Turismo, Rinaldis (Aia): Il prodotto Rimini c’è, il problema è la comunicazione
In attesa del Ttg Incontri, la principale kermesse del turismo in Italia, promossa da Rimini Fiera, che si svolgerà nel quartiere fieristico della capitale rivierasca dal 18 al 20 ottobre, sembrerebbero non del tutto favorevoli le tendenze dei viaggiatori stranieri rispetto a spiagge & co., almeno dai dati resi noti dall’osservatorio buyer Ttg dedicato alle tendenze della domanda internazionale verso l’Italia.
Secondo le interviste a oltre 600 fra i principali tour operator che vendono il ‘prodotto Italia’ nei cinque continenti, la domanda per il balneare sarebbe scesa del 17,6 per cento (con il più elevato coefficiente di decrescita). Al contrario, sale del 30 per cento la richiesta di prodotti di vacanza legati al lusso. Scende dunque vertiginosamente l’appeal della riviera mentre s’impenna la richiesta di enogastronomia, shopping, benessere, cultura di qualità. Questo cosa significa per Rimini? E, soprattutto, Rimini se n’è accorta? Lo abbiamo chiesto al presidente di Aia (Associazione italiana albergatori) Rimini, Patrizia Rinaldis.
“Anche da noi – spiega il presidente Rinaldis – gli alberghi che hanno sofferto meno la crisi sono stati quelli in grado di offrire maggiori servizi, le imprese di maggiore qualità. Il lavoro che stiamo facendo è quello di portare gli alberghi annuali (il 30 per cento sul totale di circa un migliaio) a un livello più alto perché Rimini come città congressuale adesso si confronta con il mondo e la richiesta di servizi è molto esigente, si cerca il bello e il lusso. Da noi comunque non mancano realtà di quel tipo. Abbiamo design hotel, basti pensare all’ISuite e al Duomo. Più in generale il 60 per cento degli alberghi annuali si difende molto bene in fato di servizi e quasi tutti i quattro stelle hanno la spa all’interno”.
La richiesta di lusso, però, per lo meno dall’esito della ricerca dell’osservatorio del Ttg, passa anche dentro gastronomia e cultura, attraverso quello cioè che il turista vede e fa fuori dall’albergo.
“Sull’enogastronomia – analizza la Rinaldis – c’è un difetto di comunicazione, e anche sul resto. Basti pensare che Rimini è la seconda città (dopo Roma) per la presenza di monumenti romani. Il territorio è costellato da una serie di eccellenze culturali. L’entroterra, su cui stiamo lavorando sia con la Provincia sia col Comune, vanta un paesaggio che non è meno bello di quello toscano. A livello di enogastronomia abbiamo dei prodotti e dei piatti che il mondo ci invidia. Dobbiamo imparare a mettere a sistema tutto questo, c’è bisogno di una regia, bisogna creare una comunicazione mirata. Ci sono mercati che ci invidiano la nostra storia e, per creare attorno a se stessi lo stesso tipo di charme che subiscono da noi, arrivano a inventarsene una di sana pianta”.
Un esempio. “Per gli americani il Grand Hotel non è di lusso, sono abituati a di meglio, eppure ne restano sempre estremamente affascinati perché il Grand hotel dalla sua ha la bellezza della storia. Quello che ci sosterrà nel nostro sforzo verso l’innovazione sarà la nostra identità, probabilmente sposata a territorio, enogastronomia e cultura. Il nostro valore aggiunto, di pari passo alla riqualificazione, non sarà quello di standardizzarci sui livelli dei Paesi internazionali, che sono tutti uguali. Nel futuro di Rimini c’è il livellarsi delle strutture verso un’ottima qualità di servizi ma tenendo fermo il valore dell’identità. Il fatto, per esempio che nei nostri alberghi, essendo piccoli, spesso a gestione familiare, anche l’ospite che resta pochissimi giorni viene riconosciuto piace molto. Questa è una carta che noi possiamo (e dobbiamo) giocarci e che gli altri non possono offrire”.
Tra i nuovi mercati esteri, accanto ai cinesi alla cui ‘conquista’ venerdì scorso è andato il sindaco di Rimini, Andrea Gnassi (proprio con lui oggi la Rinaldis ha avuto un rendez vous, ndr), il presidente di Aia Rimini parla dei “Paesi dell’est che adesso non sono più poveri e anzi hanno una buona capacità di spesa. Ci sono dei colleghi, poi, che stanno sondando Paesi emergenti come il Brasile, mercati che cominciano a creare movimento”.
Filomena Armentano