(Rimini) Giovedì sera in consiglio comunale, la maggioranza ha modificato il regolamento del consiglio stesso affinché nonostante la fine dello stato dell’emergenza sanitaria, stabilita dal governo al 31 marzo, si possa proseguire in via definitiva con la partecipazione in forma mista sia al consiglio sia alle commissioni comunali. Forma mista vale a dire sia in presenza sia su piattaforma online, così come di è fatto nei mesi scanditi dalla pandemia, quando di fatto il consiglio comunale si è riunito per mesi solo online, sempre grazie ad una modifica del regolamento. La proposta è stata approvata con 17 vosti favorevoli, quelli dei consiglieri di maggioranza al momento presenti in aula. Aula che la minoranza dopo un dibattito sentito ha abbandonato ritenendo la delibera lesiva dei principi di partecipazione. Alcuni ritenendola addirittura fuori legge.
“Sarebbe stato più opportuno un passaggio in commissione”, ha fatto notare Luca De Sio della Lega all’inizio del dibattito. “Il consiglio comunale in quanto organo rappresentativo per eccellenza deve essere in presenza, salvo casi eccezionali, come quelli appena trascorsi e che hanno determinato uno stato di emergenza. Uno stato di emergenza che però decide lo Stato e non la presidente Corazzi”. De Sio ha poi chiesto l’inserimento di “una distinzione tra consiglio comunale e commissioni” e quindi l’applicazione della norma alle sole commissioni e non al Consiglio. “Sarebbe così una modifica più equa e sensata”.
Propone un emendamento simile Carlo Rufo Spina di Fratelli d’Italia che si dice “sconcertato” dall’ordine del giorno, “sia in qualità di consigliere comunale sia di presidente della prima commissione”, dove la delibera sarebbe duvuta essere analizzata. Rufo Spina parla di “palese violazione dell’articolo 35 del regolamento di funzionamento del consiglio comunale, che stabilisce: tutte le proposte del consiglio comunale devono essere preventivamente esaminte dalle commissioni competenti per materia. Tutte devono: quindi è un obbligo”. Deroghe esistono per mozioni di fiducia, istituzioni di commissioni speciali e deliberazioni sul funzionamento del consiglio. “Ascrivere la modifica alla deroga per il funzionamento del consiglio è una forzatura, perché riguarda solo aspetti tecnici e formali. Andare ad intaccare il concetto di collegialità è un’altra cosa: siamo di fronte a una modifica sostanziale degli aspetti riguardanti la democrazia e il funzionamento dell’assemblea: un ente pubblico, che fa atti pubblici e anche normativi (di secondo grado)”. La normativa vigente, il tuel, testo unico degli enti locali, prevede la contestualità di coloro che prendono questo tipo di decisioni, ricorda Rufo Spina, “in base a dei principi che possono essere volgarmente riassunti nel concetto di numero legale: un’assemblea che non ha numero legale non può decidere”. Per cui la delibera “ha delle conseguenza davvero impattanti per quanto riguarda i principi di democrazia dell’ente”.
Seguendo il proprio ragionamento di Rufo Spina conclude che la delbera “contrastara con i diritti della minoranza, che ha come propria arma l’utilizzo del far mancare il numero legale per far venire fuori quelle che sono le crepe della maggioranza. Questo è un diritto politico dell’opposizione che non può essere limitato. In questo modo chiunque dei consiglieri comunali potrà essere contattato e potrà votare da qualsiasi luogo si trovi, anche per esempio in vacanza o farsi l’aperitivo”.
Un altro problema, non secondario, lo rileva Gioenzo Renzi di Fratelli d’Italia. “Siamo rappresentanti eletti dai cittadini e quindi le sedute del consiglio, come quelle delle commissioni, vanno adeguatamente pubblicizzate”.
Quando ha visto la delibera, Nicola Marcello, sempre gruppo FdI, ha “sussultato”. “Ritengo che questa delibera vada ritirata perché vengono meno non solo i principi di un’adeguata pubblicizzazione, ma anche della pluralità e soprattutto della serietà. Negli ultimi anni ho notato una decadenza dell’istituzione”, precisa. Poi racconta di escamotage applicati negli anni precedenti dalle commissioni per non far finire sotto la maggioranza nei pareri, introducendo il voto ponderato. “Come maggioranza avete avuto spesso l’abitudine di disertare le commissioni. In questi ultimi mesi, poi, ho visto ripetutamente alcuni consiglieri collegarsi dai posti più strani. Non ritengo sia giusto né appropriato. Né giusto è che una persona che si collega solo per partecipare ad alcuni momenti percepisca il gettone”. Infine, alle commissioni “spesso prendevano parte anche i cittadini, portando il loro contributo positivo per la città. Oggi questo non accade più”.
Enzo Ceccarelli della Lega, ex sindaco civico di Bellaria, fa “un discorso di opportunità. Faccio notare le difficoltà che riscontro da quando sono in questo consiglio comunale, per esempio, nel recuperare tutti gli atti amministrativi e i documenti a cui io per legge avrei diritto di accedere per poter esprimere il proprio voto, al di là dell’appartenenza. Sicuramente la pandemia ha modificato le nostre abitudini, la tecnologia ci aiuta a supplire, ma non deve togliere la democrazia. Un altro esempio: la pubblicizazione che deve essere data alle commissioni non c’è”. Ceccarelli fa infine notare l’assenza dal consiglio al momento della discussione sia del sindaco sia della vice sindaca, oltre che “la saccenza di alcuni assesssori che ancora devono maturare l’opportuna competenza”.
Per Murano Brunori, la pandemia “non è finita e tornerà. Questa delibera porta dei vantaggi e dei privilegi. Mi domando però se questi privilegi vengano accordati solo a noi consiglieri o anche ai dipendenti per i quali mi risulta che lo smart working sia stato limitato al minimo”. Poi fa notare un inconveniente tecnico. “Ho seguito da casa due volte il consiglio. Devo dire che la connessione è pessima, il sistema non funziona per niente bene. Intervenire è dificilissimo”.
Si sono “riaperti i teatri, le discoteche, i cinema. Siamo tornati al ristorante, siamo tornati ad avere le fiere e i congressi, convegni. Penso che abbiamo davvero bisogno di socialità. Lo stato d’emergenza è stato definito dal governo. Quando Rimini è andata in lockdown, tra le prime città in Italia, è stato per un atto del governo. Abbiamo vissuto dei momenti molto duri durante la pandemia, che non abbiamo dimenticato, soprattutto perchè vissuti in prima persona. Il governo in questo momento ci dice che l’emergenza sanitaria è finita. La pandemia è diventata endemica, certo i contagi nella nostra città continuano ad essere elevati, continuano ad esserci dei morti, ma il governo, non noi, ha stabilito che il 31 di marzo è finita l’emergenza. Quale capacità e quale discrezionalità ha il consiglio comunale di Rimini nel decidere di modificare il regolamento in tal senso?”. Così Gloria Lisi che conclude la carrellata delle ampie perplessità della minoranza.