Per cercare di confutare alcune mie osservazioni fondate sui pochi numeri certi che abbiamo a disposizione è andato a scomodarsi un “Professore associato di tecnica bancaria e finanza aziendale presso la Scuola di Economia dell’Università degli Studi di Urbino” (come recita la firma del suo intervento su Buongiorno Rimini), il Prof. Alessandro Berti. Purtroppo per lui e per i lettori però, il Professore deve aver dato solo una scorsa un po’ distratta ai miei numerosi articoli pubblicati su “La Piazza” (cartacea ed online), come dimostra il fatto che non riporta neppure correttamente il mio nome (ovviamente ben visibile e chiaro in tutti gli articoli) e mi chiama Giuseppe invece che Gianfranco…(Prof. è un errore blu)
Non replicherò pertanto a quelle affermazioni che non riportano correttamente il mio pensiero (chiaramente ricavabile dagli articoli che ognuno può andare a leggere se non l’ha già fatto), ma mi limiterò a poche considerazioni, la prima delle quali parte dalla paradossale conclusione del pezzo del Professore: “valutare un’ azienda, così come una Banca, nel modo che invita a fare Vanzini, significa adottare un’ottica di liquidazione, ovvero proprio quella che egli dice di voler evitare”.
Caro Professore, non devo essere certo io ad insegnarle che la fusione per incorporazione produce ex lege l’estinzione della società incorporata, cioè la Banca Popolare Valconca. (Effetto, se ce ne fosse bisogno, chiaramente esplicitato nel progetto di fusione, come ho più volte ricordato). Cioè, se non fosse ancora chiaro a qualcuno, magari per la voluta confusione che su questo punto fanno i comunicati ufficiali della Banca, la Banca Popolare Valconca dopo oltre 110 anni di storia, si estingue, muore, non esiste più.
Ma allora, Lei dice che il mio modo di valutare la Banca adotta “un’ ottica liquidativa”, non Le pare che dovrebbe essere proprio il metodo adottato nel nostro caso? Nel nostro caso infatti parliamo di estinzione della banca, poiché estinzione e liquidazione producono lo stesso risultato non le sembra giusto guardarla anche in un’ “ottica liquidativa”? Ma, andiamo avanti e cambiamo ottica, vediamo il tutto con un’ottica di continuità, come dice lei. Da esperto, analizzi con un po’ di attenzione di Bilanci, unici dati certi e confrontabili, di Blu Banca e BPV, le sembra che Blu Banca valga 13,3 volte la Banca Popolare Valconca? Perché questo prevede questo progetto di fusione.
Dopo la fusione il 93% del Capitale (quello, come lei ben sa, in base al quale si determina chi comanda e come si dividono gli utili prodotti) sarà di proprietà degli attuali soci Blu Banca e il 7% sarà dei soci (tutti) della Banca Popolare Valconca. Mi ripeto, ma a volte le ripetizioni servono, i soci BPV saranno una piccola minoranza , con il loro 7% saranno 13,3 volte meno importanti del 93% dei soci Blu Banca. Che avranno fatto un affare. Avrebbero conquistato una banca senza spendere un soldo emettendo solo 37.501 azioni date ai vecchi soci BPV. Bravi!
Qualcuno ha parlato di dividendi futuri, facciamo anche qui due conti semplici. Ipotizziamo che la nuova Blu Banca produca un utile di 5 milioni di cui 4 da distribuire ai soci (ipotesi scolastica professore) di questi 4.000.000 il 93% cioè 3.720.000 andranno ai soci Blu Banca e 280.000 euro (cioè il 7%) ai soci BPV. Se volessimo vedere quando renderebbe una vecchia azione BPV c’è da spaventarsi, perché occorre dividere 280.000 euro per 10.575.207 e si ottiene un dividendo di euro 0,026 per azione.
Caro professore concludo con una sola domanda: le sembra equo e corretto il rapporto di cambio proposto che relega i soci della BPV ad essere valutati 13,3 volte peggio di quelli Blu Banca? A me No! Per cui voto e consiglio di votare no. A fusione bocciata se è vero (come credo) che i conti sono a posto ed è solo questione di capitale, qualcuno (magari la stessa Blu Banca) potrebbe seguire l’idea suggerita da Bertoldo e pubblicata sempre su La piazza on line qualche tempo fa, che per chi non la avesse letta riporto in calce.
