Prima, una profonda ed articolata catechesi sull’episodio evangelico della Samaritana, per sottolineare come solo l’incontro con Gesù plachi la sete di infinito del cuore dell’uomo e lo renda protagonista nella storia. Poi, una disamina parallela e convergente di come la proposta educativa di papa Francesco e di don Luigi Giussani siano mosse entrambe dal desiderio di facilitare all’uomo questo incontro con Cristo.
Sono questi i binari lungo cui monsignor Christophe Pierre, nunzio apostolico negli Stati Uniti, ha condotto l’intervento inaugurale del Meeting 2018 sul tema “Le forze che muovono la storia sono le stesse che rendono l’uomo felice”. “Sia Giussani che Papa Francesco - ha quindi osservato verso la conclusione - vogliono che le persone siano libere dalle ferite del peccato e dalle sue conseguenze in modo che possano assumersi la responsabilità del loro futuro, verificando la verità della Fede attraverso una coscienza ben formata e istruita, una coscienza che conosce la Scrittura, la Tradizione, l'autorità del Magistero e l'esperienza, un'esperienza in relazione con la realtà”.
Il punto di partenza è la categoria dell’incontro, centrale sia nel pensiero di don Giussani che in quello di papa Francesco. E monsignor Pierre l’ha appunto declinata analizzando in ogni dettaglio l’incontro di Gesù con la Samaritana al pozzo di Giacobbe. Attraverso l’incontro con Gesù quella donna scopre la sua umanità e la sua libertà, si accorge di avere di fronte una persona eccezionale, capisce che quell’uomo può finalemente estinguere la sua sete di felicità. Trasformata da quell’incontro, la Samaritana diventa una evangelizzatrice, una protagonista della storia.
È la dinamica che secondo monsignor Pierre costituisce la cifra dell’attuale pontefice: facilitare per ogni persona l’incontro personale con Cristo. Francesco ripropone il kerigma (cioè l’annuncio essenziale) al centro della missione della Chiesa; non insiste sulla dottrina, ma propone l’annuncio in rapporto alle concrete circostanze della vita. È il contenuto dei suoi tre documenti fondamentali, l’Evangelii Gaudium, l’Amoris Laetitia e la Gaudete et Exultate. Monsignor Pierre ha molto insistito sull’esperienza pastorale vissuta da Bergoglio in Argentina e al fondamentale contributo da lui dato nella scrittura del documento finale di Aperecida, l’ultima conferenza generale dei vescovi latino-americani (un passaggio, molto in sintonia con l’esperienza del movimento di CL, è stato citato anche nel messaggio fatto pervenire da Francesco al Meeting). Il metodo di Aperecida è l’ascolto della realtà, e se Francesco parla molto dei poveri e dei migranti è perché non posso essere io a scegliere la realtà con cui coinvolgermi e in cui incontrare Cristo.
Per parlare di don Giussani, monsignor Pierre parte proprio dall’episodio, nel contesto del Sessantotto, i cui pronunciò la frase che costituisce il tema dell’attuale Meeting. Giussani, descritto come profeta e grande testimone, si è misurato con la sfida di annunciare Cristo ad una generazione di giovani che avevano perso ogni riferimento al cristianesimo come reale esperienza di vita. A questi giovani ripropone l’attrattiva di Cristo, li invita a scoprire come Cristo risponde ai loro bisogno, alle loro attese, al loro bisogno di felicità. E dopo il contraccolpo del Sessantotto, quando in molti subirono l’attrazione dell’impegno sociale e della rivoluzione politica, Giussani rilancia la domanda su ciò che vogliamo: l’affermazione di noi stessi o l’incontro con Cristo?
Il genio di Giussani, secondo Pierre, sta nella sua antropologia, nella visione dell’uomo aperta al senso religioso. Oggi la situazione è ancora più difficile perché (citazione di Julian Carron) è intervenuto il crollo delle evidenze, negli uomini c’è una maggiore debolezza di coscienza. In questa incertezza esistenziale, c’è il rischio di rispondere o costruendo muri o lasciandosi sopraffare dalla solitudine e dalla paura. L’alternativa (citazione del cardinale Tauran) è il dialogo, il cui contenuto è la comunicazione della propria esperienza.
“Anche noi ha infine osservato monsignor Pierre - possiamo offrire a coloro che incontriamo, specialmente ai giovani, l'opportunità di condividere la grazia che abbiamo ricevuto e invitarli ancora una volta ad appartenere a Cristo e alla Chiesa. Comunichiamo questa grazia attraverso la testimonianza della nostra vita. Il mondo oggi ha bisogno di testimoni: genitori, educatori, politici, compagni di lavoro e sacerdoti. Abbiamo bisogno di una Chiesa che testimoni la gioia dell'appartenenza a Cristo. Cristo era quella Persona ed è quella Persona che è così attraente e che ci aiuta a connetterci con la nostra stessa umanità.
È per questo motivo che il Santo Padre, come don Giussani, vuole una Chiesa vicina alla gente, una Chiesa che non sia autoreferenziale, ma che sia in uscita con la gioia del Vangelo. Ci chiama ad essere una Chiesa che testimonia una gioia e una speranza nate dall'incontro con Gesù”.