Non c’è limite al peggio. Se il Porcellum di calderoliana memoria era stato quasi unanimemente bollato come una legge elettorale perversa, il Rosatellum che gli è succeduto, e con il quale il 25 settembre voteremo per la seconda volta, è, se possibile, ulteriormente peggiorativo. Nel senso che rende ancora più complicato agli elettori il mestiere di scegliere i propri rappresentanti in Parlamento.
La pessima legge è stata di fatto ulteriormente peggiorata dal combinato disposto della riduzione del numero dei parlamentari (che ha ampliato la distanza fra elettori ed eletti) e dalla tendenza delle forze politiche a compiere scelte e candidature guardando soprattutto agli equilibri interni e alle esigenze di sopravvivenza del ceto politico piuttosto che agli elettori e al loro desiderio di rappresentanza.
È una osservazione che non vuole alimentare i già troppi diffusi sentimenti di antipolitica o antisistema, ma vuole essere un contributo di chiarezza e di realismo. Insomma, bisogna avere coscienza dei limiti strutturali che ha lo strumento che usiamo (la legge elettorale), per scegliere i nostri rappresentanti. Se lo conosci, lo strumento, sei più libero e meno soggetto ai tentativi della propaganda di venderti soluzioni che sono appunto solo propaganda.
Tutti abbiamo inteso che il Rosatellum è un sistema misto, maggioritario e proporzionale. Un terzo dei deputati e dei senatori è eletto con il sistema maggioritario in collegi uninominali, i due terzi con il sistema proporzionale in collegi plurinominali. Prendiamo il caso di Rimini: il territorio provinciale coincide con il collegio uninominale della Camera dei Deputati. È il collegio dove ci sarà la grande sfida fra l’ex sindaco Andrea Gnassi, Pd-centro sinistra, e il deputato forlivese Jacopo Morrone, Lega-centrodestra. Ci saranno anche altri candidati, ma se la giocano questi due. Sistema maggioritario significa che chi prende anche un solo voto in più stacca il biglietto per Roma. Gli elettori riceveranno una scheda abbastanza simile a quella che hanno ricevuto per le comunali: i candidati che sono espressione di una coalizione avranno vicino i simboli dei partiti che li sostengono. Non solo: accanto ad ogni simbolo ci sarà l’elenco dei candidati di ciascuno partito che concorre per la quota proporzionale. Nel caso del collegio di Rimini per la Camera dei Deputati i nomi che troveremo sulla scheda sono 6. Attenzione però: il collegio plurinominale ha un territorio più vasto, comprende anche le province di Forlì-Cesena, Ravenna e Ferrara. Ciò significa che il mio amico di Cesena o il mio parente di Ravenna avranno sulla scheda gli stessi listini (li chiamano così) che vedo io.
Cosa si deve fare per votare? Posso votare il candidato dell’uninominale (Gnassi, Morrone o un altro) e votare un listino di partito ad esso collegato: il voto andrà al candidato e al listino. Oppure mi interessa solo il partito e voto solo quello: in automatico il mio voto si estenderà anche al candidato dell’uninominale. Voto il candidato uninominale e basta: in questo ultimo caso il mio voto verrà ripartito ai partiti della coalizione in base ai voti ottenuti nel collegio. Due importanti avvertenze. Non esiste il voto disgiunto: se voto il candidato uninominale e un partito di un’altra coalizione, la scheda viene annullata. Quindi chi è attirato da un candidato che non rispecchia le proprie preferenze politiche ma è apprezzato per la sua personalità e per le cose realizzate, sappia che votandolo compra il pacchetto completo (candidato e schieramento politico). Così stabilisce il Rosatellum. Il voto disgiunto è praticabile fra Camera e Senato: alla Camera mi faccio guidare dalla preferenza per il candidato dell’uninominale e al Senato dal mio schieramento politico di riferimento. O viceversa. Seconda avvertenza: non c’è voto di preferenza: vi piace il candidato che è in quarta posizione nel listino del vostro partito del cuore? Bene, fatelo sapere a lui personalmente, perché non gli potrete dare la preferenza. I listini sono bloccati: viene eletto chi si trova nella posizione migliore rispetto al numero dei seggi spettanti a quel partito. Osservazione importante: se il partito ha messo il vostro amico al quarto posto significa che non desidera che sia eletto. E non lo sarà. Tutto chiaro? Speriamo.
Per il Senato il sistema è analogo. Essendo minore il numero dei senatori (200 contro 400 deputati) il collegio uninominale è più vasto. Oltre alla provincia di Rimini, comprende anche quella di Forlì-Cesena. Anche in questo caso sulla scheda ci sarà il listino dei partiti per la quota proporzionale. Al Senato il collegio plurinominale comprende oltre a Rimini e Forlì Cesena, anche Ravenna, Ferrara, Modena e una parte di Bologna. I candidati da eleggere con il proporzionale sono 5.
Il meccanismo di elezione all’uninominale è semplice: chi arriva primo vince. Il proporzionale è più complesso. C’è una prima ripartizione a livello nazionale e una seconda nei vari collegi plurinominali, sempre in base ai voti proporzionalmente ottenuti da ciascuno partito. Chi se ne intende spiega che ci sono molte variabili, meccanismi di compensazione, aggiustamenti. Il nostro voto conta solo in parte, conta anche il complesso e perverso meccanismo che è stato allestito.
Una lista, per concorrere alla ripartizione dei seggi, deve ottenere almeno il 3 per cento a livello nazionale. E se ottiene solo il 2,9? I suoi voti vanno ad incrementare il bottino degli altri partiti della coalizione di cui la lista fa parte. Se invece non raggiunge nemmeno l’1 per cento, sono voti completamente a perdere. Considerazioni di cui devono tener conto quanti sono attratti da un partito identitario con poche possibilità di superare lo sbarramento del 3 o dell’1 per cento.