Coronavirus, lavoro e impresa: pubblichiamo una riflessione di Alessandro Bracci, presidente della Compagnia delle Operedi Rimini, vice presidente nazionale e amministratoredelegato del gruppo Teddy.
Ovviamente non è il colera ma altrettanto ovviamente non è un raffreddore. Ovviamente non è tutto nella vita ma altrettanto ovviamente non è un dettaglio della vita. Parlo del Coronavirus e parlo del Lavoro, e li metto entrambi con la lettera maiuscola perché in questo momento non possiamo fare l’errore di trattare l’uno senza curarci dell’altro.
Questa emergenza è e sarà nei prossimi tempi un grande banco di prova. Sarà per noi imprenditori, liberi professionisti e per le persone che lavorano con noi come un grande esame di maturità, perché ci porterà ad affrontare in una volta sola tutte le materie: salute e sicurezza sul lavoro, risk management, comunicazione interna, strategie commerciali, pianificazione strategica, studio degli scenari, preparazione dei piani B, C e D e, infine, psicologia applicata e rudimenti di virologia. Insomma, in un colpo solo siamo chiamati ad esprimere al meglio le nostre capacità e a sviluppare in fretta nuove conoscenze. Questo è il Lavoro ai tempi del Coronavirus e, proprio come l’esame di maturità, è una occasione che ci fa paura ma al tempo stesso ci spinge oltre i nostri limiti. Come ne usciranno le nostre aziende non lo so (come non sapevo come sarei uscito alla maturità) ma certamente so che è una grande occasione per diventare persone migliori, imprenditori e liberi professionisti più capaci. So anche che dovrò studiare tanto, che dovrò farmi aiutare dai maestri che ho vicino, che dovrò cercare l’aiuto dei compagni di avventura e dovrò farmi “il mazzo”.
Quello che per adesso ho imparato è che una prova come questa mi costringe a non dare nulla per scontato. Innanzitutto ho scoperto infatti che non si può dare per scontato che i clienti ci siano (ed infatti in questi giorni sono spariti) e quindi quando torneranno dovrò essere ancora più grato della loro presenza e della loro preferenza.
Poi ho imparato che non bisogna dare per scontato che i colleghi ci siano, perché, in questo momento in cui emerge anche l’irrazionalità della paura, non è scontato che decidano liberamente di venire a lavorare. Questo mi rende ancora più consapevole e grato del contributo che le nostre persone danno tutti i giorni alla costruzione delle nostre aziende.
Da ultimo, ho riscoperto che non bisogna dare per scontato che le nostre aziende stesse ci siano e che continueranno ad esserci nel futuro. Proprio in questi giorni abbiamo l’occasione di riscoprire quanto siano rilevanti per il mondo i nostri tentativi di fare impresa, non solo per ciò che produciamo ma anche e soprattutto per la possibilità che abbiamo di farci compagnia gli uni gli altri per affrontare anche le grandi e piccole paure della vita.
Insomma, il Lavoro ai tempi del Coronavirus ci costringe a non dare per scontate le cose “normali” e ci aiuta tutti a diventare ancora più entusiasti per il grande dono della responsabilità che abbiamo ricevuto in qualità di imprenditori, liberi professionisti e collaboratori nelle nostre aziende.
Giusto per rimanere in tema di epidemie, il Manzoni, al personaggio di Don Abbondio che diceva che “Il coraggio uno non se lo può dare”, oppone la posizione del Cardinale Federigo Borromeo che gli dice: “Ma come non pensate che, se in codesto ministero, comunque vi ci siate messo, v’è necessario il coraggio per adempiere le vostre obbligazioni, c’è Chi ve lo darà infallibilmente, quando glielo chiediate?”. Il Lavoro al tempo del Coronavirus ci rimette di fronte al grande dono che sono le nostre aziende ed al compito che abbiamo nel guidarle. Il nostro coraggio
Alessandro Bracci