(Rimini) “Questa mattina ho dato incarico al segretario generale di verificare la fattibilità di associare il Comune di Rimini ‘ad adiuvandum’ nel ricorso, presentato pochi giorni fa da Anci, contro il governo italiano per il ripristino dei contributi previsti dopo la conclusione del decreto legge 66/2014”. Così il sindaco di Rimini Andrea Gnassi. Nel 2014 il governo tagliò ai comuni dei fondi per finanziare misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale (tra cui il noto bonus da 80 euro). “Si tratta di 563,4 milioni di euro , per i quali i Comuni italiani oggi chiedono la restituzione, dopo il ‘temporaneo’ prelievo da parte dei Governi che si sono succeduti dal 2014 al 2018 per alimentare le misure sulla cosiddetta ‘giustizia sociale’. Per il 2019, terminato il quadriennio e in assoluta assenza di risposte da parte del Governo, gli Enti locali avevano tutte le ragioni di credere che il Fondo di solidarietà comunale venisse reintegrato per la somma pari al taglio, vale a dire i 563,4 milioni di euro la cui ripartizione riguarda tutti i Comuni italiani, nessuno escluso. Così non è stato, e giusta e immediata è stata la reazione di Anci che ha presentato ricorso al Tar de Lazio, sulla scorta anche del recente precedente di Province e Città Metropolitane che si sono viste restituire 315 e 180 milioni di euro con il mero automatismo del venir meno del prelievo temporaneo”.
Il Comune di Rimini adesso “valuterà se ‘accompagnare l’impugnazione dell’Anci, così come ha fatto il Comune di Genova, oppure muoversi autonomamente con un’azione di accertamento del credito in sede civile. Questo taglio, per il nostro Ente, vale 1,4 milioni di euro e fa parte di quella serie di tagli occulti operati dai diversi Governi che per il Comune di Rimini significano una ‘sottrazione’ di risorse pari a 5 milioni di euro ‘ufficiali’ (di cui 1 per le piattaforme Eni), 4,4 milioni di euro ‘ufficiosi’ (i soldi anticipati dal Comune di Rimini per il Palazzo di Giustizia, che il Ministero ha proposto di saldare solo in parte, 1,2 milioni di euro, e in rate mensili della durata di 35 anni) e oltre 12 milioni di euro ‘indefinibili’ (la quota a favore dello Stato sul gettito degli immobili di categoria D, un’imposta per cui al Comune arriva solo una quota residuale e tutto il resto, inopitanatamente secondo i Comuni turistici, viene trattenuto dallo Stato centrale)”.