«Un’idea di Bertoldo (poco “esperto” ma saggio). Ragazzi perché tribolare tanto per salvare la BPV, quando c’è Blu Banca che è disponibile e ha i mezzi per farlo. Oggi la BPV ha un Capitale sociale euro 27.284.034 diviso in 10.575.207 azioni. La Banca ha bisogno di capitale perché quello che ha non basta, la Banca d’Italia richiede una iniezioni di liquidità di un ventina di milioni.
Proposta di Bertoldo . Il Cda di BPV, d’accordo con i vertici di Blu Banca, delibera un aumento di capitale a pagamento, con l’impegno di Blu Banca di provvedere alla sottoscrizione per intero, emettendo 10.575.208 azioni al prezzo di euro 1,892 per un totale di entrate 20.008.293. Cioè i venti milioni che servono alla BPV per stare tranquilli. A questo punto il capitale sociale di BPV diventa 47.292.327 (27.284.034 più 20.008.293) detenuto per il 50% più una azione dai soci Blu Banca e per il 49,999..% dai vecchi soci BPV. Blu Banca in questo modo ha la maggioranza assoluta del Capitale Sociale e la direzione e la gestione in toto della banca, mantenendo viva e rafforzata la BPV. Blu Banca che ha più volte affermato di avere liquidità sufficiente per ogni evenienza, con 20 milioni mette in sicurezza la “sua” banca e mantiene le insegne della Banca Popolare Valconca che hanno comunque un valore affettivo e concreto. Non fosse altro per la sua clientela fedele e affezionata da oltre 100 anni. La Banca Popolare del Lazio acquista la veste di holding con due partecipate: Blu banca e Banca Popolare Valconca. I soldi che Blu Banca investe sono tutti nella “sua” Banca, le azioni potrebbero avere un mercato da subito, e il territorio potrebbe continuare a usufruire dei servizi della BPV, quale componente attiva della Holding Banca Popolare del Lazio. Brava gente a me sembra una buona idea e a Voi? Saluti da Bertoldo.»
Egregio prof. Berti spero di averle dato qualche altro elemento di riflessione che le faccia capire che il rapporto 13,3 è chiaramente sbilanciato per cui non merita di essere approvato.
Dott. Gianfranco Vanzini
Abbiamo offerto volentieri lo spazio al dott. Vanzini per una sua replica e ci scusiamo per l’errore sul suo nome.
Allo stesso tempo ci permettiamo di notare, dato che siamo intervenuti più volte sull’argomento, che il problema sostanziale rimane quello delle dimensioni adeguate ad operare in un mercato che si sta polarizzando e concentrando. In questo senso, a proposito del suggerimento di Bertoldo, bisogna ricordare che per fare un affare bisogna essere in due: è del tutto evidente che, visti i problemi di BPV, la vicenda non poteva essere risolta da un’iniezione di liquidità fine a sé stessa e che non sarebbe certo convenuta a Popolare del Lazio. E tutti abbiamo presente l’ultima raccolta in Carim per evitare un destino segnato che si è trasformata in perdita secca pesante per coloro che hanno creduto o si sono fatti convincere da una ipotesi di ‘resistenza’ a tutti i costi.
Nell’ottica della fusione da tempo caldeggiata da Banca d’Italia, è certamente legittimo contestare la valutazione delle due controparti effettuata dal perito indipendente nominato dal Tribunale, ma rappresenta comunque una ammissione implicita del percorso avviato: percorso che, senza l'intervento di Banca Popolare del Lazio, non sarebbe stato neppure ipotizzabile. A meno che non si voglia, appunto, interrompere il processo stesso, rischiando un quasi certo commissariamento da parte di Banca d’Italia. Se si vuol essere davvero certi che la banca sparisca, non abbia nemmeno un consigliere e, soprattutto, veda sparire il marchio, questa sarebbe la strada migliore.
(rg)