«L’amore più grande è l’amore che dà la vita, che porta la pace». Sono le parole del vescovo di Rimini Francesco Lambiasi agli oltre 900 fedeli riminesi che ha guidato ieri pomeriggio nelle vie del centro storico di Rimini nella Via Crucis promossa da Comunione e Liberazione, secondo la liturgia ideata dal servo di Dio don Luigi Giussani. Dopo due anni di stop causa covid, la Via Crucis in presenza è partita alle 16,30 dall’arena Francesca da Rimini per concludesi sul sagrato della Cattedrale.
«Siamo qui perché provocati dalla Croce di Gesù a prendere posizione. Perché di fronte alla Croce non possiamo ripiegarci in una gelida indifferenza, in diplomatica neutralità, in una annoiata assuefazione. Dobbiamo scegliere perché siamo stati chiamati non perché più bravi di altri, anzi proprio perché siamo miseri, fragili. E non per nostro merito, ma per puro dono per pura grazia da Gesù a portare la sua Croce, che è la Croce della pace. Perché il nostro Dio ha un nome, si chiama Pace. Cristo non solo ci dona pace, non solo vuole pace, ma è la nostra pace», sottolinea il vescovo citando San Paolo. «Questa scelta noi la vogliamo gridare, la vogliamo cnatare, la vogliamo sussurrare per le strade della nostra città».
La meditazione della prima stazione è stata accompagnata dall’esposizione della fotografia del Cristo di Leopoli, antichissima scultura lignea, salvato dai fedeli della città ucraina. «La realtà a cui stiamo assistendo con tutta la sua crudeltà, distruzione, sofferenza e morte, ci mette davanti una ragione in più per vivere questo momento», spiega il responsabile diocesano di Cl, Cristian Lami. «L’immagine che abbiamo scelto, come apertura di questa nostra Via Crucis, è quella di una fotografia che testimonia il salvataggio del “Cristo di Leopoli” una delle sculture lignee più antiche conservate nella cattedrale della città ucraina. Nell’immagine alcune persone si apprestano a mettere al sicuro un’importante opera d’arte, ma è anche evidente il desiderio di salvare ciò che è importante, decisivo, ciò che si ama, senza del quale la vita con quel poco che si riuscisse a conservare, non avrebbe senso. In questa via crucis, preghiamo e chiediamo questo, dietro la croce di Cristo, seguendo il nostro vescovo Francesco seguendo Papa Francesco, che il 25 marzo scorso ha chiamato la Chiesa tutta per l’atto di consacrazione al cuore immacolato di Maria, “di speranza fontana vivace”».
Presenti anche i rappresentanti di alcuni movimenti ecclesiali. «Cosa accade ora tra noi? Possiamo fermarci solo all’apparenza del grande segno che è il nostro essere qui insieme oggi o, invece, riconoscere Colui che è tra noi. Questo si realizza in “una storia particolare”: guardandovi e riconoscendo amici di altre realtà ecclesiali, ho in mente la trama di rapporti intensificatasi in questi anni, come è stato evidente nella Beatificazione di Sandra Sabattini, legami che segnano tanti di noi e la stessa nostra Città, nella quale ci sorprendiamo insieme anche a realtà laiche nell’accoglienza dei profughi ucraini, nella raccolta di alimenti che è stata proposta sabato, imparando da tutti», sottolinea don Roberto Battaglia, assistente ecclesiale di Cl.
Fotoservizio di Roberto Masi