) divenne nella propaganda il simbolo del riscatto del proletariato, la sfortunata bastardina che morì in orbita poco dopo il lancio lo precedette come simbolo della superiorità scientifica della Russia socialista.

Una grande fiction, che ha alimentato l’ultimo mito nel cuore dei militanti e ha dato via a presentazioni e letture da panegirico, nella stampa comunista e amica, e a satire feroci in quella avversaria, e in qualche caso anche a qualche commento preoccupato per i missili che i sovietici avevano imparato a lanciare con successo.

In realtà, i comunisti sulla Luna non arrivarono mai perché dalla presidenza Kennedy in poi gli Stati Uniti intensificarono gli investimenti e la ricerca per dare vita alle missioni Apollo che nel 1969 portarono Neil Armstrong a diventare il primo uomo che ha posato i piedi sul nostro satellite.

Ma l’aspetto più esilarante del racconto di Pivato nel libro riguarda quei militanti comunisti dei paesi occidentali che, abbagliati dalla supposta superiorità tecnologica sovietica, presero ad acquistare le automobili prodotte nei paesi del socialismo reale. Una storia che ha avuto qualche protagonista anche a Rimini. Ricordate l’episodio dei film di don Camillo e Peppone, nel quale il sindaco comunista di Brescello, esperto meccanico, non riesce a far funzionare il trattore ricevuto in dono dai compagni sovietici? La sua era un’impresa talmente disperata che si risolse a chiedere una benedizione a don Camillo, pur di poter riavviare l’infernale marchingegno.

A Rimini non arrivarono trattori, ma ci fu chi ordinò le auto prodotte dal socialismo reale. Skoda, Zaz, Moskvic e Wartburg erano i marchi che davano l’illusione di possedere un pezzo di quanto di meglio poteva produrre il socialismo. Nando Piccari, Ennio Balsamini, Lanfranco De Camillis, Walter Moretti, sono i nomi di alcuni militanti comunisti che cedettero al mito. Salvo poi scoprire in breve tempo che quei pesanti catorci, funzionanti a miscela con freni e frizioni inappropriate, sterzi inaffidabili e rumorosità fuori dall’ordinario, era meglio lasciarli stare.

Nando Piccari ha raccontato l’effetto che fece sulla moglie l’arrivo di una fiammante Zaz che andava finalmente a sostituire la solita Cinquecento. “Mi aspettavo un plauso per avere finalmente procurato un’altra auto a prezzo abbordabile. Invece quando la vide cominciò a chiedermi divertita: “Ma cos’è quel coso lì? A quale circo l’hai rubata? O ti pagano per andarci in giro?” E si incamminò a piedi una volta saputo che l’avevo comprata e che lei avrebbe dovuto concorrere al pagamento delle rate.”

Oggi gli storici spiegano che a differenza degli americani i sovietici non si preoccuparono mai di applicare agli oggetti di consumo popolare le tecnologie messe a punto per lo spazio. Magra consolazione per chi aveva creduto nell’ultimo mito arrivato da oltre cortina.


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