Forse nelle città più piccole, dove ci si conosce tutti e gli sgarbi politici e personali bruciano di più, è sempre così, ma le prossime elezioni comunali a Riccione - più che a una battaglia politica nella quale si fronteggino due visioni o almeno due sentimenti diversi di città - si configurano come un referendum indiretto sulla persona del sindaco in carica; anche perché, rivendicando il diritto di decidere chi debba candidarsi a proprio successore, Renata Tosi ipoteca per sé un ruolo di leadership politica, una sorta di brand personale al di sopra dei singoli partiti, e resta dunque, da una parte e dall’altra, la figura con cui misurarsi.
Così, a destra, mentre la Lega ormai coincide con la Tosi stessa, Fratelli d’Italia e Forza Italia provano a ritagliarsi uno spazio di manovra e almeno a fingere una propria identità politica prima di cedere alle necessità di coalizione; a meno che la rottura sulla rielezione di Mattarella non provochi qualche sussulto nei rapporti tra il partito di Salvini e quello della Meloni e magari un aggiustamento sulla cartina delle candidature.
A sinistra, invece, la grande alleanza anti-Tosi già fatica a smorzare le differenze tra i componenti di uno schieramento che non sembra avere altro motivo di unione che la volontà di sconfiggere Renata Tosi e la sua candidata.
Alla base di questa necessità di rivincita, che per il suo carattere più personale che politico sfiora i limiti dell’ossessione, c’è naturalmente la sua doppia vittoria sul Pd, ma ancor di più la constatazione che l’alternanza politica alla guida della città – che prima di lei era addirittura impensabile – è diventata una opzione nel voto dei cittadini. Ora, infatti, dopo due mandati – non certo indimenticabili ma neanche il disastro che era stato profetizzato dai suoi avversari – i riccionesi, soprattutto il ceto produttivo, hanno scoperto che gli eredi del glorioso PCI non sono gli unici garanti delle loro imprese, e che possono parlare, discutere, trattare anche con altri schieramenti. Esattamente il contrario di quanto accade a Rimini, dove la sinistra è ancora percepita come unico custode affidabile di una ricchezza di cui ha accompagnato la crescita in questi decenni, e dove il centro destra non riesce (o non prova neppure) a dimostrare di poterla sostituire.
Negli ultimi giorni però la grande coalizione mostra qualche sofferenza. Ciò che aveva spinto i diversi protagonisti a sedersi al tavolo era stata infatti la volontaria disponibilità del Pd a rinunciare a una egemonia che i numeri invece gli assegnerebbero e ad accettare un candidato scelto dalla coalizione stessa. Per capire quanto possa essere determinante questa offerta del Pd a farsi da parte e quasi ‘a scomparire’, al fine di mitigare divisioni ideologiche e rancori personali, basta elencare i soggetti che dovrebbero partecipare all’inedito raggruppamento: ovviamente il Pd ‘ufficiale’, ma anche quelli che ne sono fuorusciti in questi anni, e sono tanti; e poi il Movimento 5stelle, insieme ai suoi ex che partecipano a Riccione Civica, in cui confluiscono anche gli ex di Patto Civico; Azione di Calenda, Italia Viva di Renzi e gli ex partner della Tosi (da Luciano Tirincanti a Lucia Baleani) che si ritrovano in Riccione Davvero; e, ancora, Leu e Articolo Uno.
Ora invece sembra che il Pd stia pensando di rimangiarsi la parola: forse per qualche scossone al vertice del partito o solo perché l’abitudine all’egemonia (e comunque una lunga tradizione di leadership nella città) è difficile da dimenticare. Oppure, ancora, per qualche fuga in avanti che scuote la coalizione al suo interno.
I vuoti in politica infatti non rimangono vuoti a lungo, e qualcuno ha ben pensato, come nel calcio, di muoversi tra le linee e rompere quell’accordo di non protagonismo tra le parti. Sembra infatti che il gruppo di Tirincanti abbia provato ad avviare una trattativa diretta con il Pd e intestarsi la scelta del candidato sindaco.
Provocazione per mettere alla prova le buone intenzioni del Pd o furbata per rubare voti al campo avversario (visto le simpatie non proprio di sinistra del candidato proposto), l’iniziativa ha forse mostrato ai Democratici l’inutilità del proprio passo indietro quando altri giocano invece a fare i primi attori.
Anche perché se è pur vero che il Pd vuole assolutamente riprendersi il Comune, e che per farlo è disposto ad allearsi con chiunque, è anche ovvio che alcune alleanze risultino imbarazzanti dal punto di vista politico se confrontate con le scelte politiche passate: come sarebbe appunto per i 5stelle e per l’aggregazione che fa capo a Tirincanti. E dunque occorre cautela perché la narrazione del partito che si apre al civismo non si trasformi in un ‘insieme a tutti i costi’ pur di vncere.
Vedremo se la coalizione perderà a breve i suoi primi pezzi o invece basterà ripetere qualche regola di comportamento.