Scrivi qui la tua mail
e premi Invio per ricevere gratuitamente ogni mattina la nostra rassegna stampa

Cosa c'è dietro la vittoria del centrodestra a Rimini e la sconfitta del Pd

Lunedì, 05 Marzo 2018

È da tempo che l’elettorato reagisce con il proprio voto in modo diverso, a seconda del tipo di elezione e dell’offerta politica che trova nelle urne. È questa una premessa indispensabile di cui tener conto nel tentativo di analizzare le ripercussioni locali del voto del 4 marzo.

La prima evidenza che balza agli occhi è che nessun fattore locale ha inciso sul voto, che ha seguito pressoché esclusivamente umori, percezioni e opinioni legate al contesto nazionale. Si era tanto parlato dei candidati indicati sulla scheda come la possibilità finalmente concessa di poter scegliere il proprio rappresentante, ma i nomi, con tutto il rispetto per gli eletti e per i bocciati, hanno avuto un’influenza assolutamente marginale, se non nulla. Basti pensare al caso di Giulia Sarti, candidata autosospesa, che probabilmente finirà nel gruppo misto, che tuttavia è stata eletta e all’uninominale ha raccolto il 32,47% dei voti. I grillini potevano candidare chiunque e sarebbe stato eletto.

Nelle urne, anche qui da noi, ha prevalso il sentimento di rabbia contro la politica tradizionale e, meglio, la richiesta di rappresentanza da parte di un popolo che si sente insicuro in un mondo dominato da regole e fenomeni che lo sovrastano (economia, finanza, rivoluzione tecnologia, immigrazione), tanto che nel collegio della Camera i voti dei 5 Stelle e della Lega superano il 51 per cento.

A farne le spese è stato principalmente il Pd, individuato come il “partito del sistema” che, a torto o a ragione, si voleva abbattere, ed anche Forza Italia che ha clamorosamente perso, di molto, la competizione interna al centrodestra. Colpisce che un anno e mezzo dopo la trionfale rielezione di Andrea Gnassi a sindaco di Rimini i candidati del Pd si trovino a raccogliere appena il 25,62% (Sergio Pizzolante alla Camera) e il 27,06% (Tiziano Arlotti al Senato, entrato papa e uscito cardinale). Davvero le elezioni amministrative sono una cosa, le elezioni politiche un’altra. L’elettorato sa distinguere e valuta secondo l’offerta politica che gli è presentata ed il contesto in cui si inserisce. Il pacchetto di voti raccolto dal Patto Civico di Pizzolante a Rimini e a Riccione si è dissolto come neve al sole, l’elettorato moderato che l’aveva sostenuto di fronte all’elezione del Parlamento è tornato alla casa madre del centrodestra, premiando proprio la Lega, il partito, insieme ai 5 Stelle, contro cui Pizzolante era sceso in campo. Sbaglierebbe però il bersaglio polemico, chi leggesse questo dato come una smentita o un ritorno all’indietro rispetto al voto delle amministrative. Che il Comune di Rimini sia contendibile da un’alleanza di centrodestra, era vero anche prima, fatto salvo il caso di Gnassi al secondo mandato. Peraltro, grazie al risultato del 4 marzo, si capisce meglio quanto abbia pesato l’assenza sulla scheda elettorale del simbolo dei 5 Stelle: ci fosse stato, probabilmente avremmo visto un altro film.

Le elezioni di ieri consacrano definitivamente l’egemonia sul centrodestra da parte della Lega. È una egemonia che non nasce da ieri, ma che ha il suo abbrivio nelle elezioni regionali del 2014. La scelta di Forza Italia di lasciare ai leghisti la candidatura alla presidenza della Regione, unita all’azzeramento della dirigenza storica degli azzurri di Rimini, ha aperto ai seguaci di Salvini vaste praterie dove hanno raccolto a piene mani. Bisogna prendere atto che per le prossime elezioni amministrative, quelle del dopo Gnassi, sarà la Lega il partito titolato a dare le carte, e c’è da augurarsi che, una volta consolidato il proprio primato, sappia svolgere il suo ruolo con inclusiva intelligenza politica.

All’uninominale sono passati i candidati del centrodestra, Antonio Barboni ed Elena Raffaelli. Verrebbe da dire: la fortunata congiunzione astrale di trovarsi al posto giusto al momento giusto. Barboni era ormai un pensionato della politica, l’ultimo atto di Massimo Palmizio, defenestrato coordinatore regionale, è stato quello di candidarlo, dopo averlo visto - così ha raccontato il neosenatore - brillantemente all’opera come presidente dell’associazione aeronautica. I nemici di Palmizio dovranno riconoscere che per una volta ha fatto la scelta giusta. Elena Raffaelli è stata “miracolata” dall’esigenza di garantire le quote rosa in un collegio che, nello scacchiere regionale, andava alla Lega, visto che quello senatoriale era stato destinato agli azzurri. In un’altra elezione sarebbero stati ottimi secondi, invece si ritrovano in tasca il biglietto per Roma.

Il post voto sarà particolarmente duro per il Pd che a Rimini, come nel resto d’Italia, ha raggiunto il suo minimo storico. È la sconfitta di un modello di sinistra che aveva cercato di liberarsi da tutti gli orpelli di un passato comunista. E viene da dire che, contrariamente alla propaganda di Liberi e Uguali, gli elettori non erano affatto alla ricerca di più sinistra, visto il magrissimo risultato della loro lista. È forse presto per dire se da questa sconfitta esca rafforzata o silurata la candidatura a sindaco di Emma Petitti, esponente della sinistra interna. Quel che è certo che se il Pd vuole avere un futuro non può fermarsi a leccarsi le ferite, a Rimini come a Roma.


Le vostre foto

Rimini by @lisaram, foto vincitrice del 15 febbraio

#bgRimini

Le nostre città con gli occhi di chi le vive. Voi scattate e taggate, noi pubblichiamo. Tutto alla maniera di Instagram