Si è ripetuto tante volte la celebre frase, “la bellezza salverà il mondo”. Sì, ma come? Come si coniuga questa espressione di fronte al male che nel mondo ritroviamo acuto e straziante, oppure di fronte a quel male sottile, infido, che abita le menti e il cuore dei nostri giovani e di noi tutti? Insomma, di fronte all’aridità di tante situazioni, cosa può mai significare un momento di bellezza?
Il Corone di Rimini, sabato sera, 20 maggio, alle ore 21 al Teatro Galli di Rimini terrà il consueto concerto di musica popolare titolato Canta per il Mondo, con una nuova inflessione, suggerita dall’attore e regista Gianluca Reggiani, coinvolto in occasione del decennale di questa singolare iniziativa. Le Vie dei canti sarà il filo rosso che guiderà la serata, sulla scia di una antica espressione dei popoli aborigeni: “una terra non cantata è una terra morta”. Ma come può un canto dare vita?
Un inizio di risposta si può intuire ascoltando la video intervista che ho avuto la fortuna di fare ad Andrea Nembrini, nuovo direttore della Luigi Giussani High School in Uganda, la scuola dove studiano i 18 ragazzi sostenuti con i proventi del concerto. Andrea, alla domanda “come fosse finito in Africa”, ha risposto con nettezza e immediatezza: “sono partito per una promessa di bene” (vedi e ascolta qui le parole di Andrea), indicando questa promessa come la stessa origine della scuola, nata da madri uscite dal tunnel dell’ AIDS e da una spirale di violenza inenarrabile. Non solo. Ha indicato questa “promessa” come l’origine che determina tutta la proposta educativa e didattica della sua scuola. (La storia della scuola e l’intervista integrale a Nembrini sono reperibili sul sito del Corone www.coronerimini.it).
Le parole di Andrea sono decisamente pertinenti con l’incontro di pochi giorni fa tra i docenti della scuola superiore e il vescovo di Rimini Niccolò Anselmi. Due ore di dialogo appassionato, volate via senza accorgersene. Prof di tutte le scuole (licei, professionali, tecnici, paritarie, statali) hanno testimoniato passione e trepidazione per i propri studenti. Studenti, che sono in preda a una forte fragilità ma che gridano, altrettanto forte, una domanda insaziabile di positività per la propria vita. Una domanda che spesso si esprime nella forma di un dolore sordo, inquietante e che pare spesso invincibile.
In questo contesto di grande partecipazione emotiva, ha impressionato l’atteggiamento del vescovo Niccolò. L’entrata, salutando tutti uno per uno, e la conduzione leggera, informale, trovano suggello nella conclusione, altrettanto snella, dove la sua voce si è rotta a causa della commozione per la “passione per l’uomo” ascoltata. Non possono non tornare alla mente, dunque, le parole di Andrea Nembrini. Non si cambia il mondo con un canto, ma la commozione per un accento di bellezza può incrinare la durezza del cuore, può rompere l’ordinario aprendo l’orizzonte sullo straordinario. Ed è di questo che abbiamo bisogno.
La didattica, le analisi, le risorse e i fondi sono nulla oggi, di fronte all’abisso di un vuoto che ingombra l’animo di tutti noi. Occorre una promessa di bene. Occorre per i giovani e per gli adulti. Occorre per fare scuola, se non vogliamo ridurla ad una ordinata e tranquilla gestione della disperazione.
In conclusione dell’intervista ringrazio Nembrini per averci donato parole “belle”, non trovando termine migliore per i suoi racconti così densi di umanità. Parole senza dubbio utili, edificanti, profonde. Ma prima di tutto belle. Ed è così che occorre definire la storia di Sharon, quattordicenne, rimasta incinta all’ultimo anno delle medie (in un contesto, l’Africa, in cui una ragazza che fa questo errore è cacciata e reietta) e che viene incoraggiata a terminare il percorso, accolta in classe, seguita. E lei, a fine anno, si esprime dicendo “io sono sempre più sicura di essere la ragazza più misera di questa terra, ma allo stesso tempo anche la più amata” (ascolta qui il racconto di Andrea su Sharon). E prosegue Andrea, “io voglio imparare da lei questo, io voglio potermi sentire così amato come si sente lei”, definendo questa consapevolezza come “l’avvenimento dell’educazione”.
La stessa bellezza si trova nelle parole di Andrea quando risponde alla domanda su come il loro lavoro costruisca la pace (molti dei ragazzi della sua scuola hanno conosciuto la guerra e sono stati protagonisti di violenza). Racconta la straordinaria iniziativa delle stesse donne che hanno costruito la scuola che, pur vivendo spaccando pietre, hanno desiderato inviare danaro in Ucraina, affermando che quei pochi soldi “sono le nostre lacrime di fronte a Dio, perché possa cambiare il cuore degli uomini che sono in guerra … perchè le donne e i bambini ucraini sono le nostre sorelle e i nostri figli, quel popolo ci appartiene” (qui il passo raccontato da Andrea Nembrini).
Parole che attestano la bellezza di una vita cambiata e che proiettano su di noi quella “promessa di bene” che ha reso semplice il partire di Andrea. Cosa altro è dunque la scuola se non la proiezione di una promessa di bene sui nostri studenti, così che trovino energia e intelligenza per affrontare le durezza della vita, dello studio, delle incomprensioni, del vuoto? Ed è per assaporare questa promessa che questa sera il coro, ancora una volta, intonerà i suoi canti, scoprendo e rigenerando bellezza, affinché anche noi possiamo percepirci investiti da ciò che potrà tornare a farci rialzare e camminare.
Emanuele Polverelli