Ogni giorno si rivolgono alla Caritas circa 150 persone per ritirare un pasto caldo. Nelle ultime settimane, nonostante molte attività economiche siano uscite dal lockdown da Coronavirus, il flusso non è diminuito. Centocinquanta al giorno, ma complessivamente si sono alternate 270 persone diverse nelle ultime due settimane. Di queste, 120 sono completamente sconosciute ai servizi Caritas, cioè non avevano mai bussato per chiedere un aiuto.
Mario Galasso, direttore della Caritas di Rimini, elenca questi dati per documentare che c’è urgente bisogno di una nuova mappatura dei bisogni che l’emergenza Coronavirus ha diffuso sul territorio. Sono emerse fragilità sociali ed economiche prima sconosciute, alle quali dare risposte. C’è pertanto bisogno di mobilitare risorse, umane e finanziarie, c’è bisogno di scoprire i nuovi bisogni e di una creatività nuova per trovare risposte efficaci e durature, non meramente assistenziali. Anche nella pratica della solidarietà nulla può rimanere come prima. “Guai a noi!”, ha ammonito il vescovo Francesco Lambiasi. "Guai a noi – ha aggiunto – se non avremo cura delle relazioni, se non sapremo saldare la catene delle generazioni, se offriremo solo slogan facili, senza aver imparato che non può sussistere diritto senza dovere, competizione senza cooperazione, se fonderemo la società su tre postulati: a me mi pare, a me mi piace, a me mi va, per cui l'opinione prende il posto della verità, il piacere al posto della felicità, la voglia al posto della libertà". I verbi che coniugano il piano Marvelli sono accogliere, accompagnare e integrare.
Se la crisi degli anni 2009/2010 aveva suggerito alla diocesi di istituire il fondo per il lavoro, che in questo decennio ha trovato una sistemazione occupazionale per180 persone, la risposta alle macerie lasciate dalla pandemia è il Piano Marvelli, che non a caso prende il nome dal beato che fu assessore alla ricostruzione nel dopoguerra. Ora non c’è bisogno di ricostruire case e palazzi, c’è però bisogno di costruire comunità, la parola chiave di questo piano di rinascita.
Le risorse finanziarie di partenza sono costituite dai 300 mila euro che la Caritas ha ricevuto dalla Conferenza episcopale italiana proprio per rispondere all’emergenza Coronavirus. È evidente che solo con quelli non si andrà molto lontano, l’auspicio è che i privati si mobilitino con generose donazioni.
Le risorse umane di partenza sono costituite da una rete già esistente, che però va potenziata e rivitalizzata. Si tratta delle 54 Caritas parrocchiali, che sono i sensori presenti sul territorio chiamati a intercettare i bisogni. Vanno però aiutate a rimodulare loro attività, a cambiare il loro modo di lavorare, “a riposizionarsi”, suggerisce il vescovo. Devono essere in grado di intercettare energie nuove, soprattutto i giovani. Così come è avvenuto per la Caritas diocesana, dove 60 volontari anziani, prudentemente lasciati a casa, sono stati sostituiti da 200 giovani. Per aiutare le Caritas parrocchiali a ridefinire la loro mission, ecco la novità dei coordinatori di area. Ne sono stati individuati tre: Antonella Mancuso per la zona Rimini sud; Elisabetta Manuzzi per l’area dei comuni del Rubicone; Paola Bonadonna, per la zona di Rimini nord. Sarà loro compito anche favorire il rapporto delle Caritas parrocchiali con gli enti pubblici, in modo che ci sia coordinamento in una logica di sussidiarietà e integrazione. Nel dialogo diretto fra coordinatore e singola Caritas, verranno valutate le reali esigenze anche in base al numero delle persone residenti nelle parrocchie, alle persone in carico e ad eventuali progetti in corso. Entro giugno saranno organizzati incontri nelle tre aree, rivolti a parroci e operatori Caritas, per illustrare le linee di indirizzo e operative del piano Marvelli.
Ai piccoli bisogni risponde direttamente il territorio (che si dovrà impegnarsi anche a reperire ulteriori risorse finanziarie), quando i casi sono gravi e complessi vengono presi in carico da un comitato tecnico (lo stesso del fondo per il lavoro, con qualche integrazione) che li affiderà ai diversi soggetti a seconda del bisogno. Se si tratta di lavoro, il fondo per il lavoro; se il problema è economico, il microcredito dell’associazione Famiglie Insieme di Rimini e nei casi più gravi la Fondazione San Matteo costituita a livello regionale.
A tutela della trasparenza e a garanzia per tutti coloro che sosterranno il Piano con una propria donazione, è stato costituito un Comitato dei Garanti, presieduto dal vescovo e composto da varie personalità (rappresentanti delle amministrazioni locali di Riccione, Rimini e Savignano, imprenditori, il prefetto).
La diocesi, secondo il vicario generale, don Maurizio Fabbri, si aspetta quattro frutti. Primo: "Dare concretezza alla parola carità, troppo spesso ridotta ad elemosina o sussidio. È invece la prossimità quotidiana, in cui l'Altro ci interessa e per il quale sono disposto a mettermi in gioco.". Secondo: "Rigenerare le 54 Caritas parrocchiali, che siano di vero stimolo nelle rispettive comunità, un compito educativo e pedagogico". Terzo: "Il 'Piano' sia un'opportunità offerta a tanti giovani, i quali debitamente stimolati rispondono con passione, come testimoniano le tante esperienze positive vissute sul territorio durante il lockdown". Da ultimo, "insegni a fare rete. Il Piano non può essere una risposta a tutti i bisogni, ma può provocare ed essere positivo stimolo anche per altre realtà, enti, associazioni, istituzioni, amministrazioni".